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Milano e l’opposizione culturale alternativa

A proposito delle elezioni, mentre come tanti di voi ascolto i risultati elettorali, mi viene in mente una cosa tra tutte: questa è anche la sconfitta delle logiche del Pd perchè vincono i candidati che alle primarie hanno superato gli uomini imposti dal vecchio Pd. Il Pd perde a Napoli, dove il candidato, tra primarie semitruccate, è praticamente stato imposto e si prende una rivincita De Magistris che secondo quello che dicono dovrebbe essere l’ala più sinistrorsa dell’Idv, il che cambia anche gli equilibri interni all’Idv.

Se è così è la sconfitta delle politiche inciucione, quelle in cui si impongono politici che considerano le città come feudi e che considerano la politica come un grande appalto sottratto alla democrazia tra leggi elettorali maggioritarie, trucchi e trucchetti che allontanerebbero dal voto qualunque persona di buon senso. E di contro è anche la sconfitta delle parole d’ordine delle donne del centro sinistra, quelle che noi contestiamo e critichiamo da sempre.

Sono felice che il candidato di Milano abbia dimostrato che parlare una lingua chiara e comprensibile, quella di sinistra, che rappresenta la gente per davvero e che non promuove nessuna caccia alle streghe, nessuna politica forcaiola, nessuna persecuzione dell’immigrato, che si impegna a non mettere in atto politiche della paura, sia quello che vuole la gente, al contrario di quello che il Pd ha fatto in tanti anni perdendo inesorabilmente tutte le elezioni.

L’altro aspetto che non emerge dalle notizie che state ascoltando è quello che è successo in sardegna.

Del referendum antinucleare in Sardegna non ne ha parlato nessuno.
E invece alla faccia della censura che stanno attuando da mesi già da ieri avevano raggiunto il quorum. Col passaparola. Con tutti i  partiti uniti (incluso il PDL sardo) e compatti nel chiedere e sostenere questo referendum. Incredibile. E con le amministrative in due sole città (Olbia e  Cagliari). La zona del Sulcis-Iglesiente (la più povera) si è recata in massa a  votarlo.
Ha vinto il SI’ antinuclearista ma a parte questo la cosa importante è che hanno vinto sull’intento fin troppo palese di annullare la sovranità territoriale.
E hanno vinto in condizioni proibitive visto che per essere valido doveva andare a votare almeno un terzo di aventi diritto e un terzo invece neanche più vive in Sardegna perchè è emigrato. Ciò significa che una buona metà dei sardi ha abbandonato la sedia e ha provato a vincere, inclusi i sardi con più di 70 anni a testa che non sapevano che fine avessero fatto le loro tessere elettorali.
Ha vinto il SI’ e quindi non costruiranno centrali nucleari e non porteranno scorie in Sardegna. O almeno non potranno farlo in modo legale a meno che non faranno un’altra leggina apposta per fregare la gente.
E bisogna che la gente sappia quanto è accaduto in Sardegna perchè chi ha messo il bavaglio ai sardi fino ad oggi tenterà di nascondere la notizia per paura che la gente nei referendum del 12 e 13 giugno possa seguire il loro esempio.

L’altra cosa che mi veniva in mente era la nostra antica proposta di manifestare a Milano, perchè se vuoi lottare contro una politica che ti sta uccidendo devi partire da lì.

Non siamo state in grado di coinvolgere tutte le persone che volevamo, non ne siamo state capaci, ma dall’altra parte abbiamo incontrato resistenze dovute ad assenza di disponibilità, a miopia e mediocrità da parte di chi vive la politica esibendo micropoteri, veti incrociati e una visione feudataria persino del movimentismo spacciata per radicamento territoriale.

Ci fu detto che al sud ci sono più problemi che al nord, come se questo fosse il punto, e giù con una sequela infinita di valutazioni mediocri da parte di chi evidentemente non aveva capito quale fosse la posta in gioco. E la posta, che evidentemente quelle che avevano avuto l’intuizione, non erano state in grado di comunicare, era la costruzione di una opposizione culturale che fosse alternativa al patriottico inno delle Snoq e ponesse le basi per un dibattito che si allontanasse dai toni e dai contenuti un po’ moralisti e un po’ giustizialisti imposto dal centro/sinistra.

Abbiamo provato a metterci una pezza, con la riuscitissima campagna sugli ombrelli rossi e sull’otto marzo. Siamo state in grado di spostare, non da sole, i toni e i contenuti del dibattito e siamo credibili perchè avevamo intuito le contraddizioni delle speculazioni delle direttore dell’unità e delle donne di partito prima che ne parlasse striscia la notizia. Perchè quella maniera di gestire la campagna antisessista ha semplicemente sovraesposto donne che nulla c’entrano con quei toni e con quelle modalità.

Nel frattempo i toni dei dibattiti diventavano sempre più impossibili da gestire. Veniva inibita la critica femminista in generale e per quello che ci riguarda veniva inibita anche in rapporto allo stesso movimento femminista. Tutto all’insegna del “fuori ci massacrano, perciò laviamo i panni sporchi in privato”. Senza capire che così facendo ogni nostra piccola libertà veniva massacrata. Persino quella di parlarci chiaramente tra noi. Senza capire che ricondurre a forza un dibattito alla dimensione e ai toni militareschi è una cosa sbagliata e in ogni caso noi non sapevamo di esserci arruolate e siamo sicure di non appartenere a nessun esercito.

Una parte del residuo movimento femminista ha abdicato un ruolo fondamentale e per fortuna ci pensano altre persone, altri movimenti, altre realtà a portare avanti una opposizione culturale e poi ci pensa la politica in senso più “partecipato” a compiere espugnazioni nelle espugnazioni affinchè nelle città almeno si realizzi quel clima culturale che consenta il dibattito, anche aspro, che non sia censurato dalla totale opera di delegittimazione da parte di nazisti leghisti e piddiellini che se vince la sinistra urla al golpe mentre loro vanno in giro a incutere paura (commento della lega: milano in mano all’estrema sinistra, abbiate paura!) e ricominciano la loro guerra estremista che evoca l’uso della violenza verbale e giornalistica contro chiunque si opponga loro.

Insomma, per ora va così e queste sono le prime cose che mi vengono in mente. Così di pancia. Perciò perdonate la schiettezza e il non politically correct.

Quello che mi viene in mente è che abbiamo bisogno di conoscerci e di comunicare, fuori dai denti, senza trucchi e fraintendimenti, per capire in che direzione andare e per capire chi sono le interlocutrici e gli interlocutori per la costruzione di una cultura che sia alternativa ai toni che non ci piacciono. Perchè si riesca a fare più dello splendido lavoro di tessitura che comunque noi facciamo da anni, alla ricerca di dettagli che coincidano in una opposizione per obiettivi vitali, che ci riguardano tutti, donne e uomini, perchè l’aria che respiriamo ci riguarda e c’è chi va alla conquista di due grammi di ossigeno senza capire che quell’ossigeno appartiene a tutti e non ci si può mettere una bandiera, non lo si può privatizzare, perchè ne abbiamo abbastanza di questa privatizzazione dello spazio pubblico, di questa arroganza nel furto di una dimensione che ci appartiene, dei mobbing e delle censure esercitate da chi non vede al di là del proprio naso.

Lavorare per obiettivi, senza concedere tregua al nostro senso critico. Lavorare senza sconti facendo sempre attenzione ai dettagli.

Non vi proponiamo un incontro, una assemblea, una iniziativa, perchè sappiamo che non vi piacerà solo perchè è stat@ qualcun@ di Femminismo a Sud a parlarne, ma sicuramente noi pensiamo di incontrarci, da qualche parte, per dirci quello che pensiamo e per riprendere un discorso che è necessario fare.

Se vi interessa capire dove andare – insieme – e che fare da qui in avanti c’è sempre la nostra mailing list dove qualcun@ darà inizio ad un thread che ragioni su questo.

Posted in Anti-Fem/Machism, Fem/Activism, Pensatoio, R-esistenze.