Per i prossimi giorni – a ridosso dei ballottaggi elettorali – pare siano annunciati in Italia un tot di appuntamenti di un gruppo che appoggia Democracia Real Ya, uno dei tanti gruppi spagnoli che animano la rivoluzione di piazza. C’è il blog, la pagina facebook, e tutto l’abc della comunicazione virale che serve a mettere in contatto persone che vogliono scendere in piazza.
In mailing list se ne parlava con scetticismo. Perchè in Italia dietro le presunte “apartiticità” normalmente si nascondono terzoposizionismi, travaglismi o donne filodiessine e vicine alla cgil (come è successo per il 13 febbraio).
L’autorganizzazione è sempre un bene, come nel caso della Spagna dove ciascuno è andato in piazza a rivendicare il futuro che immaginava per se’. In Italia di qualunquismi in qualunquismi si instaurano le dittature. Il popolo che elegge i premier, il popolo che vuole la lega, il popolo che vuole questo e quello e poi il popolo è sollecitato da chiamate alle armi che spesso sono funzionali a qualcosa o a qualcuno. Perciò scusateci se ne ragioniamo in pubblico. Ben liete di essere smentite se si tratta di spontaneismo “autentico”.
Non sappiamo chi siano le persone che organizzano queste giornate. Sulle loro pagine facebook leggiamo solo preferenze verso altre pagine di “Se non ora quando”, “Popolo Viola”, “Gruppi delle agende rosse” (travaglini legalitari), Beppe Grillo, qualche sigla affezionata al signoraggio.
Non sappiamo chi sono ma non ci piace il loro manifesto, con i colori della bandiera italiana (su sfondo nero), tema ricorrente in tutte le manifestazioni del centro sinistra (13 febbraio e primo maggio inclusi), a suggerire altri nazionalismi che dovrebbero immaginare patrie di lotte precarie che sono globali.
Forse è per questa ragione che in rete nasce un’altra pagina facebook, “Rivoluzione precaria in Italia“, con apposito blog, e apposito appello d’inizio che parla un linguaggio contrassegnato dall’antirazzismo che rifugge ogni nazionalismo.
Per quello che ci riguarda noi sicuramente aderiamo a quest’ultimo e al manifesto femminista che con poche e chiarissime parole dice una cosa sacrosanta: La rivoluzione sarà femminista o non sarà.