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#StoriePrecarie: Il senso di Monti per la Monotonia

Questo post è riferito alla frase di Monti di uno dei giorni scorsi. Ma in generale racconta la precarietà di una ragazza che oltre a dover faticare nella sua vita deve anche subire le banalizzazioni di un primo ministro che ha tutto da imparare. Grazie a Psikosomatica. Buona lettura!

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A sentire Monti, sono un’egoista ed un’ingrata. A dare retta a lui, dovrei essere entusiasta e sentirmi tutta un friccico all’idea che a 31 anni suonati io non sia in grado di provvedere autonomamente a me stessa. Allora forse ho dei problemi mentali io, forse la ricerca di un minimo di tranquillità è da considerarsi patologica, frutto di masturbazioni mentali senza fine, e magari nasconde anche una certa dose di aspirazioni proibite, e un tot di pericolosità sociale…tipo riuscire a pagarsi un affitto, comprarsi cibo, un viaggio per andare a trovare amici e famiglia ogni tanto, e libri, e qualcos’altro che evidentemente suona come un’eresia.

Tutte cose illegittime, ed altamente pericolose per la stabilità del sistema-Paese. Metti che, forte di uno stipendio dignitoso e non più ricattata dal mercato, mi venisse anche voglia di concepire prima della menopausa? Metti che un lavoro sicuro e magari anche confacente a quello che sono mi destabilizzasse e mi gettasse nella voragine della depressione e degli psicofarmaci, facendomi diventare un peso morto per i conti pubblici e per quel che rimane dello stato sociale?

Ma Monti si preoccupa per me, lo so, perché è una persona sobria, seria e competente. E vuole far quadrare i suoi conti, ed i conti di tutti. Ed io apprezzo enormemente questa sua uscita. Davvero. Il suo grondare paternalismo vetero-borghese e sufficienza mentre spara queste cazzate sì che mi tranquillizza a dovere! e mi sprona ad essere sempre più conforme, ligia ed obbediente, ad essere ancora più prona alle regole del neoliberismo selvaggio.

La faccia di merda che ci vuole per parlare in questo modo a gente che non avrà mai i suoi privilegi di classe, ed il suo retroterra sociale, e le sue conoscenze giuste, e gli ambienti giusti è qualcosa che mi lascia senza parole dalla rabbia e dalla frustrazione. Di che mi lamento? Che mi frega se non esisto? Meglio essere deresponsabilizzata ad libitum, non preoccuparmi di come campare. Meglio continuare ad essere un’eterna adolescente, e continuare a sviluppare dipendenze psicologiche e complessi.

Pensare a me stessa in prospettiva è un lusso che non mi spetta. Semplicemente, non devo neanche permettermi di pensarci, a cose del genere. O mangio questa minestra o salto da questa finestra. Devo stare a disposizione, dice Monti, di chi si appropria delle mie competenze, delle mie abilità, manuali e intellettuali, di chi mi succhia le ore, i giorni, i mesi, gli anni della mia vita, il mio cervello, le mie idee, e devo pure ringraziare e mettermi a novanta gradi perché mi viene concesso di farlo senza uno straccio di contropartita ragionevole.

E non devo fare casino se esiste l’eventualità, la quasi certezza anzi, che da un giorno all’altro possa venirmi a mancare anche questo, e io possa ritrovarmi a dormire in una stazione della metro. Perché questa è la verità. Così stanno le cose. A volte, avere vesciche ai piedi, le mani così screpolate da far sanguinare le nocche, la schiena che fa male, il cervello che ronza per la ripetitività di quello che dovrebbe essere un lavoro creativo, o le orecchie incandescenti per dieci ore di call center, ti aiuta a inquadrare le cose nella loro giusta dimensione, a vedere la realtà per come è e non per come la vedi dai salotti degli attici in centro, ovattata, semplice, gradevole e facile, in cui tutto ha una soluzione ed una risposta, e ad ogni difficoltà c’è una rete di protezione consolidata in anni di frequentazioni giuste, matrimoni giusti, soldi giusti (quelli, sempre).

E peccato che i figli di Monti non siano destinati a vivere tutta questa euforia, quest’esperienza esaltante della precarietà esistenziale. Peccato che non avranno mai la percezione del non esistere, della trasparenza, della mancanza completa di alternative e di prospettive. Peccato che i figli di Monti non saranno mai costretti a inventare cazzate qualunque durante le telefonate a casa per convincere papà e mamma (che hanno già i loro problemi a pagarsi il mutuo con una pensione sola) che stai bene e che non ti serve niente, e che non devono preoccuparsi per il lavoro che non c’è, e che non sei sull’orlo di una crisi di nervi appena apri gli occhi la mattina e che sei piena di voglia, di serenità.

E peccato che Monti non dovrà mai sentirsi impotente per loro, ché tanto basterà una telefonata, un invito a cena agli amici di famiglia e tutto si risolverà con civiltà e sobrietà, senza crisi e senza patemi. Forse sarà pure vero che questa gente vive in una realtà parallela, e che non ha la percezione delle cose. Ma da ciò non consegue che debbano essere o sentirsi autorizzati a rendere un cumulo di macerie la nostra esistenza e a cagarci sopra con eleganza e savoir faire.

Non sono innocenti, queste persone, e mai lo saranno. Non mi interessa il dato che nessuno possa scegliersi come nascere. Non potranno mai giustificarsi per la loro differenza, la loro discendenza, i loro privilegi: uno che parla così per me è un sub-umano, a prescindere da lauree, meriti e competenza, con meno dignità dell’ultimo barbone alcolizzato della Tiburtina, perché in mezzo c’è una cosa che si chiama classe (appartenenza di – , consapevolezza di -, lotta di – , tanto per dire) e se càpiti dalla parte sbagliata, quella senza agganci, senza capitali, case, proprietà di famiglia, senza conti in banca, azioni, partecipazioni, sono cazzi acidi, ed il primo/la prima che viene a dirmi il contrario e a raccontarmi balle sul fare la propria fortuna sfruttando i contratti a cazzo di cane, gli stages non pagati, i lavori a nero (tutta roba che secondo Monti mantiene vivi e permette di non cedere al tedio), o sulle magnifiche sorti progressive del mondo del lavoro deregolamentato e di quanto tutto ciò dovrebbe farmi sentire dinamica e à la page, lo metto al posto mio e di chi sta come me, e vediamo quanto regge senza sbroccà e senza assistere alla devastazione dei rapporti umani, degli affetti, dei progetti e delle aspettative.

Nessuno è innocente, nessuno.

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà, R-esistenze, Storie Precarie.