Continuiamo la rassegna di interventi sul 15 ottobre. Abbiamo creato una categoria apposita che abbiamo chiamato “memorie collettive” perché è necessario che la narrazione avvenga, in più modi e in più forme perché vorremmo dare il nostro piccolo contributo e vorremmo nel nostro piccolo evitare che vi siano processi di rimozione collettiva. Questo è uno degli interventi che passano nella nostra mailing list. Altri ne verranno. Buona lettura!
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Qualche riflessione sulla violenza e sul 15 ottobre
“Quando il dito indica la luna lo stolto guarda il dito”
Premesso che non sono stato a roma, ma sono stato in contatto costante con compagn* presenti.
Infiltrazioni, di fascisti e forze dell’ordine, ci sono state, e non è una novità che il potere usi i suoi servi per andare a disturbare le manifestazioni. Ma questo non significa niente. Gli scontri ci sono stati, e ci sarebbero stati con o senza infiltrati. Ci sarebbero stati perchè anche tra i compagn* c’era chi li voleva fare e l’aveva annunciato. Come c’era chi gli scontri non li voleva fare ma si è preparato all’evenienza (se so che vado dove mi arrivano dei mattoni in testa il casco me lo porto…). Come c’era chi gli scontri non li voleva fare perchè è un non violento per motivi etici. Come c’era chi gli scontri non li voleva sennò si rovinava la campagna elettorale.
Ma è ora di dire basta a questo dibattito costante sulla violenza/non-violenza. È un dibattito stantio, inutile, funzionale al potere, sterile.
La non violenza non esiste. La violenza è ovunque e con essa ci dobbiamo confrontare. La violenza la si può gestire, svelare, capire. La si può limitare. Ma non si deve mai nasconderla, non ci si deve mai de-responsabilizzare davanti ad essa dicendo “ah, io sono nonviolento, la violenza appartiene a quelli cattivi”. Perchè si fa una delle operazioni più controproducenti del mondo, mistificatoria della realtà. Ed è esattamente quello che fa comodo a chi domina.
Perchè chi domina trova comodo che il dominato interiorizzi il discorso del dominante.
Violenza/nonviolenza è una trappola, è una dicotomia che ammazza il dibattito in quanto lo porta ad un livello emotivo, non razionale, perchè chi si dice non violento si crede migliore di per se’ rispetto agli altri.
Perchè negli ultimi 30 anni con l’uso strumentale della storia degli anni ’70 ci hanno abituato a dire che la violenza politica è cattiva facendoci rimuovere che al mondo ci sono due principali categorie di violenti: gli statisti e i capitalisti.
Si può e si deve ragionare sulla funzione della violenza nello scontro politico, della violenza nella storia, della violenza nelle relazioni personali.
È infinitamente più violento uno sfratto di una vetrina sfondata. È infinitamente più violento il sessismo, la guerra o lo sfruttamento salariato rispetto agli scontri di ieri. Gli scontri di ieri non saranno serviti a niente, e io sono convinto di questo, ma sono stati reazione elementare alla merda che ci viene buttata addosso ogni giorno. Perchè io ho 21 anni, tra qualche anno avrò una laurea inutile, faccio dei lavoretti che mi danno ben poco e, da anarchico, sto dalla mia parte, che è la parte di chi è sfruttato, di chi è escluso, di chi non ha voce e che collettivamente vuole lavorare per costruire altro.
E se penso che dei manifestanti si sono permessi di consegnare degli altri alla polizia schiumo dalla rabbia, perchè costoro che si dichiarano nonviolenti in nome delle loro belle idee consegnano persone alla polizia, ben sapendo quello che ne seguirà: pestaggi, carcere, denunce, processi. Perchè queste cose speravo fossero cadute nel dimenticatoio insieme ai vari Lama, Pecchioli, quello che chiedeva la chiusura dei “covi” dell’autonomia nel ’77, e i servizi d’ordine della CGIL, PCI e compagnia cantante.
Il discorso non è violenza si o violenza no.
Il discorso è: vogliamo avere una progettualità politica che voglia costruire qualcosa di radicalmente diverso? Con chi vogliamo agire? Vogliamo avere la volontà di farlo? Quali mezzi vogliamo usare?
Quando arriviamo alla quarta domanda ci possiamo porre il problema della violenza, violenza che in questo caso specifico, è stata del tutto inutile e controproducente.
Ma questi movimenti indignados, viola, arcobaleni, grillini etc etc mi pare che il massimo della proposta che portano avanti è “berlusconi ci sta sul cazzo, basta con le mignotte, vogliamo meritocrazia”. Bene, io sono contro la meritocrazia, che trovo autoritaria, le mignotte non mi danno fastidio, al contrario dei papponi, tra bersani, berlusconi e di pietro non saprei chi buttare giù per primo dalla torre.
Quindi di sentire il lamento delle pecore belanti, degli indignati da social network, di quelli che tutto deve essere colorato, giocoso per poi risolversi nell’andare alle urne a votare il proprio comitato di gestione mi interessa poco.
Gente che non ha la preparazione, le categorie mentali, la voglia di mettersi in gioco per affrontare qualsiasi discorso che non sia “berlusconi mafioso, minetti troia” che fa discorsi da bar e si crede migliore di tutti gli altri.
Ecco quel che è buona parte della “sinistra italiana”.
Questo discorso della violenza/non violenza non ha alcun senso di esistere ed è dannoso per noi. E la dimostrazione di questo è che a portarlo avanti sono quegli sciacalli di Repubblica, quelli che fanno i paladini dell’informazione libera e che oggi hanno il coraggio di mettere come didascalia ad un video in cui si vedono i caroselli dei blindati la frase “i black bloc assaltano le camionette“.
Noi dobbiamo avere il coraggio di compiere una colossale operazione di disvelamento e de-costruzione delle radici profonde delle costruzioni culturali che permeano questo paese e i movimenti, non dobbiamo essere i sicari della verità. A noi non deve interessare costruire una mitologia della non-violenza, dobbiamo eliminare le mitologie. Dobbiamo agire socialmente, nelle fabbriche, nei quartieri, nelle famiglie, collettivamente, insieme a chi ha tutto da perdere nella riproduzione delle strutture di dominio, per costruire una cultura, un metodo di produzione e distribuzione del reddito, un metodo di stare al mondo radicalmente diverso.
E i conflitti interni al movimento vanno gestiti internamente al movimento, non chiedendo l’intervento dello stato.
Questa ovviamente non vuole e non può essere una riflessione esaustiva sulla questione della violenza, su cui si potrebbero scrivere, e sono state scritte, migliaia di cose, o sulla giornata del 15 ottobre, prendetelo per lo sfogo di una persona a cui cascano le braccia a vedere non solo l’idiozia dei media ma anche di manifestanti che propongono di schedare i violenti per poi consegnare i dati alla polizia.
Lorenzo – Reggio Emilia
Cara Francesca, confondi i piani. La nonviolenza è uno strumento di lotta, è uno strumento legittimo e spesso molto efficace, sempre che si sappia come usarlo (cosa che NON avviene qui in Italia, altrimenti si sarebbe occupata s giovanni direttamente, senza fare il corteuccio stile ‘900, e a un certo punto — magari fra 25 giorni — si sarebbero prese delle botte da parte di chi la violenza la gestisce per antonomasia, lo Stato, incarnato dalle “forze di polizia”). In questo senso la nonviolenza è uno strumento per combattere la violenza di altri — quelli contro cui vai — i quali la useranno contro di te senza riuscire ad eliminare il messaggio che porti. Prima di fare la “vecchia saggia” guarda dentro te stessa. La “nonviolenza” come stile di vita è una bella cosa, esiste anche quella, ma la si vive, casomai, non la si sfoggia a una manifestazione come “patrimonio del singolo” per poi dire ad altri “sei violento, sei malvagio” e altre cose del genere senza aver proposto davvero una pratica nonviolenta seria. Non c’è bisogno di “superiorità morale” in Italia, c’è bisogno di cambiare la situazione, in un modo o nell’altro. E te lo dice una persona che non ha mai fatto male a una mosca, una persona che ritiene che oggi in Italia l’unico modo per cambiare le cose sia compiere “durissime” azioni nonviolente. E non circolare per la città con gli stendardi per poi andare a casa a crogiolarsi su quanto siamo bravi e buoni.
A me lascia basita il fatto che a ogni manifestazione,nonostante gli obiettivi e la determinazione di chi protesta ci sia,debba sempre degenerare.
Forse sono io che non capisco niente (può anche darsi e_e),ma perchè questa violenza gratuita? Io non credo che sia violenza che sia generata dal malessere,dalla frustrazione che deriva dal motivo per cui la manifestazione è stata fatta. Cosa c’entra un’auto parcheggiata,la vetrina di qualcuno che si guadagna da vivere con un negozio? Che senso ha?
L’unica cosa che riesco a vedere è che,ancora una volta,questa violenza non ha fatto altro che far rigirare la frittata da parte del governo e dei politici in generale,che ancora una volta parlotteranno di violenza qui e scontri là,e poi di fatto -per chi ha fatto la manifestazione,per il lavoro,per le emergenze sociali- non faranno una bella pippa.
Mi sembra pazzesco che ogni volta deve andare a finire così. Io credo fermamente nelle manifestazioni pacifiche,e non sono disposta a giustificare le distruzioni gratuite di auto e l’incendio di cassonetti di nessuno, e perchè? Perchè così non risolvono niente. Anzi,danno pane ai giornalisti e basta.
Sono assolutamente schierata coi manifestanti,ma i violenti non hanno fatto altro che confondere il tutto… un’altra volta.
Francesca: io vorrei sapere dove è che ho scritto che gli scontri di ieri erano giusti, che lo spontaneismo è una buona cosa e che il motore del cambiamento. Perchè a leggere il tuo commento mi sono cascate le braccia, le game e la testa, dato che ho scritto l’esatto opposto. Quindi o hai letto tutto l’articolo ma non l’hai capito, e in quel caso ti consiglio di rileggerlo, oppure una volta arrivata al paragrafo che riporti ti sei bloccata presa dal blocco cognitivo di chi si trova davanti ad una cosa che non riesce a comprendere, fuori dal suo schema mentale. In questo caso ti consiglio di rileggere l’articolo senza paraocchi. Non è che se uno sostiene che il dibattito violenza/non violenza è capzioso e sterile appoggia a priori la violenza. A me interessa comprendere i processi sociali, non mi interessa fare divisioni manichee del mondo. E sopratutto abbi meno arroganza nel rispondere, perchè che io abbia 21 anni non centra proprio niente.
Sarebbe anche ora di iniziare a prendere la palla al balzo (e mi sembra che l’articolo, al di fuori dei commenti, lo faccia), e iniziare ad interrogarsi sulle questioni più centrali:
-Una delle questioni che secondo me si è completamente persa è ” E i conflitti interni al movimento vanno gestiti internamente al movimento, non chiedendo l’intervento dello stato.”
Per due motivi principali, uno è quello già analizzato in un precedente articolo di Femminismo a Sud (siamo tutti delatori ), il secondo è che trovo davvero tanto ipocrita definirsi “non violenti” e poi fare violenza consegnando gente alla polizia (perchè ditemi quello che volete ma è una forma di violenza, e anche bella palese).
È stato davvero un comportamento indefinibile, che mi ha fatto onestamente uno schifo e una angoscia allucinanti. Tra l’altro con una caccia alle streghe che sta continuando anche adesso (quindi non c’è nemmeno la scusante di temere per la propria incolumità).
Altro punto di analisi interessante è tentare di capire come la cosiddetta “società civile” sia subito pronta a puntare il dito sui balck block cattivi etc etc e a dimenticare completamente le altre violenze, non solo quella dei caroselli dei fumogeni e degli idranti e delle cariche, ma anche quella più sottile e quotidiana che ha portato tante persone in piazza. Se due macchine in fiamme oscurano completamente i motivi della protesta la colpa di chi è? di quelli con l’accendino in mano? Solo di quelli? Siamo sicuri?
Io sono un pò stufa di continuare a fare l’analisi minuziosa iper-dettagliata sulla violenza dei “black block”, le violenze di Roma secondo me non sono state utili alla causa, ovvio, ma onestamente io le capisco, pur non condividendo le azioni. Le capisco molto più di quanto capisca una folla che consegna dei ragazzini alla polizia. Le capisco molto più di quanto capisca chi tenta di strumentalizzare la questione per passare per il “referente buono”.
Sull’inevitabilità della violenza sono abbastanza d’accordo, bisogna semplicemente intendersi sul tipo di violenza, perchè può avere diverse interpretazioni, Ricollegandomi all’esempio dell’ultimo commento (sullo stupro), io onestamente se qualcuno tentasse di stuprarmi penso che farei resistenza, proverei a rispondere a violenza con violenza, inoltre denuncerei la cosa, vorrei che lo stupratore fosse incarcerato (altra forma di violenza che in questo caso ci sta assolutamente), lo stare lì inerme senza fare nulla implica fare esattamente quello che alza le mani e si siede davanti alle cariche,
Il punto sarebbe teoricamente incanalare tutta questa rabbia in qualcosa di più costruttivo che possa effettivamente cambiare le cose. Ed è lì che il movimento si dovrebbe interrogare a mio avviso.
Un’altra cosa che mi sconvolge sempre è con quanta ipocrisia l’opinione pubblica veda bonariamente rivolte anche parecchio violente, che sono avvenute all’estero (si pensi ad esempio ai moti in Grecia) per poi avere sussulti sdegnati quando la violenza entra in casa (e questo non per condividere le scelte di Roma però lo trovo davvero ridicolo).
Cara Francesca, io di anni ne ho 32 e credo che Lorenzo colga nel segno. Credo inoltre che il tuo paternalismo, la tua critica basata su una presunta maturità sia manichea e fascistoide. Mi farebbe piacere leggere da parte tua, come di chiunque, una riflessione onesta e altrettanto profonda invece di una delegittimazione che si regge solo su una superiorità data dall’età e dall’esperienza. E, sottolineo, la tua è violenza, poiché alle ragioni sostituisci la prevaricazione. Spero di leggere argomenti se avrai la pazienza e l’umiltà di rispondere in modo più serio.
Al contrario, credo che il discorso non violento sia la più potente demistificazione del mito della violenza operato dal sistema. Credere che la violenza permei tutto e che quindi agire da pacifisti sia inutile in un mondo “cattivo” è il primo dei conformismi e dei luoghi comuni. Non si è mai creato qualcosa di stabile senza mutare le coscienze delle persone, e questo lo si costruisce con le idee che conquistano le piazze, molto più di quanto non faccia la rabbia. Il fatto che la Rivoluzione è qualcosa di lento e progressivo, non ci si può svegliare una mattina e sfasciare tutto con la speranza che qualcosa cambi. E allora sono d’accordo con Lorenzo: è necessario un impegno di tutti e ovunque per creare qualcosa di alternativo, non per chiedere che gli stessi che ci governino cambino qualcosa? Che cosa dovrebbero fare, mettere in crisi il loro stesso potere? Jamais. Prepariamoci al meglio, al peggio.
La non violenza non esiste. La violenza è ovunque e con essa ci dobbiamo confrontare. La violenza la si può gestire, svelare, capire. La si può limitare. Ma non si deve mai nasconderla, non ci si deve mai de-responsabilizzare davanti ad essa dicendo “ah, io sono nonviolento, la violenza appartiene a quelli cattivi”. Perchè si fa una delle operazioni più controproducenti del mondo, mistificatoria della realtà. Ed è esattamente quello che fa comodo a chi domina.
Hai 21 anni. Pazienza, si dovrà aspettare il ciclo della vita affinchè cominci a ragionare in un modo più maturo.
Intanto però ti anticipo una scoperta che farai crescendo: la non violenza esiste. Non è negli istinti probabilmente. Ma l’essere umano non può essere ridotto ai soli istini. La non violenza esiste in quanto scelta.
Altrimenti, se ci basiamo sul concetto da te espresso che la violenza è inevitabile, alzo le mani e dico: avanti uomini, stupratemi! ce n’è per tutti! tanto è inevitabile, no?
No.
La violenza di ieri è stata sciocca. L’adrenalina che è scorsa nelle vene dei partecipanti sarà stata esaltante. Ma è un momento. Domani tornerai depresseo come lo eri prima. E cercherai altra adrenalina. E poi altra. erchè ne sarai dipendente. Perchè non sai e non vuoi trovare soluzioni diverse.
Ti auguro di crescere in fretta.
Per il mio bene.