Da Marco: un antispecista, padre e separato che non vuole diventare un “padre separato”. Grazie a lui e buona lettura a voi!
>>>^^^<<<
Ho letto con molto interesse i vostri articoli sul tema dell’affido condiviso, della PAS, ecc.. (http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/category/pas/; http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/01/13/l-affido-condiviso-usato-come-una-clava-contro-le-donne/).
Vorrei dare una testimonianza, come padre separato, sulla strumentalizzazione in funzione anti-femminile dei problemi legati alle separazioni. Quello che dico non riguarda tanto la strumentalizzazione istituzionale, mediatica, giuridica che avete descritto: aggiungo qualche impressione su quello che avviene a livello personale, fenomeno che è comunque – evidentemente – frutto di un clima sociale favorevole a queste strumentalizzazioni.
Sono separato (non sposato) e ho una figlia. Pur con qualche difficoltà e attrito iniziale, io e la mia ex-compagna abbiamo optato fin da subito per l’affido condiviso, “informalmente” per oltre un anno, poi formalizzato con richiesta congiunta al tribunale minorile: la bambina passa grosso modo lo stesso tempo con ciascuno dei genitori, e la potestà è condivisa. Sappiamo di essere in una situazione non frequente, in cui questa formula funziona grazie ad un buon rapporto che abbiamo conservato, e anche agli sforzi che facciamo per dialogare fra noi sulle questioni che riguardano nostra figlia.
Nonostante questo, mi è capito spesso che altri padri separati (o altri uomini, semplicemente), scoprendo che faccio parte di questa “categoria”, mi attribuissero quasi automaticamente il ruolo di padre-perseguitato-dalla-ex, o che più o meno esplicitamente sollecitassero la mia “solidarietà maschile” nei loro confronti. In alcuni casi, costoro trovano addirittura normale inveire contro le donne o le “femministe”, sentendosi liberi di farlo di fronte ad un “separato”, cioè una vittima delle vessazioni femminili, dei giudici che stanno dalla parte delle donne, delle madri che “spillano soldi”, e così via…
Ora, pur in un mondo in cui la principale forma di violenza è verso le donne, esistono senz’altro episodi di ricatto, violenze psicologiche, ecc. commesse dalle donne. Può darsi che alcuni di questi padri di cui sopra siano davvero delle vittime. Quello che è quantomeno fastidioso, però, è che si dia per scontata la solidarietà di genere (maschile). La classica frase è “tu puoi capire”: puoi capire la sofferenza di non vedere i figli, di pagare gli alimenti e non decidere nella loro educazione, e così via. Naturalmente, io posso capire alcune cose meglio di chi non ha figli, come qualsiasi padre, ma anche come qualsiasi madre. Ogni aspetto di vicende come la mia viene quindi passata sotto il filtro maschilista. Se io ho difficoltà economiche (e ne ho da quando sono separato, proprio come ne ha la mia ex-compagna), è per colpa delle donne; se vedo mia figlia meno di prima, è colpa delle donne; se abbiamo qualche difficoltà a trovare un accordo su delle questioni educative, e io devo “cedere” su alcune delle mie convinzioni, è sempre colpa loro (“se non fai come dicono loro…”). E’ strano, perché se penso alle donne con cui sono in contatto in questo processo (amiche mie o della mia ex, parenti, conoscenti) non vedo nessun complotto femminile, anzi, ho trovato spesso sostegno, conforto, solidarietà.
Mi sembra che queste persone – che talvolta mi segnalano siti ed associazioni come quelle dei padri separati – cerchino di usare le mie difficoltà per attaccare tutto il genere femminile. Queste difficoltà, però, non hanno a che fare necessariamente con la discriminazione dei padri, ed anche quando questo si verificasse non potrebbe essere generalizzato così facilmente. Al contrario, se analizzassimo seriamente il problema, potrebbe anche costituire la base per un’analisi di fenomeni che costituiscono un riflesso del patriarcato che genera sofferenza anche ai maschi. Può succedere che alcuni aspetti degli orientamenti giuridici “favoriscano” le madri: nel caso in cui la mia ex-compagna usasse tali orientamenti per “ricattarmi”, questo non costituirebbe comunque una base per un’ambigua solidarietà con altri padri, che spesso sono soltanto preoccupati di non pagare gli alimenti, di riaffermare il proprio potere di pater familias, o che si scoprono genitori “presenti” solo dopo la separazione. Anzi, costituirebbe più facilmente una base per una solidarietà con tutti i genitori (soprattutto madri) posti in situazione di sudditanza o di ricatto durante il processo di separazione.
Mentre strumentalizzano i miei, probabilmente strumentalizzano i loro stessi problemi. Perché non credo che il punto sia quello di negare i problemi, e neppure di negare dei torti subiti. Io per esempio ho delle cose da rimproverare alla madre di mia figlia, posso anche pensare di avere subito dei torti e me ne lamento. Il punto è proprio che voglio lamentarmene liberamente, senza che questo significhi attaccare “le donne”, o portare acqua al mulino di chi poi potrà persino usare tutto ciò, magari, per “difendere il diritto” di un padre violento a vedere i figli, come accaduto spesso in casi di separazioni dopo le violenze. Questo clima, in ultima analisi, lede il mio stesso diritto di criticare liberamente gli atteggiamenti della persona da cui mi sono separato.
Marco
Grazie per questo intervento. E’ prezioso quanto efficace.
Grande!
Lavoro in uno studio legale che si occupa anche di diritto di famiglia e diritto minorile, e devo dire che un atteggiamento così maturo e responsabile, da parte di un padre E separato, è purtroppo decisamente raro: complimenti a Marco!
Bellissimo pensiero, sopratutto sincero.
grazie marco, sei amaro ma lucido efficace, hai centrato il punto: il superamento del patriarcato che oltre che generare sofferenza ai maschi ha generato mostri che vanno in profondità vedi il familismo amorale.
Stima totale.