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Il caso di Malika: ti sfratto e ti faccio un Tso!

Questo è solo il primo dei post che dedicherò a questa vicenda. Risale al 2004, siamo a Firenze, ed è una brutta storia che riguarda una donna, bella, fiera, di cittadinanza italiana e di provenienza marocchina. A quel tempo era incinta della sua bambina e aveva avuto dei problemi economici, perciò, come capita a tante persone in difficoltà, non era riuscita a pagare l’affitto. In tempo record il proprietario aveva ottenuto l’esecutività dello sfratto e quando si presentarono da lei il suo mondo non era lieto, e felice, e fatto di quelle cose belle che dovrebbero riguardare una donna che sta portando avanti una gravidanza. Nessun conforto, nessuna attenzione da parte dei tanti che si dicono devoti alla vita, nessuna cura, nessuna delicatezza. Malika, in fondo, era solo una da mettere in mezzo alla strada, giusto lei che fieramente stava ancorata ad un pezzo di speranza e forse aveva perfino fiducia negli esseri umani.

C’erano tutti, quel giorno, un sacco di gente, solerti impiegati, burocrati, forze dell’ordine, infermieri, chiamati apposta perché questa donna era caparbia e date le sue condizioni pretendeva, tu pensa, di essere trattata da essere umano, di essere lasciata in pace, giusto un pochino, il tempo di riprendersi, di rimettere un po’ a posto le cose, di darsi fiato, di partorire, almeno quello. Invece niente. L’hanno inseguita, braccata, circondata, afferrata, in cinque, tutti rispettosi della legge, ché pare che Malika fosse ritenuta assai pericolosa, e allora per buttarla fuori bisognava sedarla, farla passare per un reparto di psichiatria, che poi sarebbe l’immondezzaio di quelli che la società non riesce a gestire, trattarla da pazza per non considerarla un essere umano, una persona, lei e quell’altra creatura che aveva nella pancia.

Ed è di quella figlia che Malika si preoccupa quando comincia la sua battaglia, forte del fatto che perfino il medico in ospedale che l’aveva ricevuta “diagnosticava” che lei non soffriva di nessuna malattia e che l’unico male che le riguardava aveva a che fare con la mancanza di soldi, con la povertà, in un mondo in cui essere poveri è cosa grave, alla faccia della bontà cristiana e di tutte le altre bugie che ci raccontiamo tutti i giorni.

Dunque lei inizia la battaglia, con avvocat*, da sola, persone che hanno attraversato in tante la sua vita, e il punto fermo è sempre stata lei, ancora splendida e coraggiosa, che si rifiuta di rassegnarsi all’idea che al mondo ci si possa comportare in un modo così disumano. Ché qui la faccenda, quella che almeno riguarda noi che abbiamo voglia di raccontare la sua storia, sua perché capita a lei ma poi è di tutt* noi, non tocca solo la sfera legale alla quale lei, il movimento di lotta per la casa e l’avvocata Serena Giannini, altra bella persona, si riferiscono per tentare di ottenere giustizia.

A me viene in mente che si tratta giusto di una faccenda etica e morale e qui il giudizio, che prescinde da prove e controprove, è inappellabile. Dove sta la pietà in questi casi? Dov’è l’umanità? E perché mai Malika è stata trattata così? Perché qualcun@ ha ritenuto fosse lecito sedarla, iniettarle farmaci che fonti specifiche affermano poter essere dannosi per quella figlia che teneva in grembo? Perché trattare lei, donna, persona, a prescindere dalla gravidanza, in questo modo? Come può essere lecito in questa epoca ‘si detta nuova, in una città che pare il baluardo del progresso, della solidarietà sociale, del terzo settore e del volontariato, che si usi ancora la psichiatria come strumento repressivo per restituire un immobile al proprietario?

E poi c’è tutta la faccenda del processo, che personalmente mi permetto di giudicare abbastanza curiosa, con tutto un andazzo di ricorsi e di ritardi, ché nessuno mai ha scritto o detto che non si sia trattato di una azione grave. Semplicemente si dice che il bollo non è stato messo all’ora tot del giorno tot o che i termini prescrivono ogni cosa o che il tempo toglie tempo o che bla e bla e bla. E resta questa donna, sempre straordinaria e tenace e determinata con un punto interrogativo stampato in volto che continua a non voler credere che quanto è successo a lei possa accadere senza che nessuno abbia una risposta, giacché la domanda poi alla fine è un “perchè?”. Perché, dunque?

C’è la dottoressa Spannocchi Cenerini, medico della figlia di Malika, che al telefono ci tiene a farmi sapere che “fra i diritti dell’uomo c’è il rispetto per se’ e Malika continua a non avere sostegno e rispetto. Non le viene dato modo di recuperare a partire dall’umiliazione subìta.

A me viene in mente che se Malika non fosse nata in Marocco forse avrebbe goduto di un trattamento diverso. E’ capitato in alcuni casi che la nazionalità delle persone oggetto di un certo tipo di provvedimenti abbia costituito uno svantaggio e una garanzia di impunità sul piano morale. Davvero un gran peccato che lei sia cittadina italiana. Peccato, non di certo per lei o per noi. L’altra cosa che va raccontata è che lei era stata querelata per calunnia e da quell’accusa è stata prosciolta con sentenza del 2008 in quanto “il fatto non sussiste“. Dunque sarebbe stata ovvia la conclusione dell’altro processo parallelo, quello in cui Malika chiedeva giustizia per “violenza privata” e “lesioni personali in concorso di reato“.

Il giudice ha ritenuto di voler archiviare. Ma noi possiamo non farlo. Cioè: davvero basta una sentenza di archiviazione per smettere di chiedere perché?

Perché dunque?

Il resto ve lo dice un comunicato che annuncia un presidio per sabato 12 novembre. Noi ci saremo!

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LA STORIA DI MALIKA: NOI NON ARCHIVIAMO!!

– sabato 12 novembre presidio 10.30 Piazza San Firenze
– a seguire conferenza stampa alle ore 11.30.

NON E’ SUCCESSO NIENTE…

Nella giornata di mercoledì 12 ottobre abbiamo appreso dai legali di Malika Yacout che il medico legale e l’ufficiale Giudiziario imputati di “violenza privata” e “lesioni personali in concorso di reato” NON SONO STATI RINVIATI A GIUDIZIO, questa è la decisione del Giudice dell’Udienza Preliminare, quindi il caso è chiuso, e il procedimento archiviato…
Non è successo niente…
Il giorno dello sfratto il 3 dicembre del 2004, Malika (cittadina italiana e marocchina) era in avanzato stato di gravidanza (al sesto mese), viene bloccata, strattonata e gettata per terra da cinque uomini, e mentre la tengono ferma, le vengono praticate due iniezioni pesantissime per sedarla, si saprà, diversi giorni dopo, che i farmaci in questione sono due neurolettici, Largactil e Farganese. Questi farmaci possono avere, come sottolineato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità effetti dannosi sul feto in qualsiasi periodo della gravidanza.
La donna viene accompagnata al reparto di Psichiatria di S.M.NUOVA con un TSO, mai convalidato da nessuno…eppure il Trattamento Sanitario Obbligatorio le è stato APPLICATO…
Oltre al danno la beffa! Infatti questa settimana Malika ha avuto, dopo 6 anni, la dichiarazione di Ballerini (psichiatra, all’epoca primario di S:M:Nuova, ma che non era presente al momento del TSO) che Malika non è e non era affetta da nessuna patologia psichiatrica. Dichiarazione fondamentale che nessun giudice e nessun avvocato ha mai preso in considerazione.
Insomma, una serie di abusi che vanno dal sequestro di Persona alle minacce, dalla violenza privata all’abuso d’ufficio, alle lesioni (quelle provocate alla figlia che oggi ha 6 anni) ma secondo il Giudice non è successo niente.
Insieme a Malika e al suo avvocato è stato deciso di fare ricorso in appello per riaprire il caso e, qualora si chiudessero tutti i gradi di giudizio, faremo anche ricorso alla corte di giustizia europea.
Intanto in questi giorni è stato informato il consolato del Marocco, che avrebbe il dovere di prendere posizione.
le donne del Movimento di Lotta per la Casa e il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud continueranno la comune battaglia per richiedere VERITA’ E GIUSTIZIA sul quel BARBARO episodio.

Le donne del movimento di lotta per la Casa di Firenze
Il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa

Posted in Anticlero/Antifa, Iniziative, Omicidi sociali, Precarietà, R-esistenze, Storie violente.


2 Responses

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  1. Natale Adornetto says

    Non si ferma la battaglia di Malika Yacout
    Presidio stamattina 12 novembre sulle scale del tribunale in piazza San Firenze. Presenti il Movimento di Lotta per la Casa e il Collettivo Antipsichiatrico Antonino Artaud. Solidale anche Emergency -Gruppo territoriale Sesto Fiorentino Calenzano che ha dato la sua adesione all’iniziativa: http://www.stamptoscana.it/articolo/toscana/non-si-ferma-la-battaglia-di-malika-yacout

  2. Natale Adornetto says

    Malika Yacout chiede giustizia alla Corte Europea: http://senza-futuro.blogspot.com/2011/11/malika-yacout-chiede-giustizia-alla.html