Ed ecco qui uno dei motivi fondamentali per cui ci lamentiamo. Lo ha scoperto perfino l’Istat che a sud le donne non lavorano per il 36 %. Quasi la metà. E conoscendo la situazione reale, compresa quella in cui le donne “casalinghe” o quelle in cui il marito usa le donne come prestanome per professioni di vario genere che poi è comunque lui, pieno di debiti, talvolta accusato di qualche crimine, a svolgere, direi che le donne, almeno quelle del sud, sono disoccupate e dipendenti da famiglia e uomini in numero altissimo.
Ciò si traduce nel fatto che esiste una emergenza occupazione per le donne. Esiste una emergenza che parla di assenza di autonomia, di dipendenza dagli uomini violenti, che schiavizzano le donne a costo zero. Esiste una emergenza che diventa assenza di alternativa, povertà reale, per ogni donna che sceglie di non dipendere da famiglia e da un uomo e che paga duramente quella scelta.
Moltissime di queste donne sono sole, qualcuna ha figli, forse si è separata da un uomo violento, ed è stata punita per questo. Perchè ho conosciuto tante donne che sfuggendo alle convenzioni sociali, mettendosi contro il clan familiare dell’uomo o il proprio comunque viene colpita da un embargo economico che diventa un ricatto sulla sua testa. Ed è così che per il bene di un figlio alcune donne si piegano a tornare all’ovile mentre altre, quelle che restano in trincea a combattere e resistere vengono penalizzate in ogni modo possibile.
Nessuno le aiuta e l’alternativa che viene posta è quella di qualche lavoro al prezzo di una molestia sessuale da parte del datore di lavoro, perchè una donna “senza marito” in molti posti è ancora terreno di conquista, terra di nessuno, una colonia sulla quale puoi piazzare una bandierina, un territorio da saccheggiare.
E’ una delle prime cose che ho capito quando ho cominciato a guardare il mio mondo con gli occhi di una donna cosciente di appartenere ad un genere discriminato.
Le donne sono costantemente minacciate e non a caso la minaccia più frequente, accanto a quella che parla di morte fisica, è quella che parla di ricatto economico. Se non obbedisci: tuo padre, marito, parente ti dirà che non ti da più un soldo, che puoi andare a fare la puttana (come se quello che ti chiede di fare fosse un altro mestiere), che non ti pagherà gli studi, che se vuoi qualcosa dovrai chiederglielo “per favore”. La situazione è chiara. E’ una monarchia. Lui è il re e voi siete soltanto le schiave, che dormono nei sotterranei, senza diritto di pensiero e parola, che vengono addobbate a festa quando devono svolgere un ruolo decorativo e quando devono aiutare l’uomo a mostrare al mondo la sua idea fasulla di famigliola del mulino bianco.
Le donne del sud tentano davvero una emancipazione. I genitori più avveduti le fanno studiare. Talvolta studiano con propri mezzi, facendo tre lavori mentre danno gli esami. Faticando il triplo rispetto a tanta altra gente. Immaginando che una laurea possa diventare una promessa di futuro, mentre nel frattempo le insegnanti meridionali vengono respinte al mittente dai regolamenti razzisti delle regioni del nord che fissano un tetto sulle assunzioni di persone non “del luogo”, mentre la scuola diventa una impresa buona per gli speculatori, mentre le imprese licenziano soprattutto donne, mentre la mobilità europea dele donne, soprattutto quelle meridionali, che cercano un lavoro è fortemente limitata.
E’ la piena realizzazione del progetto patriarcale, quello che vuole le donne a casa a fare figli e ad avere cura del marito. Di quelle che non sanno cosa farsene di questo progetto arcaico nessuno tiene conto.
Ancora oggi, nel 2010, quasi 2011, dobbiamo leggere di progetti risarcitori di maschi mollati dalle mogli, perchè violenti, meschini, brutte persone che nella vita sanno soltanto dominare e odiare, mentre le donne che sono in grado di farlo, per fortuna, progettano una vita differente, libera da relazioni in cui il vincolo con un partner diventi la limitazione a tutta la sua vita futura.
Lo dice un’altra statistica che racconta che le donne, a Milano, decidono in moltissime di fare un figlio da sole, senza citare il padre, alla faccia di quella schiera di piagnoni che lucra sulle nostre tasche facendosi mantenere con finanziamenti pubblici in nome della causa della lobby dei padri separati.
Tra loro parecchie persone disturbate che nei forum maschilisti accolgono questa notizia come una sfida personale. Anzi c’è perfino qualcuno, più troglodita degli altri, che immagina di dover obbligare le donne a vincolarsi ad un maschio perchè i figli educati dalle femmine sarebbero destinati all’apocalisse.
Bisognerebbe chiedere allora come mai quello che troppi padri hanno portato nelle famiglie è violenza e crudeltà e come mai la maggior parte dei figli, che un maschio sulla carta ci sia o meno, sono comunque cresciuti e mantenuti dalle donne.
Ma questo riguarda le competenze più proprie dei disturbi della personalità. Noi ci occupiamo di politica e di problemi sociali e ci spiace davvero che al sud, invece, ci sia tanto poco la possibilità per le donne di crescere un figlio senza dover dipendere economicamente da nessuno. Perchè che il padre sia presente o meno, troppo spesso la sua presenza è assolutamente inutile e diventa solo un limite per la vita di ciascuna.
Noi lo sappiamo. Voi lo sapete. E lo sanno anche i nostri figli e le nostre figlie. Purtroppo.
La questione seria è che senza un reddito per le donne non c’è emancipazione e senza emancipazione non c’è possibilità di sfuggire a situazioni di violenza. Le donne non vogliono essere assistite. Vogliono lavorare ed essere indipendenti. Chi progetta la società in modo da lasciarle oppresse, schiave e vincolate alla dipendenza le vuole ricattabili, vulnerabili, senza difese rispetto a situazioni di violenza, e talvolta le vuole anche morte.
Le donne muoiono perchè chi progetta il welfare ne è responsabile. Questa è la verità da dire con forza. Questa è l’unica verità che dalla bocca dei nostri aguzzini non sentirete mai.
Non stiamo piagnucolando. Non siamo qui a fare una analisi in virtù di una resa. Siamo qui a dirvi che ci hanno rubato il futuro e che vogliamo riprendercelo. Tirate su la testa e lottiamo. Insieme.
mia madre vive al sud. ha 50 anni, è bella, intelligente, colta, ha 2 lauree, lavora da quasi 30 anni. quel coglione di mio padre, tutte le volte che lei diceva che voleva lasciarlo, le diceva ‘non hai abbastanza soldi per mantenerti e mantenere tua figlia’. ha smesso quando mia madre ha iniziato a guadagnare più di lui. oggi sono ancora assieme, magari avranno superato i loro problemi,, chissà. ma resta il fatto che il ricatto era sempre e cmq economico. mia madre ce l’ha fatta, ha fottuto tutti e ha lo stipendione. ma tante non ce la fanno e bisogna supportarle, aiutarle a farcela
Sul fatto che fare la casalinga sia roba da “pigre”, come detto nel commento sotto, avrei da ridire eh…Per quanto, da donna nata e cresciuta al sud, posso testimoniare che la convinzione che fare la casalinga sia la scelta più naturale per una donna è parecchio diffusa, tra le donne come tra gli uomini.
Chiusa questa parentesi, io vivo a Milano e sono rimasta senza lavoro da qualche mese. Il prossimo “selezionatore del personale” che mi fa domande – velate o no – su quali siano le mie intenzioni sul fare figli si trova col mio pugno parcheggiato sul naso.
conosco bene la realtà del sud perchè la mia famiglia è originaria di un paese del sud e ho ancora tanti cugini e conoscenti che vivono lì. non sono del tutto d’accordo che “Le donne del sud tentano davvero una emancipazione”. alcune si, sicuramente. altre si sono anche emancipate. ma tantissime altre – la maggioranza – pur essendo laureate stanno a casa perchè tanto ‘mio marito guadagna bene’. tutto questo con l’approvazione del marito e di tutta la società intorno a loro. del resto le scuole materne chiudono a mezzogiorno e a questo punto mi chiedo: non c’è richiesta di tenere i bambini all’asilo anche il pomeriggio oppure le mamme non lavorano perchè non hanno i servizi? io penso tutt’edue le cose. finchè le donne saranno convinte che è necessario lavorare solo se lo stipendio del marito non basta, che quelle che stanno a casa sono furbe perchè hanno sposato un buon partito, e finchè la società non si scandalizzerà per la scelta pigra e retrograda di fare la casalinga pur avendo un titolo di studio, i governi faranno sempre finta di non capire che siamo arretrati in quanto a servizi per le famiglie e pari opportunità, si sentiranno sempre dispensati dal crearli perchè tanto (facciamo finta che) non ce n’è bisogno. queste donne che ‘tanto non ho bisogno di lavorare’ e ‘preferisco fare la mamma al 100%’ (come se le mamme che lavorano fossero mamme solo al 50%) danneggiano le altre, quelle che vorrebbero lavorare ma non sanno a chi lasciare il figlio durante il giorno e non hanno i nonni a disposizione, quelle che sono discriminate sul lavoro o si vedono calpestare ogni giorno i loro diritti di madri, perchè la mentalità che passa è che le donne che stanno a casa a farsi mantenere dal marito sono felici e hanno capito tutto della vita, le altre cosa pretendono? hanno voluto la bicicletta e se hanno la forza pedalano, sennò peggio per loro.
Ottima analisi..concordo in pieno.
Ho un’esperienza anche se non è molto diretta di una moglie che veniva picchiata dal marito e che lui era talmente convinto che lei non lo lasciava mai proprio x il fatto che non aveva lavoro e quindi era senza soldi..Lui si aggrappava alla scusa che non le dava un soldo dopo la separazione e le aveva detto “farai la puttana?” come se una donna non ha altre opportunità lavorative che fare la prostituta.
Io credo che la violenza sulle donne è magigore in quei contesti dove la donna non ha sufficiente indipendenza economica, proprio xke è messa in una posizione di subordinazione e deve dipendere dal marito x ogni cosa anche x mangiare.
Secondo me dipendere economicamente è umiliante perchè lui è pronto a rinfacciarti quello che ti da da mangiare…lo fa l’80% dei casi.Mio padre nn lo ha mai fatto ma conosco molti mariti che lo fanno.
Anche questa è violenza…secondo me la violenza sulle donne nn sono solo gli schiaffi o le botte…
Comunque sia l’italia dovrebbe aiutare di più a inserire le donne nel mondo del lavoro perchè così facendo da una possibilità alle donne di sfuggire alla violenza.
L’italia è già un contesto dove la violenza sulle donne è inaudita nno aiutare le donne ad esser elibere significa mandarle sul patibolo.
Ora non voglio dire che le donne che lavorano non subiscano violenza..ma comunque in casi minori..
io ad esempio non ho mai sentito donne che occupano ruoli chiavi o comunque di potere che subiscono violenze domestiche.