La giornalista della televisione pare un incrocio tra una presentatrice di una sfilata di moda e un’altra di un festival paesano. Ecco a voi un aereo in volo. Eccone un altro. Ecco che parte quello con la linea leggiadra. Guardate che profilo e che rapidità. Guardate che miracolo di bellezza. Lucido da fare schifo. L’hanno lavato con lo sputo. Lustrato dall’esercito dei lustratori che dopo tre stellette c’hanno la goccia come contrassegno.
Guardate che bellezza, come si muovono rapidi. E nel frattempo mi piacerebbe assai fare la telecronaca di un missile che ti si pianta sulla cavità ascellare, cretina che non sei altro. Perchè ogni volta che si “alza in volo” una bestia da quell’aeroporto dopo neanche un attimo la sento arrivare sopra casa mia. Perchè volano bassi questi incoscienti e sento i vetri della camera tremare come se esplodessero mille tuoni uno dietro l’altro.
E sono più che certa che se i “nemici” cercheranno di centrare quella base sarà casa mia a farne le spese. Allora vorrò vederti, giornalista con il diploma preso per corrispondenza, con il tuo labbrone rifatto, le sopracciglia tanto alte che toccano l’attaccatura dei capelli, la tua parlata giubilante, i trentadue denti a cercare lo scoop nella morte altrui.
Vorrò vederti, avvicinarti a chiedermi “come sta vivendo questo momento”? O un’altra delle tue domande idiote. “Come si sente”… e come cazzo vuoi che mi senta, razza di stordita: arrabbiata mi sento, perchè quando abbiamo saputo che c’era una base qua dietro e un’altra a destra e altre due a sinistra e dieci altre più in là e il centro radar poco distante, con la benedizione di mafia, chiesa e graduati di mezzo mondo, c’era venuto in mente che forse avevamo sbagliato isola, perfino nazione.
Faranno il tiro a segno con la mia pelle e ancora sento quella scema che in televisione continua a emettere squittii perchè un altro aereo militare ha fatto una scorreggia. E vieni qui, bella mia, che ti faccio vedere come la guerra rende più bella la pelle. Meglio che un centro estetico. Ti si immobilizza l’alzata sopraccigliare e ti si paralizza la faccia meglio di un lifting. Vieni qui che te la faccio io la cronaca di guerra, vieni con me in trincea a combattere contro l’idiozia di chi dichiara guerra mettendo a disposizione “le nostre basi”.
“Nostre” un corno. E’ il mio culo che hai messo a disposizione e neppure me lo hai chiesto.
Voglio una paga adeguata di quelle che sapete voi con le damine che vanno a bunga bunga. Che a me nessuno me le da’ settemila euro per aiutarmi a cambiare vita se mi esplode il mondo intorno.
Ma tanto che gli frega. Siamo carne da macello. Ieri eravamo utili a portare allegria, oggi a fare le dame patriottiche che espongono la bandiera (a proposito, quale?) ogni volta che dall’alto ci arriva una caccola di jet supersonico, domani saremo le vedove piangenti a raccontare le conseguenze di una guerra.
Di questo passo il ponte sullo stretto si farà in fretta. Sono questi gli anni più fruttuosi in assoluto. Ce l’avremo a fine anno di sicuro. Un ponte. Un ponte di minchiate.
Leggi anche:
Chi ha deciso che siamo in guerra?
La guerra in Libia e il centenario dell’invasione coloniale italiana – di Marginalia
Libia: alba dell’odissea? Ma la guerra è un’odissea senza fine