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#15 – Ne hanno uccisa un’altra, ed è anche un mio problema!

E io lo so che questo non è il primo pensiero che vi porterete dietro per tutta la giornata. Siete presissim* di guai e debiti e precarietà e obiettivi da raggiungere e figlie e figli e la sopravvivenza e le cazzate che sparano i politici e chi vi bussa fuori dalla porta per chiedere l’affitto e poi ci sono i compagni e le compagne che oggi andranno a manifestazione, per rivendicare il diritto all’esistenza, e quei compagni e le compagne che stanno in galera, a sbarre o ai domiciliari, ché sempre di galera si tratta, per aver lottato per una giusta causa. Lo so. Io lo so che non è la prima cosa che vi verrà in mente, oggi, quando tenterete di immaginare la vita altrove, di guardare il cielo, la parte più lontana che nessuno può vedere, quella fatta di libertà che si respirano bene, di prima mattina, nel pomeriggio e sera, di vedere il mondo, tutto intero, e pensarlo come un figlio, da proteggere e abbracciare, da coccolare con una cantilena lieve, affinché possa resistere e respirare e cospirare in un tutt’uno con i nostri corpi…

Io lo so che la vita è così difficile, ma anche bella, sapete, perché non c’è nulla di più bello della passione che leggo negli occhi di quelle amiche e amici che hanno muscoli provati e un meraviglioso cervello e splendore diffuso che contamina e fa crescere chiunque si avvicini, anche di poco, perfino quelli che non vogliono essere contagiati dal virus dell’intelligenza. Lo so che avete altre priorità, che le violenze che subiamo sono tante e non riguardano solo il corpo o quello che ne resta quando l’hanno frantumato, fatto a pezzi, reso cavia di tutte le mortificazioni che sappiamo. Tutto questo, io, lo so.

Ma oggi c’è una donna che non avrà respiro, non potrà andare a lavorare, l’ennesima spirata per possesso, violenza e prevaricazione. Aveva preso l’auto, probabilmente alla mattina presto, ché faceva freddo, era partita per andare a guadagnarsi il pane, però s’è vista lui, il fidanzato, quello che non voleva più vedere, che l’ha aspettata, inseguita e braccata. L’ha fermata e chissà se lei s’aspettava quella cosa, se gli ha creduto mentre le diceva che volava solo parlarle, voleva solo dirle che l’amava, invece le ha sparato, molti colpi, per essere sicuro che morisse, poi è morto pure lui, il fottutissimo stronzo, quella merda umana, chè non si possono usare termini pietosi verso chi immagina di essere dio a togliere la vita ad una donna che fino a poche ore fa respirava e camminava, e lì bisogna chiedersi chi consegna le armi a questi uomini.

Chi regala porto d’armi a gente senza cervello. Ma si, che importa, ché tanto avrebbe trovato un altro modo. Le mani, un martello, una accetta, un coltello, un bastone. Gli uomini assassini hanno tanta fantasia e sono sempre lì a ordire delitti e poi a scamparne le conseguenze. Ed è una cosa grave che la violenza sulle donne sia considerata un fatto che non conta. Perché domani si dimenticherà tutto, perché dopo i trafiletti di quest’oggi, pochi lanci d’agenzia, si farà il processo alla vittima e si assolverà il carnefice e si dirà che lei e lui e lei e lui e lui e lui e lui e accidenti e mondo boia sarà sempre lui. Ché raptus, depresso, poverino, passionale, e il vaffanculo che gli doveva trapanare il cranio prima che compisse quel delitto.

E della donna assassinata non si ricorderà neppure il nome. Anzi vedremo annessi agli articoli le foto delle forze dell’ordine, allegate ad ogni delitto ché si fanno marketing sulla nostra pelle invece di pubblicizzare numeri di centri antiviolenza e luoghi altri, preventivi, non già quelli repressivi che di risolutivo, lo sappiamo, non hanno niente. E poi vedremo le immagini di una donna pesta, a fabbricare estetica della vittima, ché di presentarla reattiva e bella nessuno ha mai voglia, o si presenterà l’immagine di lui, tedioso, serio, uno di cui diranno che era tanto bravo, uno “normale”, insomma, e chi se l’aspettava, e bla bla bla.

Ma insomma si, volevo dirvi questo. Qualunque cosa oggi abbiate da fare, se vi resta tempo, pensate che ne è morta un’altra. Ancora una. Ce la siamo persa. Non siamo riuscit* a salvarla. E io mi sento responsabile perché credo di non aver fatto abbastanza… Perché mi pare sia un fatto di responsabilità collettiva. Siete d’accordo, si?

Buona resistenza, donne, compagne, sorelle, amiche. Buona r-esistenza a tutte!

—>>>Bollettino di Guerra

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio.


One Response

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  1. Anna Gatti says

    D’accordo d’accordo d’accordo.
    e quando guardi fuori dalla finestra alla ricerca dello spazio di libertà e non lo trovi senti che ancora è più forte questa necessità di riappropriarsi delle proprie responsabilità per restituirle al collettivo per farle crescere e diventare di tutt*.
    ma prima c’è bisogno di sentirsi in dovere, chiamata in causa perchè ti riguarda ogni singola storia e ogni singolo fatto per poi vedere il complessivo.
    forse sono confusa nella scrittura: il mio piccolo uomo mi sta sulle gambe e non facilita la fluidità dei pensieri. ma anche per lui e con lui questo è un passaggio per me doveroso.
    stay human.