Incontri. Pomeriggio assolato. Piazza piena di gente. Pare si tratti di una rivoluzione che cambia nazionalità a seconda dello Stato in cui avviene.
Oramai abbiamo preso l’abitudine di fare diventare patriottico/nazionaliste anche le lotte globali.
Rivoluzione uruguayana, rivoluzione messicana, rivoluzione marocchina, rivoluzione yemenita, rivoluzione spagnola, rivoluzione italiana…
Dire “Rivoluzione” e basta sembra troppo generico. Ci vuole una bandiera così siamo tutti più contenti.
Incontri di vario tipo. Una delle persone che incontro è esattamente come immagini un* compagn@ che tiene il pugno alzato anche mentre dorme. L@ vedo parlare con un’altra persona. Assisto alla discussione.
Come stai, così e cosà, il futuro è nostro, l’ora della battaglia è vicina, perché poi, sai, io ho la vista lunga, prevedo il futuro…
E’ quella categoria compagna che è dedita alla cartomanzia e alla lettura dei fondi del caffè. Sanno che tra vent’anni avranno il mondo in mano ma poi non ti spiegano come mai non sono riusciti a prevedere l’arrivo della celere con i manganelli in azione.
– E che hai fatto di bello?
– Abbiamo una discussione, con quelli di quell’altro gruppo là (c’è sempre un gruppo con cui avercela), perché sono infamoni, parlano troppo…
– Come i pentiti di mafia?
– Ma che c’entra… ci mancano di rispetto…
– In che senso?
– Perché noi, che si credono, abbiamo preso le botte dalla polizia…
– Wow, sono tutt@ eccitata@. Che virile che sei!
– Mi prendi per il culo?
– Naaaaa… cosa te lo fa pensare?
– Ma sei un po’ stronz@?
– Assolutamente si.
– Sei d’accordo con loro?
– Non li conosco nemmeno, ma non so cosa ci sia di eroico nel prendere botte. Per te fa tanto punti militanza, per me è semplicemente stupido…
Resta perpless@. Quell@ che indaga sullo stato di fedeltà alla linea dei compagni sta decidendo se quell’altr@ è il nemico o un@ che secondo il suo punto di vista rientra nella categoria dell’infamità. Fa roteare gli occhi, alza la voce. Reagisce male. Le sue certezze non vanno toccate. Sta bene così.
– Cioè, tu, se vai a una manifestazione e viene la polizia che fai?
– Provo a evitare le botte. Cerco di prevenire per non fare una brutta fine e non passare dei guai.
– Non li affronti?
– Scusa, ma ti sembro Rambo? Io tento di evitarli…
– Cioè scappi?
– Minchia, si.
C’è una risata di mezzo. Quell’altr@ è offes@.
– Se io ti dico di andare a sfondare un cordone tu non vieni?
– Neanche mort@! Anzi se so che hai queste brutte intenzioni a una manifestazione con te non ci vengo proprio.
Scuote la testa. L’offes@ assume una espressione di ribrezzo, lo schifo dello schifo. Proprio non si spiega tutto ciò.
Discussioni di questo genere non se ne vedono spesso e men che meno sono scambi ai quali si può assistere se gli interlocutori sono di sesso opposto.
Qui, vi prego di non immaginare una cosa per l’altra. Prendetevi un attimo, respirate a fondo e poi leggete.
La discussione si è svolta tra un lui è una lei.
Lei, una giovane compagna che ha acriticamente digerito tutto l’abc centrosocialista senza dargli una lettura di genere, è quella che da del vigliacco e dell’infame a lui, quello che dichiara di non voler essere rambo e di scegliere la fuga per sopravvivere alle botte.
Fatta salva la libertà di ciascun@ di lottare come gli pare, senza perciò doversi sorbire lezioni di machismo avanzate o giudizi sulla qualità della sua lotta, indovinate un po’ con chi mi sono schierata io?
per lui?