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La violenza simbolica

Grazie ad H20, dal blog di Lia di Peri (che ringraziamo e dalla quale prendiamo in prestito questa cosa per condividerla):

La violenza simbolica

Come influenza le nostre azioni e i nostri piaceri?

Grupo de Mujeres Ixchel 

E’ noto che le relazioni tra i sessi  – tra i due sessi – sono cambiate nel corso di lunghi e duri tempi della lotta femminista. Ma solo superficialmente.

Questo significa che l’immagine che abbiamo delle nostre relazioni interpersonali, quelle che sperimentiamo ogni giorno,non sono di più che un’immagine. Una bella e abbellita immagine che prendiamo per vera quando in realtà, nella migliore delle ipotesi è parzialmente falsa. Fortunatamente questa deve essere sempre curata, il che rappresenta per noi un vantaggio.

Non si fraintenda: non sto dicendo che le relazioni interpersonali non siano reali, ma ai nostri occhi esse si presentano in modo alterato.
Mi spiego: a titolo semplificativo e per non avventurarmi troppo,affermerò che un’alta percentuale avrà udito  spesso che ” le donne abbiamo/hanno conquistato la sfera pubblica”. Il valore di verità di questa affermazione è innegabile: ci sono donne che hanno un lavoro retribuito, cioè svolgono compiti e ricevono una somma di denaro in cambio.
La questione alla quale mi riferisco in questo articolo non riguarda  l’ingresso delle donne nella sfera pubblica, ma il modo in cui vi entrano – quelle che lo fanno.

E’ strano che, in generale, i posti di lavoro occupati dalle donne siano legati al campo della cura. Così lavori come il mantenimento della casa, l’assistenza agli anziani,l’istruzione o la cura dei bambini e bambine o la salute sono altamente femminilizzati. Perché ciò avviene? Cosa porta le donne a scegliere queste professioni?

Per cercare  di dare modestamente una risposta a queste importanti questioni ricorrerò ad un libro, che vi raccomando, intitolato La dominazione maschile, di Pierre Bordieu, il cui concetto chiave è la violenza simbolica.

La violenza simbolica

Nel mondo, ci dice Bordieu, esiste un ordine di cose stabilito, nel quale ci sono rapporti di dominio che impongono normativamente modi di agire, di essere, di interagire, di sentire, ecc. Ovviamente e come conseguenza di ciò vi sono anche forme non-normative dello stesso o, in altre parole, forme che nascono ai margini del normativo (o regolamento).
Nel caso della dominazione maschile questa normatività appare ai nostri occhi come accettabile e, quel che è peggio, naturale.Paradossalmente ciò che ha una nascita storica, si mostra come eterno,naturale e, pertanto,necessario e immobile.Così attraverso l’arduo lavoro delle istituzioni (famiglia, stato, chiesa, scuola, ecc.) per neutralizzare la storia e fare che i risultati di questa possano apparire come naturali è il modo in cui le relazioni di dominazione maschile vengono naturalizzate, perdendo la loro storicità. Tutto questo è conseguenza della violenza simbolica.

La violenza simbolica sarebbe quella forza impercettibile a coloro che la subiscono – tale che siamo tutti e tutte, dominati e dominatori e che ci fa sentire, conoscere, riconoscere, comunicare, agire ed essere in un certo modo e non in un altro.
Cosi sia la Donna che l’Uomo – entrambi maiuscolo dato che mi riferisco agli archetipi di ciascuno di essi – si aspettano certe cose e, di conseguenza, altre no. Ecco il percorso simbolico che, avendo come guida detti prototipi irraggiungibili, ostacolerà la vita delle persone, dipendendo queste dagli organi genitali con i quali vengono al mondo.
Questa violenza invisibile marchierà a fuoco una serie di disposizioni negli individui che,anche se molte persone lo credono,non sono assolutamente naturali.

Disposizioni tipicamente femminili sono ad esempio, come prendere un neonato, dal momento che siamo militarmente addestrata durante la nostra infanzia, o chiedere al nostro partner se ha preso la sua pillola, perché sempre se ne dimentica, o se ha mangiato bene durante la sua permanenza fuori casa,perché sei sempre tu che cucini.
Le disposizioni tipicamente maschili sono per esempio, portare le borse della spesa, quando si hanno le mani libere, perchè crede che tu non possa o ti lamenti, che dica ” ti aiuto” molto in casa perché presuppone che i compiti domestici siano solo tuoi o le sistematiche dimostrazioni di cortesia o deferenza che spesso ci bloccano l’ingresso della porta cedendoci reciproco e ripetutamente il passo.
Queste disposizioni sono il frutto di questa etera violenza.

Che fare allora davanti alla violenza simbolica?

Come possiamo notare, anche se questa violenza è invisibile la sua manifestazione è onnipresente.
Quali sono le nostre alternative? Ce ne sono? Possiamo uscirne o al contrario è qualcosa di inevitabile di fronte alla quale rimane solamente la rassegnazione?
Non è certamente un compito facile liberarsi di qualcosa che è così radicata in noi,ma che in realtà non lo è.
Ad essere sincera non ho la ricetta contro la violenza simbolica, però credo che iniziare a parlarne sia già un piccolo sovvertimento.
Quello che so lo dice Bordieu a riguardo, che riassume molto brevemente una risposta.
Come già accennato, alcuni risultati storici come il pre-dominio maschile o la divisione sessuale del lavoro hanno subito un processo di “naturalizzazione” mediante la quale si sono trasformati da prodotti contingenti a  qualcosa di naturale, ciò è stato accettato ed è diventato parte delle nostre vite. Questo processo è dato dal sistematico esercizio di una serie di istituzioni correlate (famiglia, Stato, chiesa,scuola, ecc.) per perpetuare questi rapporti di dominio.

La proposta di Bordieu è quella di invertire questo processo, de-naturalizzando lo storico, vale a dire, che ciò che è stato considerato come naturale non lo è dovendo la sua esistenza a condizioni storiche specifiche. Parallelamente occorerebbe distruggere le istituzioni che hanno portato a questo processo di perpetuazione dello storico. Per questo l’autore auspicauna mobilitazione politica e di resistenza di massa da parte delle donne. 
Questa rivolta femminista dovrebbe indirizzarsi a fare pressione per le riforme e i cambiamenti politici e giuridici. Resteranno ‘sfumati’ piccoli gruppi di solidarietà e di sostegno reciproco per lasciare posto a questa ribellione contro la dominazione simbolica che avendo un comune obiettivo darà vita ad altri gruppi di resistenza e di lotta. Questi ultimi, insieme ai gruppi omosessuali in azioni comuni,porranno fine a quelle istituzioni che hanno contribuito, contribuiscono  e contribuiranno – se nulla si farà – ad perpetuare le relazioni di subordinazione di cui siamo vittime.
Per nostra fortuna, questo ordine che governa il mondo ha perduto il suo falso carattere naturale e con esso la sua indiscutibile permanenza. Sappiamo che non è facile smettere con i rapporti di dominio – ma nessuno ha detto – né a noi né a coloro che ci hanno preceduti nella lotta – che sarebbe stato facile.
Dobbiamo pertanto, giorno per giorno,dubitare dell’ovvio, sospettare dell’evidente e mettere in discussione sia le nostre azioni che il modo col  quale ci relazioniamo con i generi e, soprattutto, avere speranza.

Una speranza guerriera.

Grupo de Mujeres Ixchel.

(traduzione di Lia Di Peri)

Posted in Critica femminista, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio, R-esistenze, Scritti critici.