In questi giorni c’è davvero tanto materiale da analizzare per riuscire a comprendere i meccanismi della comunicazione fascista. Giochi di inversioni semantiche, sfacciate adesioni a posizioni indifendibili, Sansonetti che dopo aver parlato bene di neofascisti e squadristi ora si schiera dalla parte del padrone e contro i magistrati (parla addirittura di golpe). Ma vabbè, parlare di Sansonetti è come sparare sulla croce rossa.
La comunicazione fascista si gioca tutto su questo. Usare frasi, slogan, codici di comunicazione della sinistra e rivoltarceli contro. Parlare di cose vecchie e dire che sono tanto nuove. Fingere complessità quando invece tutto è estremamente semplice. Perchè la complessità risiede in chi ha onestà intellettuale e chi fa politica di revisionismo e restaurazione di autoritarismi manca di questa preziosa qualità.
Un esempio del trasformismo, delle metamorfosi dei personaggi della destra lo avete visto ieri sera ad Annozero. La Santanchè, prima donna dell’esercito della salvezza, che accorre a strappare il velo alle donne musulmane, sguaiatamente in difesa di una lesione dei diritti delle donne al punto di incrinarne la credibilità chiamandole “pazze”.
Dall’altro lato c’erano quelli che solitamente se ne fregano delle donne e che le intervistano solo quando dichiarano di essere state a letto con berlusconi previo pagamento. E poi c’era La De Gregorio che personalmente ritengo al servizio degli uomini di partito, pronta a scatenare l’ira per l’offesa subita dalle donne quando c’è da motivare il senso di una opposizione politica che non trova senso in nessun altro tema di disagio sociale.
Sostanzialmente sembra di destra anche lei, perchè non vedo come sia plausibile per una donna di sinistra dare il via al linciaggio pubblico delle prostitute stabilendo a priori che c’è una grande differenza tra loro e tutte quante noi. Alimentando misoginie, come quelle che alimenta oggi Repubblica con una lettera della Bongiorno, la quale almeno ha l’attenuante di non essere membro del Pd.
La De Gregorio torna in difesa dei padri italiani, quelli che non manderebbero mai una donna a vendersi al maggior offerente per contribuire al mantenimento familiare, dimenticando che il retaggio che ci portiamo dietro e che mai è stato abbandonato è quello di clan familiari dove le figlie vengono ancora educate per trovare un buon partito. Dove manca poco che le figlie si vendano per una decina di cammelli e dove l’assillo principale dei padri è di accumulare, tenersi stretti i beni, ripudiare le donne di famiglia quando qualcuna di queste ha osato rimettere in discussione l’autorità paterna. Per non parlare poi della grande quantità di padri violenti, proprietari dei corpi delle figlie, e violenti anche con le mogli.
C’è da capire dunque da dove la De Gregorio abbia preso questa informazione statistica sulla pulizia morale degli italiani e da dove abbia preso l’informazione circa i diversi valori, a parte i soldi e l’apparire, con i quali sono state educate le ragazze dai padri.
Non abbiamo mai letto da nessuna parte nessuna lamentela da parte di Concita quando altri quotidiani crocifiggevano le madri per le aspirazioni opinabili di talune ragazzine. E’ dunque più semplice prestare il fianco ad una società patriarcale che ancora nasconde il fatto che le famiglie NON sono saldamente tenute in piedi dall’autorevolezza dei padri?
In quanto alla Bongiorno mi sembra che il suo sia il lamento che ascoltavo frequentemente da parte di maschi misogini e invidiosi quando la bella ragazza all’università prendeva trenta all’esame mentre loro a malapena beccavano un 18.
La letterina sulla difficoltà di raggiungere posizioni di rilievo nonostante la fatica me l’aspetto da una persona che non è diventata popolare dopo aver difeso l’onorevole Andreotti. Brava, per carità. Abbiamo anche scritto che è in gamba. Sicuramente preparata. Sicuramente meritevole di qualunque incarico a prescindere dalle diversissime posizioni politiche che ci dividono. Gode di tutta la nostra stima. Nessuno le ha regalato niente. Ma non potremmo dire di poterla prendere ad esempio per una totale allergia a quelle scelte professionali che sebbene siano neutre rappresentano comunque a nostro avviso una sorta di schieramento di campo.
Perchè quando noi immaginiamo la difficoltà di fare carriera, di trovare un lavoro, la verifichiamo non tanto per via di quella bellissima donna che ottiene delle attenzioni per nulla invidiabili, ma per quell’altra donna o quell’altro uomo che hanno ottenuto un posto di lavoro perchè sono iscritti all’Opus Dei. Perchè ci sono molti modi di ottenere dei vantaggi per adesione a dei contesti che sicuramente hanno più di altri accesso a posizioni di potere.
E se facciamo il conto delle persone, e non stiamo più parlando di nessuno in particolare, che hanno avuto lo stomaco di cambiare parere, posizione politica, opinione, per fare carriera, diciamo che siamo noi a sentirci offese perchè nonostante la fatica quotidiana, nonostante la coerenza, nonostante siamo assolutamente convinte che le persone dovrebbero avere pari opportunità a prescindere da posizioni politiche o religiose o di altro genere, viviamo ai margini, nella precarietà. La precarietà che è riservata a chi non presta la propria penna, professionalità, competenza e i propri pensieri a nessuno.
Lo diciamo da siciliane, con tutta la consapevolezza e il peso delle scelte che abbiamo fatto per restare lontanissime da contesti discutibili. La mafia, i poteri ecclesistici, le lobby di vario genere. Scelte che abbiamo pagato e che ancora oggi ci costano fatica. Perchè la grande difficoltà per tante donne e tanti uomini, non è solo quella di subire la discriminazione sessista da parte di chi ti molesta, ma soprattutto di subire la discriminazione personale e politica dovuta a chi fa clientelismo, a chi lo sfrutta, a chi fa e fruisce delle raccomandazioni, a chi sistematicamente ti dice che faresti bene a tenere la bocca chiusa perchè è bene avere amici e amici degli amici e non esprimere mai un parere, una posizione. Ed è in questa assenza di schieramento, in questa mancanza di libertà che si realizzano tanti ricatti, embarghi economici. Per tanta gente che non può dire quello che pensa per paura di perdere il posto di lavoro. Tanta gente che reprime la frustrazione e la rabbia e che poi viene sfruttata da chi usa quella frustrazione e quella rabbia per strumentalizzarle e incanalarle verso quelli che saremmo legittimati a definire nemici. Vittime dell’assenza di libertà di parola e di pensiero e vittime della strumentalizzazione di gente che usa la nostra rabbia per linciaggi oggi contro gli stranieri, domani contro berlusconi.
E sfido a dare la prova di forza della quale siamo dotate noi nel non cadere in questi tranelli. Nel non farci strumentalizzare mai e nel chiarire a noi stesse e agli altri che non accettiamo di fare parte di nessun clan, di nessun branco per avere un posto di lavoro chè rivendichiamo e basta.
E tornando dunque a parlare di comunicazione fascista, a proposito di quelli che mettono la propria penna a servizio dei potenti (sono meglio o peggio delle escort?) vorremmo fare una sintesi attraverso una carrellata di immagini tratte in differenti momenti dalla home del quotidiano online “Il Giornale”.
Questi sono articoli freschi di giornata. Li troverete sicuramente ancora sulla home del quotidiano. Nel primo si stigmatizza l’uso del corpo delle donne da parte della direttrice dell’Unità in occasione della promozione del giornale. L’articolo mette assieme incoerenze e contraddizioni e sfrutta tutto ciò per mettere in discussione la campagna fatta da l’unità contro berlusconi.
Uso dell’immagine a parte, e uso delle donne ogni volta che c’è da fare campagna elettorale per il pd ergendo quel partito a valoroso cavaliere dalla splendente armatura in difesa delle donzelle indifese, argomenti sui quali, purtroppo, siamo d’accordo con chi ha scritto l’articolo, per il resto vedete lì espressi tutti gli argomenti neomaschilisti, di giustificazione e assoluzione verso chi fa uso dei corpi delle donne.
Il secondo articolo è del pro-life giuliano ferrara, che ricordiamo per la sua fallimentare campagna elettorale contro l’aborto e che oggi riscopre il suo ateismo e la sua laicità bollando come sermoni tutti gli interventi contro le abitudini di berlusconi. E se di deriva moralistica parliamo noi resta sicuramente più credibile rispetto a chi usa parole di sinistra per difendere un uomo con grandi rapporti con i comunisti russi che ancora racconta balle sulla presenza di bolscevichi nell’opposizione italiana.
Vorremmo ora illustrarvi solo alcuni tra i tanti esempi possibili di uso delle donne da parte del quotidiano Il Giornale. La strumentalizzazione è politica, presenta incongruenze a tratti esilaranti e svela la faccia autentica, moralista, bigotta, quella alla ricerca del decoro di stato, quella che auspica il controllo dei corpi femminili, che ne impone la moralizzazione e che le consegna alla “protezione” di esseri superiori per sottrarle ai cattivi. Manca qualche schermata su quel meraviglioso esempio di civiltà che è stata la campagna per la “castrazione chimica”, o quella contro i rom. Tutto sempre in nome delle donne. Ed è con grande convinzione che se diciamo che l’Unità e Repubblica fanno un uso strumentale delle donne, Il Giornale e Libero (per non parlare della Padania) ci stuprano quotidianamente costruendo sui nostri corpi una propaganda di legittimazione per un regime autoritario che alle donne toglie qualunque diritto e qualunque libertà e che dalle donne pretende esclusivamente silenzio e complicità ogni volta che rivelano la loro condizione di disagio in Italia. Come dire che sono tanto bravi a parlare delle sofferenze delle donne infibulate, quelle lontano da qui, ma impongono omertà a quelle che vivono in questa terra disgraziata. Godetevi la carrellata.