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Quando lo Stato è Pappone

Mentre in tv si celebrano le ragazze che a vent’anni stanno a casa a guardare la tv, ci si dimentica dell’Italia paese in cui la passione per le lavoratrici sessuali è quasi pari a quella del calcio. Dato che ci sono migliaia di donne, uomini e transessuali che vivono di questo mestiere e di questi tempi alle casse dello stato servono liquidità, si è pensato di chiedere anche a loro di pagar le tasse. Niente di strano né di illegale se non fosse che queste lavoratrici non vengono riconosciute e quindi non hanno alcun diritto. Lo stato quindi si comporta come il pappone di turno che ti sfrutta per arricchirsi ma che non ti riconoscerà mai un minimo diritto. Sappiamo benissimo che questo atteggiamento è riservato in fondo a tutte le donne, prostitute o meno, che continuano ad essere usate come ammortizzatori sociali, senza che poi le si riconosca un benché minimo reddito, diritto, riconoscimento. Mi vengono in mente le precarie che lavorano con contratti atipici e che chissà se mai un giorno riusciranno a vedere riconosciuti i loro meriti, e le immigrate che vengono regolarizzate solo se si fanno carico degli anziani se no via, ti rimandano nel tuo paese, ma prima ti fanno soggiornare nei nuovi lager modello Italia. Ci sono poi le operaie che vengono licenziate perché così possono stare a casa con i loro figli, o perché “grazie tante per tutte le ore di lavoro, il fatturato, il raddoppio delle commesse, gli straordinari non pagati, ma ci costate troppo e delocalizziamo”. Ecco, quando penso allo Stato pappone penso a questo e al fatto che veniamo tutte sfruttate.

Vi segnalo quindi questo articolo di Pia Covre che spiega bene cosa stia accadendo alle/ai sex-workers e come, nonostante la Corte d’Europa abbia riconosciuto il loro come un lavoro, questo continui a non essere riconosciuo in Italia, dove dalle prostitute si pretendono solo i contributi e nient’altro, mentre in altri paesi non solo le si riconosce il lavoro ma le si permette anche di esser risarcite qualora un cliente non le pagasse. Buona lettura:

Sex worker, lo Stato vuole le tasse ma non riconosce il lavoro

La notizia che la GdF di Vicenza ha indagato fra gli annunci pubblicati sui siti Internet  e ha scoperto che un centinaio di lavoratrici del sesso non hanno pagato le tasse sul reddito richiede una riflessione. Fino ad oggi era successo che l’agenzia delle entrate in qualche caso avesse fatto delle verifiche e a qualche persona che aveva fatto investimenti in immobili e beni di lusso veniva chiesto di pagare per cinque anni in arretrato su un guadagno stimato dalla agenzia, ma è la prima volta che in una città viene fatta in maniera sistematica una caccia all’evasione di questa specifica categoria: le/i lavoratori del sesso. Di fronte ad un simile avvenimento è utile fare un esame sulle intenzioni e sulla serietà delle nostre istituzioni.

Per principio è assolutamente giusto che ogni cittadino e lavoratore paghi le tasse sui propri redditi.

Già nel 1500 la Repubblica di Venezia, che dominava anche su Vicenza, imponeva la tassazione alle sue meretrici e cortigiane, ma è bene ricordare che aveva anche delle leggi che regolavano il mestiere e in parte proteggevano le meretrici dallo sfruttamento e dalla violenza.

Oggi siamo davvero molto arretrati rispetto al tempo della Serenissima per quanto riguarda la gestione di questo fenomeno. La tendenza dei Governi e del Parlamento negli ultimi 30 anni è stata di disinteresse totale. Con la tipica ipocrisia, che ormai ognuno può constatare quotidianamente,  lo Stato finge di non vedere che in questo Paese  ci sono milioni di clienti che comprano servizi sessuali da qualche decina di migliaia di donne, uomini e transessuali. Prendendo a pretesto una sgangherata morale lo Stato rifiuta la responsabilità di decidere una modifica di legge necessaria, chiesta da noi fin dal 1982 e recentemente chiesta anche da molti sindaci seppure in maniera diversificata  e anche contraddittoria fra loro. Nelle mani degli amministratori locali e delle forze dell’ordine infatti viene lasciato un potere solo repressivo e sanzionatorio, senza alcun strumento alternativo di governo del fenomeno, perché laddove ci fosse la volontà di trovare alternative come zone e quartieri o locali da adibire per questo lavoro la legge in vigore (legge Merlin del 1958) di fatto impedirebbe ogni organizzazione visto che è vietato organizzare la prostituzione. Le Agenzie delle Entrate che chiedono il pagamento delle imposte sollevano un quesito e pongono alla attenzione dello Stato una contraddizione per la quale forse vorrebbero una risposta.

Infatti è pur vero che continuano ad esserci  ricorsi da parte di contribuenti alla magistratura per stabilire se sia legittima la richiesta,  le risposte sono state a volte a favore della ricorrente e altre volte a favore della Agenzia delle Entrate. Ben  due sono state le sentenze di Cassazione che hanno dato ragione all’Agenzia. Ma andrebbero lette nel merito, infatti in una si fa riferimento alla Corte d’Europa che ha chiaramente definito il lavoro sessuale, e quindi in quanto lavoro lo ritiene tassabile.

Ma qui in questo nostro allegro Paese dove pare che lo sport che va per la maggiore sia la passione per le signorine… seconda forse solo alla passione per il calcio, il lavoro sessuale non viene riconosciuto come un lavoro. Allora mi chiedo se sia giusto applicare il decreto Visco nato per tassare i guadagni illegali visto che di fatto la prostituzione non è illegale! Mi chiedo anche se l’Agenzia delle Entrate non incorra nel rischio di essere equiparata agli sfruttatori. Infatti la legge dice che  è  vietato percepire denaro e proventi dalle persone che si prostituiscono.

Qualcuno dica con chiarezza come si devono comportare le fornitrici di servizi sessuali: da libere professioniste? Con la possibilità di detrarre i costi per il mestiere? Perché nel modo attuale finisce che si paga si sul reddito presunto, ma tutto raddoppiato a causa delle sanzioni per il mancato pagamento,  senza che vengano tenuti in considerazione i costi per l’esercizio e tanto meno le giornate o le nottate di lavoro perse a volte a causa delle retate di polizia e/o della chiusura e sequestro degli appartamenti. Insomma oggi le lavoratrici del sesso vengono perseguitate e sfruttate, chi governa dimostra  di non essere incapace a trovare una soluzione dignitosa per tutti e rispettosa dei diritti dei lavoratori. Eppure se c’era una legge che il capo del Governo poteva fare senza che si sospettasse che fosse ad personam era proprio una legge che regolamentasse il lavoro sessuale visto che interessa milioni di cittadini e cittadine.

*Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute Onlus

Posted in Corpi, Misoginie.


4 Responses

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  1. luminal says

    @Giovanni: personalmente sono contro le case chiuse, almeno come unica scelta permessa alle sex-workers. Credo che la cosa più intelligente che lo Stato possa fare sia riconoscere come lavoro quello sessuale e quindi prima tutelarlo e poi riscuotere da loro le tasse che noi tutti paghiamo. Però se lo Stato obbligasse i lavoratori/trici del sesso a rinchiudersi in una casa e ad avere una mistress, a me non andrebbe bene. Dato che è una libera professione dovrebbe godere di questa libertà, e quindi ognun@ dovrebbe scegliere dove esercitarla (per strada, in appartamento, in hotel, in case chiuse, via web ed ecc) e soprattutto decidere se avere o meno il pappone… e credo che nessun@ lo voglia avere, ma qualora lo volesse sarebbe una sua scelta individuale.

    @Antonella: hai perfettamente ragione e credimi se ti dico che non volevo in alcun modo far passare il messaggio che il maschilismo sia esclusiva delle classi dei padroni/potenti. La mia voleva essere una riflessione sul rapporto stato-prostitute-donne (e per questo mi sono concentrata sui padroni) e non una riflessione amplia sul maschilismo, nella quale avrei sicuramente chiarito il concetto che tu giustamente riporti: il maschilismo è un fenomeno trasversale e quindi presente in ogni classe e in ogni cultura. Non era mia intenzione assolvere nessun maschilista solo perché non appartiene alla classe dei potenti, perchè so benissimo, per esperienze dirette e indirette, che c’è tanto maschilismo ovunque, anche nei luoghi dove non credevi ci fosse… e nel mio piccolo l’ho sempre denunciato, diventando poi spesso il bersaglio delle ira di quell@ che mi circondavano. Comunque grazie per aver chiarito questo concetto che probabilmente non era chiaro nel post, ma in cui credo ciecamente =)

  2. Stefano says

    Brutto segno dei tempi: una società che non trova di meglio che prendersela con i più deboli.

  3. Antonella says

    Devi però anche ricordare che le operaie ad Ivrea sono state licenziate, per volontà sì del padrone, ma consenzienti gli operai maschi, che hanno rifiutato di scioperare per loro. Che hanno deciso che le vittime sacrificali fossero solo le donne. Non facciamone sempre una questione classista. Stuprano e considerano le donne meno di oggetti uomini di tutte le classi sociali ed età.

  4. Giovanni says

    Lo stato dovrebbe tornare a fare il pappone, ma in che senso, tornare ad aprire le case di tolleranza, e non solo perché il cliente si senta (insieme alla sex worker, e ringrazio per il termine meno degradante) protetto nella sicurezza e nell’anonimato, ma anche perché lo stato, come giustamente detto in questo post sarebbe di sicuro meno schiavista del criminale che chiede un riscatto infinito pretendendo anche più del 95% degli introiti, mentre volendo fare conti molto approssimativi, in un ipotetica casa chiusa il 50% andrebbe alla sex worker, 25% alla maîtresse 25% allo stato che le servirebbe pure per maturare una futura pensione il giorno qualsiasi che voglia smettere.
    Invece per 50 anni dopo la Merlin, almeno io, sui giornali ho dovuto vedere le scene più raccapriccianti, donne in stato di schiavitù, torturate, uccise dai papponi o dal maniaco di turno, liberate solo quando i loro corpi sono stati devastati dall’aids, e non dimenticherò mai proprio quella sex worker nigeriana morta a 32 anni che pianse tra le braccia del papa http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/03/21/muore-di-aids-ex-prostituta-che-pianse.html e i cattolici cosa hanno fatto in questi anni, girati dall’altra parte beati solo che ci fosse un moralismo di facciata che mi ricorda tanto il 3° episodio del film “il comune senso del pudore”
    Oggi come già ho detto in altri post, abbiamo una legge scritta con i piedi, da chi arrogantemente se la prende con i clienti e attua la scusa per applicare la Bossi-Fini per espellere le irregolari, mentre nelle sue ville ospita il fior fiore delle ragazze, mentre le altre, non possono stare in strada, perché alcune a momenti facevano disboscare un bosco per stanarle http://ambiente.liquida.it/focus/2010/10/12/in-abruzzo-30-ettari-di-bosco-saranno-abbattuti-per-ostacolare-la-prostituzione/ follia fortunatamente rientrata, oppure vengono stanate nelle case dove sono in affitto con rischi pure per chi gliele affitta (non tutte hanno la fortuna di stare via Olgettina)