La risposta di Malafemmina alla legittimazione del termine “normale” che dal Corriere e dalle firme delle donne conservatrici italiane arriva associato a caratteristiche ricucite addosso alle ragazze per ridefinirle e dunque normarle, di nuovo, ancora. Su questo Malafemmina ha già scritto quanto poco apprezzi le donne a cosce chiuse, e quanto sia indispensabile che gli uomini, che normali non sono, dichiarino esistenza e siano apprezzati per la loro scelta di diserzione dei ruoli che gli vengono imposti. Quest’ultimo post parla di ragazze A-normali. E due. Buona lettura!
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di Malafemmina
Per fortuna che le ragazze non sono nella norma, che non rientrano in una norma, che non sono classificabili. Prendi me, precaria ma a fare picchetti per difendere la mia indipendenza, povera ma ricca di intelletto, in possesso di fica ma senza la volontà di metterla a servizio di un maschio etero che possa garantirmi una cuccia in cambio di una parvenza di onorabilità e di qualche pasto a base di pane e acqua servito in una ciotola.
Che belle che sono le ragazze che non si fanno normare, dopo essere sfuggite a secoli di manicomi e carceri e elettroshock e costrizioni, e rigide e severe punizioni e regole morali e sorveglianti e carcerieri.
Hanno gli occhi lucidi, la schiena dritta, la vita intera, queste ragazze a-normali, e non vogliono essere classificate, schematizzate, chiuse dentro un recinto come pezzi di allevamento del bestiame.
Masticano chewingum, hanno capelli colorati, occhiali grandi e piccoli, libri sotto braccio, calze sbrindellate, scarpe non in tinta, seni in bella mostra, pearcing nelle orecchie, tatuaggi sul corpo. Hanno libri interi stampati nel cervello e trovano alternative culturali che non esistono nella televisione/immondizia. Leggono, si informano e si sanno difendere, esercitano il diritto alla sorellanza e se un tale le molesta mollano un calcio e quello piange, codardo, perché le donne a-normali sono forti e poi diventano oggetto di inchieste moraliste e normalizzanti che indagano su queste ragazze nuove taaaaaanto aggressive, ché le volevano seducenti e cretine, svampite e subordinate, sottomesse e servili.
Le stesse che storcono il naso quando vedono le ragazze a-normali poi dettano le regole e dicono che troppo sottomesse non va bene. Un po’ si e un po’ no. Un po’ vacca da ingravidare ma un po’ contenta di essere ingravidata, fedele al ruolo. Un po’ vacca da farsi sbattere dall’uomo che le manterrà ma non devono esagerare che c’è l’antitrust delle puttane e dunque se tu pigli un ministero invece che il tuo rispettabile ruolo di moglie hai tradito la tua razza. Normale non sei. Hai ecceduto di gestione della tua sottomissione e sei diventata autonoma e determinata e questo, a qualunque livello, qualunque cosa tu scelga di fare, non è tollerato né permesso.
Le ragazze a-normali sputano sulle regole e ne inventano di nuove. Non vogliono essere schiacciate tra moraliste e maiali perché ruttano davanti alle moraliste e distruggono a suon di calci gli orifizi dei maiali.
Le ragazze a-normali sono altro, sono me, te, chiunque tra voi non sia classificabile e comprensibile in una razza ristretta, fedele al fascismo e pronta a recitare su un palco rosa il mantra della perfetta donnina che ha faticato a far carriera stando ben attenta a vendere tutto meno il culo, ché quello bisogna riservarlo al marito soltanto, che ci fa sante e oneste e degne di rispetto nella società.
Le ragazze a-normali non hanno soldi per comprare niente e si arrangiano riciclando anche la carta igienica ma sono profumate e allegre e c’è un mondo autoritario che le frusta e si scompone se vedendole passare intravede la mutanda slabbrata venir fuori dal pantalone largo.
Dimenticano di depilarsi, non usano profumi, si truccano di niente o di colori vivaci e sono visibilmente ribelli, sapendo che il mondo proverà a piegarle negli abiti, nel cuore, nel corpo, nella fica, nel cervello, nei pensieri. Come hanno tentato mille volte di piegare me senza riuscirci, che io mi tengo ancora le mutande slabbrate sotto la camicia da ufficio precario per i miei fottuti lavori precari. E di ammansire e addomesticare i miei pensieri non ci penso nemmeno.
Così le vogliono le ragazze, addomesticate, abituate a dire di si – Hey! Teachers! Leave them kids alone! All in all it’s just another brick in the wall. All in all you’re just another brick in the wall.
Ci vogliono normali e fanno classificazioni tra quelle buone e quelle cattive e poi ci obbligano a non accettare la diversità e a non saper ascoltare le differenze in quanto tali finendo per farmi diventare amica qualcuna con la tessera fascista che amica mia non potrà essere mai.
La mia normalità non esiste perché io godo in modo a-normale, vivo in modo a-normale, mi piaccio, mi masturbo, sento, trasmetto, comunico carne in modo a-normale e chi vuole normalizzare la mia vita o la mia scrittura ha cervelli piccoli, occhi piccoli, bocche piccole, teste piccole, vite piccole, ma proprio piccole e il timore è che diventino invisibili di fronte alla bellezza dell’a-normalità.
Non serve Foucault a darmi ragione, ché di citazioni potrei farne anch’io. Basto io e quelle come me che sono stufe di vedersi definite, costrette, schiacciate alla parete delle disadattate da rieducare perché siamo vive, perfette, e voi morite di invidia e di noia perché la vostra normalità vi uccide e vorreste uccidesse anche noi.
Tocchiamoci di più. Toccatevi di più. Abbiate voglia di voi, di noi, di tutto quello che sa di buono sulla faccia della terra e quando avrete saziato i sensi tornate qui e ditemi: è bello o no essere a-normali?
Però che tristezza umiliante darla al capo per tenersi il lavoro, quello no dai…è un atto maschilista..
Come scrivi bene:-)
In bocca al lupo, che essere a-normali è durissima:-))
E’ bellissimo essere ANORMALI, anomali,diversi ma tutti uguali!!!!
L’amore è anormale per definizione