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#15ott: Occupare tutto!

Una riflessione per le nostre “Memorie collettive“, da ReginaZabo. C’entra molto con il nostro lavoro sulla comunicazione e con il nostro “Antifascismo viola“. Buona lettura!

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Una cupa sensazione mi avvolge da ieri pomeriggio, da quando su Twitter hanno cominciato a susseguirsi con il tag #15ott le notizie che già mi aspettavo: un corteo di centinaia di migliaia di persone spezzato in due, i lacrimogeni, gli scontri, le camionette della polizia che sfrecciavano tra la folla, evidente tentativo di seminare il panico.

Negli ultimi tempi mi sento sempre più come Cassandra, mentre osservo una “crisi” preannunciata dagli anni novanta, mentre vedo le proteste creative di altri angoli del mondo riflettersi in Italia con le solite modalità di piazza che conosciamo bene e da cui dovremmo avere iniziato a guardarci già ben più di dieci anni fa. Alcune parti del movimento in generale lo hanno capito, ed escogitano strategie di lotta creative che riescono a far breccia in questa nostra mancanza di futuro molto meglio del solito corteo sindacale, con o senza “servizio d’ordine”.

Scendere in massa nelle strade per spostarsi dalla piazza A alla piazza B non ha più senso: lo zoom delle telecamere è capace di raccontare un’altra storia, e i nostri numeri, ammassati tutti assieme, servono solo come carne da macello più o meno mediatica e mediatizzata. Soprattutto, sono molto meno efficienti che sparpagliati, a organizzare mille iniziative diverse per riprenderci gli spazi che nella nostra generazione (e pure in altre) non abbiamo mai avuto senza conquistarli e tenerli con le unghie e con i denti.

Non sto parlando di restare davanti a un monitor a sottoscrivere petizioni online con quella comoda e consolatoria forma di attivismo che in rete viene chiamata clicktivism, ma credo che i cortei non siano meno consolatori. Quel che dobbiamo fare, e che alcun* di noi già fanno, è inventare forme di lotta sempre nuove, che i media mainstream non siano in grado di raccontare e spettacolarizzare. Quel che dobbiamo fare è occupare tutto: i linguaggi e gli orti, i servizi online e le case abbandonate, il nostro tempo rubato, il nostro lavoro alienato, la nostra gioia. Rifuggire insomma lo scontro frontale con uno stato di cui è rimasta in vita solo la scorza difensiva/repressiva (tutto il resto è subappaltato) per ricavarci lo spazio che spetta a queste nostre generazioni senza futuro.

Tra l’altro io a Roma ieri non c’ero: avevo sentito odore di trappola (…).

—>>>Per leggere il post inclusi i link e una parte finale che parla di suoi progetti di rivoluzione, potete andare sul suo blog.

Posted in Anti-Fem/Machism, Memorie collettive, Pensatoio, R-esistenze, Scritti critici.


One Response

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  1. Alberto says

    “Quel che dobbiamo fare è occupare tutto: i linguaggi e gli orti, i servizi online e le case abbandonate, il nostro tempo rubato, il nostro lavoro alienato, la nostra gioia. Rifuggire insomma lo scontro frontale con uno stato di cui è rimasta in vita solo la scorza difensiva/repressiva (tutto il resto è subappaltato) per ricavarci lo spazio che spetta a queste nostre generazioni senza futuro.”

    Grande. Grazie per questi pensieri.