Freddo, spettacolo teatrale promosso dal Teatro Fondazione Emilia Romagna, è uno spettacolo che va visto. Non solo spargere la voce è d’obbligo, per un piccolo capolavoro del genere, condensato in un’ora e mezza di tensione e ansia, ma bisogna portarci i/le giovani, le scuole, perché questo sì che è vero teatro, vero teatro che non solo fa riflettere, ma ti entra sotto la pelle.
Freddo è la storia di tre giovanissimi neonazisti svedesi, che si riuniscono in un parco per festeggiare la fine della scuola, e che aspettano qualcuno. Bevono birre a litrate così come si bevono i discorsi a vicenda, tra sputi e rutti, parlando in un continuo flusso di coscienza – il discorso è confusionario, i tre si muovono facendo ginnastica su degli attrezzi come dei forsennati, parlano di tutto e di niente, e in quel parlare caotico, fa capolino di tanto in tanto la loro essenza di neonazisti: fuori gli stranieri dalla Svezia, ché ci rubano il lavoro. E così i tre si raccontano, e parlano ad uno spettatore che si perde nel vortice dei loro ragionamenti che sembrano non dire niente, ma che invece raccontano del loro modo di vedere il mondo, di sé, dei grandi piccoli drammi famigliari che si portano dentro. E dal parlare del rifiuto del non-bianco, a salutare col braccio teso poco ci passa, e così i tre, tra un wurstel, litrate di birra, movimenti forsennati nel bosco e sugli attrezzi, si vedono apparire chi aspettavano con ansia: Kalle, un loro coetaneo coreano, che dovrà fare i conti con tanto odio che sembra non trovare risposta se non in quei discorsi apparentemente senza senso di tre giovani neonazisti svedesi.
Freddo è un’opera svedese, scritta da Lars Norén, e tradotta in italiano a cura di Annuska Palme Sanavio; è uno spettacolo che vuole raccontare la tensione dei giovani di quel Paese apparentemente così diverso da noi e di cui probabilmente abbiamo un’immagine stereotipata, ma in realtà così simile al nostro ché, come cittadin*, corre l’obbligo di considerare quello di Norén un avvertimento. Non a caso ad un certo punto dei loro folli ragionamenti, i tre si fermano a parlare dell’Italia e di quanto questo sì che è un Paese veramente nazista.
Già, dell’argomento, ne aveva parlato ampiamente Stieg Larsson nella sua indimenticabile Trilogia Millennium, in tutti e tre i libri (ma soprattutto nel primo) il tema del nazismo è predominante. Tuttavia tra le cose veramente belle del teatro c’è la capacità di porsi e come specchio dello spettatore e come lucido avvertimento per qualcosa che sta per accadere anche di fronte agli occhi di chi è fino a quel momento solo spettatore/spettatrice.
Notevole, inoltre, la capacità di conciliare il teatro sperimentale (ai più naturalmente incomprensibile), con tematiche come la violenza riletta in una chiave di lettura prettamente politica.
Voto positivissimo per tutti e quattro gli attori, che con una biodinamica impeccabile nonostante la loro giovanissima età e la difficoltà fisica nel recitare uno spettacolo simile, si muovono sul palco con una naturalezza e una bravura che gli sono valsi un bel po’ d’applausi al Teatro Tor Bella Monaca di Roma.
—-> scheda di Freddo a cura del Teatro Fondazione
E’ bellissimo e comprensibile anche da chi , come me, di teatro non ci capisce un’acca. Fa rabbia pensare che non verrà visto nemmeno da un milionesimo delle persone che hanno visto Avatar (o un film simile) solo perchè non è paragonabile in incassi e giro di denaro ad un colosso cinematografico. La verità è che quei quattro ragazzi e quei quattro pezzi di scenografia valgono più di tutta la 20th Century Fox.
Spettacolo interessante soprattutto il giudizio sull’Italia che purtroppo non è solo un paese nazista ma anche molto arretrato culturalmente rispetto al resto d’Europa.( si pensi solo che non ci sono strutture e psicologi per aiutare gli uomini violenti)C’è ancora molto lavoro da fare.