Mentre noi ragionavamo su Siena, le donne e la puzza del rosa, altre donne, sorelle, in rete commentavano con analisi, domande (alle quali non viene data risposta) e descrizioni che vogliamo qui sintetizzare e condividere. Loredana Lipperini in un commento a margine di un suo post diceva “questi sono argomenti, correttamente, postati dopo l’incontro di Siena, per non comprometterne in alcun modo la riuscita.” Perchè prima o poi bisognerà pur discuterne.
E tentiamo di discuterne a partire da Lorella Zanardo che in un dialogo con Marina Terragni, sul suo blog (dove trovate i commenti e la discussione per intero), scrive:
“(…) Siena ha goduto di una visibilità imbarazzante, 2000 persone in piazza e decine di inviate di tg e giornali. Penso alle donne che si fanno in dieci per organizzare convegni spesso interessantissimi a cui i giornalisti non vanno. Ecco Siena per me è il conformismo delle giornaliste, e mi rifersico alle tante che hanno detto: oh, guarda cosa fanno le donne! ignorando tutto cio che accade in Italia negli ultimi anni. E’ mio compito dare voce a quelle ragazze che hanno fatto moltissimo perchè le campagne pubblicitarie lesive della nostra dignità fossero ritirate, e sono state ritirate, e non hanno avuto un trafiletto da repubblica e dal corriere. Che vergogna! Non pensi che noi cinquantenni dobbiamo qualcosa a qs ragazze?
E l’invito ad inviare i soldi scusa, proprio no. Mi pare che le organizzatrici siano ben fornite. In giro ci sono ragazze che guadagnano 800 euro al mese e duecento li mettono in progetti per le donne.”
e ancora:
“A Siena io e tutte le donne che operano per l’innalzamento del livello di consapevolezza in rete, non siamo state invitate. (…) nessuna difficoltà organizzativa ma una precisa scelta. (…) Parlo per le decine di giovani donne che da anni lavorano online per l’innalzamento del livello di consapevolezza delle donne e che non hanno mai goduto dell’attenzione della stampa.
STAMPA ITALIANA che spesso è conformista e conservatrice e che a mio avviso rappresenta il cancro di questa società, e che ha le stesse se non maggiori responsabilità del partito al governo. La quantità di giornaliste a Siena per raccontare di 2000 persone non di 10 milioni, è stata disgustosa. Mi vergogno per qs donne giornaliste che mai, dico mai, hanno raccontato di quanto avviene nelle scuole, che è SCONVOLGENTE. (…) non si abbatte la casa del padrone con gli strumenti del padrone”
e poi:
“Se non ora quando ha deciso di non invitare NESSUNA donna che ha contribuito a innalzare il livello di consapevolezza delle donne. E’ un loro diritto, lo accettiamo. (…)
network SIGNIFICA FARE RETE.
LA RETE E’ GENEROSA CON CHI GENEROSAMENTE DA. Noi abbiamo dato gratis un video alla rete e la rete ci ha restituito 4 milioni di visitatori. (…)
Io ho piu visibilità in qs momento di unaltrogeneredicomunicazione e quindi, apprezzando il lavoro d iunaltrogeneredicomunicazione, lo pubblicizzo in tv, sul blog.
Si chiama FARE RETE.
SNOQ ha scelto di non fare rete. E’ una scelta. (…) NON SI SMANTELLA LA CASA DEL PADRONE CON GLI ATTREZZI DEL PADRONE.
(…) Non è tempo di politically correct. (…).”
Sullo stesso blog e partecipando alla stessa discussione Loredana Lipperini dice:
“Quel che mi sento di dire, e l’ho detto stamattina, è che rivendicazioni sociali e attenzione culturale devono andare di pari passo. E i titoli sulla città “rosa” (ROSA, ancora!) a me non hanno fatto piacere, per esempio. I media sono conformisti: sottoscrivo Lorella. Allora, bisogna chiederci come sfuggire all’abbraccio – temo letale – di media che vogliono piegare il movimento alla loro idea di movimento, palloncini rosa inclusi (e scusate se insisto su questo: ma dopo quattro anni passati a mettere in guardia dal vecchio simbolismo, ricaderci con tutte le scarpe mi sembra pericoloso). Bisogna continuare sulle strade che in questi anni abbiamo percorso: e senza le quali non ci sarebbe stato il movimento stesso. La consapevolezza. Attraverso la rete, attraverso gli incontri, attraverso il lavoro di “scavalcamontagne” che Lorella (e la sottoscritta, e altre) hanno fatto con pazienza, fatica e gratuità. Per me, la piazza va usata con un obiettivo specifico e forte: la prossima volta, chiunque sia a organizzare la presenza delle donne in qualsivoglia luogo, quell’obiettivo deve esserci. E non deve essere a favore di telecamera o di taccuino. Questo, almeno, è il rischio che avverto, ma non da ora.”
Giorgia Vezzoli, su Vita da Streghe, tra le altre cose, scrive (il neretto è nostro):
“Il 13 febbraio ero in prima linea. Sono scesa in piazza a Milano, ho sponsorizzato la manifestazione prima e pubblicato un ampio reportage dopo.
Non sapevo da dove fossero arrivati i soldi per organizzare una simile manifestazione nazionale (magari li avessimo avuti noi, pensavo, probabilmente ci saremmo mosse molto prima) ma ero contenta che qualcuno finalmente ce li avessi messi. Non avevo neppure capito bene chi ci fosse dietro a questa organizzazione: sicuramente qualcuno legato a La Repubblica (o che aveva una certa influenza su diversi mezzi di informazione), immaginavo, dal momento che la testata, a differenza delle iniziative di noi blogger e altre associazioni, si era addirittura fatta supporter mediatico della cosa.
A quel tempo avevo deciso di mettere in secondo piano le mie perplessità.
(…) Ho atteso di capire in che modo l’organizzazione di SNOQ si sarebbe mossa nei nostri confronti, come in quelli di chi era impegnata/o in battaglie a favore delle donne da ben più tempo di noi. Quello che mi sarebbe piaciuto era che, forti delle risorse e della visibilità a loro disposizione, SNOQ mettesse a disposizione questa sua “potenza” a chi risorse e visibilità invece non le aveva mai avute fino a quel momento.
Mi misi in gioco. Avevo già scritto a SNOQ per far sapere di IO NON CI STO agli stereotipi e per l’8 marzo scrissi di nuovo per informarle dell’Operazione Poetry Attack e proporla come una delle possibili iniziative da fare insieme. SNOQ per l’8 marzo invece non organizzò nulla ma lanciò l’invito alle donne di esporre un fiocco rosa come segno distintivo della protesta. Io, che da due anni mi battevo contro gli stereotipi di genere, tremai alla scelta del colore rosa come rappresentativo delle nostre rivendicazioni e iniziai a dubitare sul livello di consapevolezza in merito a certe tematiche, tuttavia sponsorizzai ugualmente l’iniziativa insieme a diverse altre della Rete.
Poi arrivò l’annuncio dell’incontro di Siena. Una due giorni in una città lontana, che avrebbe comportato un onere economico e lavorativo non indifferente per me. Mi ponevo dei dubbi: come verranno coinvolte le persone che non potranno partecipare? A parte lo streaming e i soliti commenti al blog o alla pagina fb, infatti, non vedevo altri modi sostanziali di coinvolgimento.
Non del movimento ero perplessa, ma delle modalità con le quali stava nascendo. Non della mancanza di visibilità personale mi dispiaceva (mica si può invitare tutt* e poi noi blogger siamo abituate a lavorare nell’ombra e non è certo per il nostro tornaconto che facciamo attivismo), quanto piuttosto della mancanza di coinvolgimento della “base” di questo movimento. (…)
L’ultima cosa di cui questo neonato movimento spontaneo di donne (e di uomini) in Rete, cui anche ma non solo il documentario di Lorella aveva contribuito, aveva bisogno era qualcuno che ci mettesse sopra il proprio cappello, forte di una visibilità che alla rete era stata fino a quel momento pressoché sconosciuta.
(…)
Scrissi di nuovo al comitato SNOQ chiedendo come funzionasse il loro movimento, chi prendesse le decisioni e che tipo di dinamiche democratiche avessero pensato di instaurare per accogliere i contributi altrui e prendere le decisioni collettivamente, ma su questo punto non ottenni una risposta per me soddisfacente, se non che la cosa sarebbe stata argomento di discussione all’incontro di Siena. Spero che così sia successo.
Abituata alla filosofia collaborazionista del Web, credo che le rivoluzioni si facciano nei modi, oltre che nei contenuti: tanto piu democraticamente avverrà il cambiamento, tanto più esso sarà reale e duraturo.
Per questo motivo, credo che un movimento che non sappia coinvolgere democraticamente, attrarre e valorizzare le persone e le cose buone fatte fino ad ora non abbia futuro. E siccome in questo futuro ci siamo dentro tutte, la cosa mi riguarda.
(…)
A ottobre, Femminismo a Sud organizzerà un Feminist Blog Camp. Sapete cosa ha fatto come prima cosa? Ha aperto una mailing list per discuterne insieme, creando già una base – nel limite del possibile – allargata. Ecco, questo per me significa agire in una filosofia di Rete, dove non si è “protagonista del cambiamento donando anche solo un euro” ma partecipando attivamente attraverso il proprio personale apporto. (…)
Francesca Sanzo, scrive, tra le altre cose, su Donne Pensanti:
“(…) Da tempo si rifletteva con tutti loro (blogger e militanti online ndb) e altri sull’esigenza di trovare un collettore, una manifestazione corale, un modo per fare “massa critica” e diventare davvero rappresentativi. Poi è arrivata la Comencini, il sito sul suo spettacolo Libere Di Nuovo e successivamente il movimento Se non ora quando che il 13 febbraio ha convogliato il lavoro e il sentimento collettivo di disagio maturato in questi anni e lo ha portato in piazza grazie ai mezzi mediatici di cui dispone un gruppo che ha visibilità maggiore di quanto non possono avere i vari movimenti e associazioni “zittite” dall’anonimato. Quest’inverno, pur con tutte le perplessità, ero molto felice (…) Ora però – dopo questa due giorni senese – a cui ho scelto di non partecipare, le perplessità sono tantissime.
Perché il Movimento della Rete non è stato coinvolto nel processo decisionale e di obiettivi che ha portato a Siena? Perché si ignorano tutte quelle donne che fanno da tanto tempo ma non hanno la possibilità di dare rilievo alle proprie iniziative perché sono sostanzialmente ignorate dai Media? In che modo SNOQ si vuole fare portatore delle tematiche collettive? Perché scegliere una città difficile (cito un’amica che ho sentito recentemente e ha fatto un’analisi logistica davvero efficace) come Siena, dove una camera d’albergo costa ben oltre quello che si possono permettere le donne precarie italiane? (E ovviamente non penso alla Bellucci e Pandolfi che fanno le precarie nello spot di Se non ora quando ma alle precarie VERE, le tantissime che forse avrebbero potuto esprimere in maniera più vera ed efficace lo stato dell’arte italiano). Mi piacerebbe che il movimento Se non ora quando scendesse dal suo predellino e si calasse nella realtà reale delle donne e valorizzasse DAVVERO ciò che si sta facendo e sta succedendo. E non mi riferisco alla nostra associazione che esiste da ben poco, ma ai tanti che tanti anni stanno facendo e di cui i giornali, in questi giorni non hanno parlato. Il movimento delle donne italiane non è nato con uno spettacolo teatrale della Comencini, come qualche quotidiano ha scritto recentemente, il movimento delle donne è nato con le tante che si sono stancate di essere rappresentate in maniera granitica, con le riunioni nelle case, con le mailing list, con i post infuocati, con i video dirompenti, con i viaggi (AUTOFINANZIATI) in giro per l’Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi.
E se leggo un’altra volta la parola “rivoluzione” associata a “rosa” mi viene il vomito.
Noi tutti continueremo a fare nel silenzio, quanti volessero partecipare attivamente possono usare i canali che sempre proponiamo (nel caso specifico di DP per esempio c’è una community) o iscriversi alla mailing list di Femminismo a Sud per partecipare al FEM CAMP e elaborare strategie comuni, condivise ma rispettose delle diversità.”
Da una nota di una sorella su facebook:
“Quando la piazza reale si riempie, oggi nel 2011, non accade per caso, accade grazie alla rete. Quando gli Old Media ignorano, i New Media li scavalcano con la potenza che viene dal basso. (…) Quando famosi blog di donne portavano avanti campagne di sensibilizzazione contro l’uso strumentale del corpo delle donne e contro il sistema totale che zittisce e annulla le donne ad ogni livello, il movimento Se Non Ora Quando non esisteva. Quando centinaia di donne nella rete diffondevano pensieri e azioni in un rimbalzo continuo di condivisioni tra blog e social network, tra virtuale e reale, per la creazione di un nuovo immaginario collettivo sulle donne, il movimento se non ora quando non esisteva. (…)
Anche i Cyberstalker si sono resi conto di quanto sia potente questo mezzo luminoso per l’empowerment delle donne. (…)
Ed ora che esiste il movimento Se Non Ora Quando,
Chi ne sta parlando del web?
Che fine ha fatto tutto questo?
Vi rispondo anche: c’è, c’è ancora perchè c’è sempre stato ed è grazie alla piazza virtuale se la piazza reale si è riempita.
Cavalcare il fermento virtuale che diffonde conoscenza e consapevolezza, contagiando grazie alla sua velocità di fruizione, senza citarlo, nominarlo e proporsi come qualcosa che nasce dalla mente eccelsa di qualche nome famoso, e farsi interpreti illuminate ed esclusive non solo è una bugia, ma un grande, grandissimo errore.
Perchè è il modo migliore per ridurre la reale entità dell’agire quotidiano delle donne, che troppo spesso, a vanvera è stato definito inesistente o silente.
“il silenzio delle donne non esiste, esiste il silenzio SULLE donne.” (cit. di Mac, mia cara amica)“.
Francesca Conti dal giornale de L’Altracittà:
“Ma a stare in piazza (a Siena ndb) la sensazione è che la testa del movimento stia da una parte e il cuore da tutt’altra: la testa è quella degli ambienti romani vicini al PD, quella che fa sedere nelle prime file le parlamentari e cerca la trasversalità con le donne di Futuro e Libertà; il cuore è altrove e critica i partiti dando un forte segnale di continuità con il referendum e le amministrative. Il movimento sembra un contenitore dalla forma già stabilita dal quale il contenuto straripa non riuscendo ad adattarsi. Bastano pochi episodi per tastare il polso alla piazza: Rosy Bindi sale sul palco tra gli applausi ma viene coperta di fischi non appena dichiara che chiederà al PD “di ascoltare le ragioni delle donne”, Livia Turco riesce con difficoltà a portare in fondo il suo intervento perchè la platea invita a gran voce la parlamentare a ridursi lo stipendio, Giulia Buongiorno è accolta con curiosità e attenzione ma il pubblico non le risparmia l’appellativo fascista che lei incassa senza scomporsi da abile avvocato qual è. Le contraddizioni sono tante: gli applausi alla Camusso e quelli ad una militante che critica con durezza l’ultimo accordo unitario fatto dalla CGIL con Confindustria, la rappresentante delle Casa Internazionale delle donne di Roma, che sale sul palco dopo Giulia Buongiorno, indossa una T-shirt con la scritta Resistente, ci tiene a far notare le differenze con chi l’ha preceduta; le donne Notav sono presenti e viene chiesto loro di non mostrare bandiere e striscioni, non si perdono d’animo e utilizzano i propri corpi per dare visibilità alla loro causa, si scrivono Notav sulle braccia e sul volto. Non si arrendono e sono premiate dalla folla, che al solo nominare dal palco la Val di Susa e i valligiani, si lascia andare ad applausi a scena aperta, in segno di sostegno e solidarietà.”
Leggi anche:
Dalla pagina fb del blog http://amadridsimuoveunaltraitalia.wordpress.com/
“La lotta di classe è in atto e la borghesia femminile ne partecipa in pieno. A noi creare, rafforzare e mantenere le reti internazionaliste di un’altra democrazia possibile anche e soprattutto al femminile”
Siena, le donne e la puzza del rosa (altri interventi in rete) – Femminismo a Sud
femminismo-a-sud.noblogs.org
Ad ottobre cercheremo di esserci con la nostra voglia di prenderci cura della memoria fuori dallo spazio Italia, lì dove il racconto si fa invisibile ma curioso.
Adelante compañeras ¡No pasaran!
Elisabeth
Vi segnalo questo articolo, mi sembra interessante e si trova d’accordo con voi su molte cose.