Ci segnalano e volentieri condividiamo. Dal Laboratorio Sguardi Sui Generis:
In continuità con il percorso seminariale da cui è nato il laboratorio Sguardi sui Generis abbiamo deciso di proporre, anche quest’anno, alcuni appuntamenti seminariali. Il primo si è tenuto il 15 marzo, in collaborazione con il Cirsde: nostra graditissima ospite è stata la sociologa del diritto Anna Simone che ha presentato, nella prima parte dell’incontro, il suo ultimo libro :‹‹I corpi del reato: sessualità e sicurezza nelle società del rischio››. Al termine della presentazione c’è stato un dibattito molto interessante, a cui è seguita la seconda parte, strutturata intorno ad un workshop incentrato sui cosiddetti luoghi di sospensione del diritto (C.I.E., caserme…) in cui abbiamo analizzato insieme alcune ordinanze amministrative, strumento di governance territoriale, che Anna Simone sviscera in maniera estremamente approfondita nel suo testo.
L’incontro è stato denso di concetti, di contenuti e di un linguaggio non semplicissimi che la relatrice, secondo noi, ha avuto il pregio di saper rendere estremamente comprensibili, senza banalizzare. Inoltre ha saputo fare numerosi e chiarificatori esempi ed è riuscita a far comprendere quanto strumenti del diritto quali le ordinanze, ricoprano oggi un ruolo fondamentale nei processi di controllo sociale e quanto nelle società odierne sia avvenuto, per mezzo di questi strumenti, un oltrepassamento del penale. Questi dispositivi, infatti, disciplinano condotte che nella fattispecie non costituiscono reato: ovvero oggi viviamo la possibilità sempre più frequente, di essere puniti per ciò che si è e non per ciò che si fa.
Per il laboratorio è stato un momento estremamente formativo in quanto abbiamo costruito un vero e proprio percorso che ha portato all’incontro: dalla lettura e discussione collettiva del testo, agli interrogativi da porre all’autrice, alla ricerca attiva di ordinanze amministrative riguardanti il territorio torinese da sottoporre alle/ai partecipanti all’incontro per arricchire il dibattito.
Gli spunti sono stati molteplici, perciò di seguito pubblichiamo gli audio per chi non avesse potuto partecipare, per chi fosse interessato a riascoltare e/o a diffondere tra gli interessati/e…Questo contributo, dunque, non vuole essere tanto un report, quanto sottolineare alcuni aspetti che ci hanno colpito e sui quali intendiamo approfondire le riflessioni e porci nuovi interrogativi sulle trasformazioni delle odierne società “del rischio”.
Società così definite dal rischio percepito, e ancor di più, indotto, non dal rischio reale; interessante soffermarsi a riflettere che, secondo le statistiche, le città e le metropoli in cui viviamo sono sempre più sicure, nonostante si abbia l’impressione contraria per via delle continue campagne di allarmismo sociale costruite ad hoc e funzionali al disciplinamento dei corpi. Effetti delle politiche securitarie sono sia i C.I.E. che le ordinanze amministrative. Un altro luogo comune vede le donne come più insicure nei luoghi ad alto tasso di immigrazione, mentre i dati ISTAT mostrano come l’87% delle violenze di genere avvenga, invece, in famiglia.
Se la politica e il diritto avrebbero dovuto adeguarsi ai cambiamenti sociali “gestendo” i rischi e legiferando al fine di garantire la sicurezza dei cittadini, è evidente, invece, come questo trend abbia subito una torsione negativa per cui la sicurezza è divenuta in realtà “securitarismo”.
Ottica del testo in cui ci siamo ritrovate è quella di leggere congiuntamente sessismo e razzismo: l’intento è quello di analizzare i processi di soggettivazione sia per quel che riguarda i femminismi, sia per quel che riguarda le migrazioni, fuori da qualsiasi orizzonte vittimistico, al fine di spingersi più in là, per costruire una tematizzazione congiunta di fenomeno che producono sia i generi che le migrazioni, intese in senso vittimistico.
Durante l’incontro si è approfondito il ruolo del diritto in questi processi: oggi viviamo in una società in cui sia il diritto che l’economia sussumono fino in fondo il genere; il diritto disciplina le soggettività o giuridificando sulle istanze contro cui le donne si battono quotidianamente come la legge 40, l’obiezione di coscienza legata alla retorica sulla vita…Oppure non interviene affatto, come nel caso delle coppie di fatto o della precarietà negli ambienti di lavoro sempre più femminilizzati. Si può affermare che nel momento in cui il diritto lavora sulle donne, in realtà lavora contro le donne o non risponde alle aspettative dei mutamenti sociali contemporanei.
Nel diritto un processo che merita senz’altro una riflessione è l’attribuzione di status attraverso cui si istituiscono dei diritti differenziali, di serie B rispetto a quelli fondamentali che dovrebbero darsi sulla base dell’uguaglianza. Nel momento in cui il diritto si occupa di status perde la sua funzione originaria che era quella di garantire diritti per uguaglianza, non sulla base delle differenze.
Oggi ad esempio se l’essere lesbica viene accettato dal senso comune, viene però accettato come un corpo minoritario rispetto a quello normale che è quello riproduttivo; il diritto in questo caso si occuperà diqueste soggettività ma solo in quanto vittime e impone paletti ben precisi da non oltrepassare in alcun modo chiedendo di essere trattati al pari di altre soggettività quindi divieto della possibilità di adozione, di matrimonio ecc.In questo modo si costruiscono degli oggetti e non dei soggetti di diritto. Assistiamo a veri e propri processi di desogettivazione, il potere sussume nella misura in cui si diventa vittime.
Ci chiediamo se questo processo non possa essere valido anche al contrario, ovvero se il diritto parallelamente possa costruire soggetti nuovi, soggetti di diritto come nel caso della retorica sulla vita e, nello specifico, dell’embrione che ormai sembra aver più diritti delle donne incinte. Come esempio si possono prendere le associazioni che si occupano della sepoltura dei feti…
Ci chiediamo anche se la strumentalizzazione del corpo femminile per legittimare i dispositivi securitari, non sia funzionale al fatto di differenziare le donne a seconda delle loro condotte sessuali e dividerle in donne “perbene”, tutte potenziali vittime di aggressioni, e donne “permale” colpevoli di aver invece provocato o adescato chissà chi. Di questi tempi sono sotto gli occhi di tutti i numerosi esempi in cui, nei casi di violenza di genere, si indaga in maniera anche molto violenta la condotta delle vittime e ci ritroviamo nell’interrogativo posto provocatoriamente da Anna Simone citando Processo per stupro: forse si fa così anche nei casi di rapina? Ci si chiede se il rapinato può essersela andata a cercare in qualche modo?
Ancora una volta ci sembra di essere in presenza di una doppia morale che vale solo per determinate soggettività e che tenta di rimuovere il peso delle differenze di potere nell’affrontare le vicende mediaticamente. E allora si parla ancora di donne consenzienti come nel caso della giovane donna stuprata nella caserma al Quadraro (come se si potesse essere consenzienti in una situazione di privazione della libertà, di fronte a diversi uomini in divisa) o si assiste alla messa in discussione della credibilità di una donna migrante che accusa un ispettore del CIE in cui è rinchiusa, di averla violentata. Impossibile non condannare l’uso strumentale che si fa durante il processo, della non padronanza della lingua italiana da parte della vittima, non le si riconosce affatto come un ulteriore terribile sforzo il fatto di doversi esprimere in una lingua che non è la sua, ma anzi viene usato contro di lei, per minarne ancora una volta, la credibilità. Dall’altra parte si fa di tutto per riabilitare la credibilità degli aggressori e descriverli come integerrimi.
Per noi questo incontro ha avuto il maggior pregio nel saperci dotare di una sorta di cassetta degli attrezzi con cui osservare e scardinare in maniera consapevolmente di parte alcune dinamiche di potere che interessano la realtà in cui viviamo, per farlo scegliamo consapevolmente di non essere disciplinate.
Segnaliamo anche questo articolo di Sonia Sabelli che ci sembra in continuità con molte delle riflessioni fatte dal laboratorio:
Ascolta gli audio dell’incontro:
la presentazione di Anna Simone