Lotta, dalla nostra mailing-list, ci manda un altro bellissimo report della giornata dell’8 marzo a Pisa.
Buona lettura!
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Quando arriva l’ora della Street Parade, l’8 marzo è quasi concluso.
E’ stata una giornata densa di eventi e di emozioni, costruita attraverso un confronto di voci molteplici, a margine della quale mi prendo lo spazio di un pensiero.
Sono abituata a vivere la politica in maniera razionale e riflessiva, eppure lavorare nel Comitato mi sta relazionando con un modo di raccontarsi per progettare, ripartendo proprio dalle nostre soggettività, che non può prescindere da un aspetto emotivo, ma che lo integra nell’articolazione di un progetto: è un sentire insieme che si traduce anche in (buona) pratica politica.
Mettersi a nudo collettivamente, iniziare da noi e dalle nostre esigenze e ascoltare storie che sono spesso lontane dalla nostra esperienza (siamo almeno tre generazioni diverse di donne e uomini, con identità, provenienza, percorsi, appartenenza e problematiche differenti) non è semplice, almeno per me che ho studiato l’autocoscienza senza viverla e se e quando l’ho abbracciata è stato in collettivi piccoli, con una grande omogeneità di persone che ne facevano parte.
Ci troviamo a narrarci e contaminarci, in modo del tutto spontaneo e non programmato: è molto forte in un senso positivo e mi destabilizza. In parte perché, in un’epoca ferocemente individualista, in cui il cinismo è norma, risulta insolito (ri)scoprirsi, ma forse soprattutto perché dal confronto emergono tanti quesiti su cui è inevitabile soffermarmi mentre torno a casa dopo un’assemblea e questo mette in crisi- nemmeno in una maniera del tutto volontaria- una serie di strutture, di convenzioni, anche di proiezioni solipsistiche che sono profondamente radicate in me e che nemmeno sapevo di avere.
Così, mentre finisce l’aperitivo al grido di ciò che vogliamo, mi ritrovo a fare un bilancio della giornata, in cui penso anche che, al di là della partecipazione, dell’informazione che siamo riuscit* a passare oggi a Pisa, alle sue svariate facce e piazze, quest’otto marzo è stato di lotta per le premesse di cui ho scritto e questo per me è il risultato più importante, per creare dall’interno, in modo
totalmente orizzontale, un cambiamento di realtà.
Fa freddo, ma siamo lo stesso in tant*, mascherat*: è la Giornata Internazionale delle Donne e anche martedì grasso, di una quaresima di austerity che dura più di quaranta giorni l’anno e che ci troviamo a scontare in tutte le stagioni. Rovesciamo il nostro desiderio nel mondo alla rovescia, siamo assunt* con contratti a tempo indeterminato, amministratori pubblici e industriali che abbracciano politiche sociali, preti che distribuiscono manate di profilattici e benedizioni improbabili, ginecologhe non obiettrici, donne autodeterminate ed embrioni che non sono persone, donne e uomini che sovvertono beffardamente i ruoli e le vesti di genere preconfezionate ed anche escort che ridono del loro ruolo a bordo di auto
di cartone.
La parata carnevalesca, irriverente, ridanciana, danzante sulle percussioni dei Sambalordi, è una liberatoria sovversione di tutte le regole, le leggi e i divieti vigenti durante tutto l’anno, il trionfo di una sorta di liberazione temporanea dalla verità dominante e di abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle norme e dei tabù. Un’unione grottesca di elementi opposti, di corpi normalmente separati dalle gerarchie extracarnevalesche, che- mascherati- convivono: liberi di toccarsi, avvicinarsi, confondersi nel superamento dell’isolamento.
Il riso corale che ne scaturisce sbeffeggia la realtà in cui viviamo, ma allo stesso tempo mostra una prospettiva diversa, ci permette di oltrepassare i ruoli di genere e scardinare le nostre stesse paure: ridiamo anche di noi stess*mentre prendiamo a braccetto il Babau che più ci spaventa. Con quell’asprezza carnevalesca che, pur permettendoci di volgere uno sguardo al futuro incompiuto, ha chiaro il pesante presente.
È l’epilogo di una giornata intensa di lotta, una sorta di metafora del nostro stesso desiderare: è libertà, autodeterminazione e solidarietà. Proseguiamo. Determinat*, ballando, sulla strada che stiamo costruendo insieme.
Lotta
verso gli stati generali e oltre….
dall articolo dell unita e sul sito SNOQ:
http://www.unita.it/donne/donne-fare-subito-br-gli-stati-generali-1.276266
“la sala dell’Ambra Jovinelli è affollata. La gran parte è reduce da una giornata di manifestazioni. A piazza Vittorio, con il comitato “Se non ora quando?” o al corteo delle donne in rosso. La platea non si sottrae al dibattito.”
mi domando quanto ci sia di vero in questo articolo. nel senso è vero che le donne in rosso (ma quale rosso?) erano li a discutere? (a me risulta che erano a manifestare, nelle vie di Roma). E comunque al se non ora quando… sicuramente ci sarebbe da aggiungere COME.
Grazie
Cristiana