Gena ha proposto una discussione nella nostra mailing list a proposito del sessismo nei movimenti. Ne è venuta fuori una discussione interessantissima e così ecco una sintesi del dibattito da condividere con voi affinchè continui anche qui sul blog.
Il video che vedete sopra, tradotto in italiano per noi, è ripescato da due vecchi post [1] [2] dedicati ad una azione antisessista che alcune compagne hanno realizzato all’interno di una conferenza anarchica per denunciare il sessismo nel movimento. Buona lettura!
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*Non c’è modo migliore per ignorare un problema, di negarne l’esistenza.*
di Gena
Questa frase potrebbe calzare a pennello se si parla di sessismo nei movimenti di lotta.
Nonostante le differenze e le istanze specifiche dei diversi movimenti, il sessismo è un comune denominatore all’ interno delle dinamiche e delle relazioni, sebbene spesso non si fatichi a definirsi *antisessisti *ed * antiautoritari.*
Sarebbe interessante riflettere sul perchè movimenti e realtà che si deifiniscono antisessisti, ripropongano poi al proprio interno meccanismi e atteggiamenti fondati su piu’ o meno implicite discriminazioni e autoritarismi.
Forse è una “questione” che viene comodamente accantonata perchè l’antisessismo implica impegno e il mettersi in discussione anche intimamente e non tutti sono disposti a farlo per cui la maggiornaza fa finta di niente, molto meglio negare il problema, che affrontarlo.
Forse si sta perdendo sempre di piu’ il significato ed il senso dell’ * orizzontalità*, e nel nome della praticità, della concretezza e della specificità delle situazioni e dei contesti di lotta, si accantonano e sminuiscono sempre di piu’ principi, metodi e atteggiamenti che permettano un reale abbattimento delle gerarchie e delle discriminazioni.
E forse, non sarà un caso che sessismo e autoritarismo sono atteggiamenti che vanno sempre piu’ spesso a braccetto, e spesso la causa dell’allontanamento e del distacco di chi non è disposto a condurre una lotta al fianco di chi non intende abbattere le gerarchie di genere.
Ancora oggi il sessismo viene considerato un “problema minore”, secondario, non prioritario rispetto alle lotte che si portano avanti, e si pensa che sia sufficiente infilare da qualche parte la parolina “antisessisti” per aver reso giustizia alla questione, piuttosto che intraprendere un reale percorso di riflessione e di cambiamento.
La mancanza di consapevolezza politica e anche l’ignoranza su tanti aspetti, porta la maggior parte delle persone ad accettare come normale che ci sia qualcuno, quasi sempre maschio, che parli, decida, agisca per conto degli altri.
E cosi’, spesso a decidere sono maschi, a parlare pubblicamente sono maschi, le opinioni che contano e che vengono prese in considerazione sono quelle maschili, gli atteggiamenti sono impregnati di autoritarismo, gli stereotipi di machismo, commenti sessisti “*sono solo battute, non te la prendere…”*, e ci si divide tra chi questi atteggiamenti li considera normali e fisiologici e chi invece li denuncia, col rischio di venir il piú delle volte esclus* .
In alcuni ambienti dell’antifascismo, si sprecano i luoghi comuni sessisti,atteggiamenti omofobici, e stereotipi impregnati di machismo.
Lo stesso vale per gruppi antispecisti che ripropongono uno stereotipo di liberatore di animali fortemente connotato con caratteri di machismo e militarismo.
E mentre ci si prodiga vicendevolmente a rimproverare gli altri movimenti di non prendere seriamente in considerazione le proprie istanze, non ci si accorge di quei fili conduttori e di quei denominatori comuni che accomunano tutt*, nei metodi e nei modi di relazionarsi.
Ci sarebbe allora bisogno di una maggiore presa di consapevolezza politica e una ribellione dall’ interno dei diversi movimenti che porti finalmente a galla l’ipocrisia del definirsi antisesissti pur sminuendo il sessismo, considerandolo una questione minore, svilendone la portata politica con atteggiamenti, scelte e dinamiche quotidiane.
scrivete a Libertaria, come mai nel collettivo redazionale ci sono solo uomini?
Un nome su tutti: Rosi Braidotti.