Emiliana Femiano, uccisa dal suo ex convivente, aveva trascorso anni d’inferno prima di arrivare a questo giorno.
Lui, italianissimo, aveva già tentato di ucciderla colpendola più volte con un coltello. Lei era sopravvissuta e lui ha fatto un annetto di carcere.
La vita della donna non è stata tutelata da nessuno, lui ha continuato a perseguitarla e minacciarla. A lei nessuno risarcimento, nessuna possibilità di cambiare un destino che qualcuno potrebbe descrivere come ineluttabile.
C’erano ampi spazi di manovra per operare una prevenzione. Bastava occuparsene davvero. Bastava aiutarla a cambiare vita, casa, città. Bastava occuparsi di lui, togliergli dalla testa l’intento di ucciderla o comunque rendergli impossibile farlo.
Invece lui è uscito dal carcere, ha attuato il suo piano, che speriamo almeno in questo caso di poter considerare premeditato, salvo che qualche pennivendolo irresponsabile non voglia ancora usare il termine “raptus” anche per i delitti che sono stati preceduti da un crescendo di persecuzioni e violenze che in qualunque altro caso è ovvio portino al delitto, e l’ha ammazzata.
Ha finito il lavoro, forse perchè nell’annetto trascorso in carcere ha capito che tanto non c’è niente da temere. che quell’ambiente non è nulla di grave per lui, che tra qualche anno uscirà di nuovo, libero di ammazzarne un’altra.
Tra delitti e tentati omicidi, in questi ultimi mesi, si contano decine e decine di donne vittime di uomini violenti.
Il duro lavoro di prevenzione e soccorso è lasciato a pochi operatori e poche volontarie che in tutta l’italia non ricevono sufficiente aiuto per poter fare di meglio.
Il 23 novembre a Roma la rete dei centri antiviolenza dirà in conferenza stampa quali dati ha raccolto durante quest’anno ed è bene stare a sentirle per capire in che condizioni siamo.
Una cosa però siamo in grado di dirla subito:
se gli uomini continuano a perseguitare le donne dopo molte denunce per stalking, addirittura ammazzarle dopo essere stati arrestati, aver fatto la galera, dopo aver mostrato con chiarezza l’intento femminicida;
se ad un uomo è possibile ammazzare una donna dopo che quella donna è sopravvissuta per miracolo e immaginava, poverina, di essere in salvo quando lui era stato arrestato, immaginando che l’Italia sia uno Stato in cui la violenza contro le donne sia presa sul serio e sul serio sia combattuta;
se in italia è possibile che accada tutto questo, qualcuno può spiegarci cosa devono fare le donne per salvarsi la vita?
Procurarsi un’arma può essere una opzione possibile?
E’ inutile che queste notizie che dovrebbero stare in prima pagina vengano nascoste alla maggioranza delle persone per evitare di ammettere la totale impotenza dello Stato nei confronti di un branco di assassini che terrorizzano e sterminano le donne in lungo e in largo per tutta la penisola.
Noi siamo perfettamente informate e non crediamo alla resa dello Stato su questo argomento. Piuttosto pensiamo ci sia a questo punto una omissione volontaria.
Una donna che è sopravvissuta ad un tentato omicidio NON PUO’ essere ammazzata dallo stesso uomo. Ma proprio non può e se questo accade: le istituzioni, i ministri, le figure di spicco nella lotta contro quella o quell’altra criminalità bla bla bla, giacchè le donne pagano le tasse (e sarebbe interessante sapere quale reazione potrebbe esserci se le donne dichiarassero di non volerle più pagare…) esattamente come tutti gli altri cittadini e dunque non si capisce perchè mai ogni attenzione nei loro confronti viene esclusa a priori come se le esigenze delle donne fossero questioni “domestiche” di basso rilievo, ministri, figure istituzionali su vari livelli, dovrebbero immediatamente dare le dimissioni per incapacità di tutelare la metà della popolazione nazionale: le donne.
Qualcuno ci ascolta?
Possibile che nessuno ha tempo per indignarsi per quello che succede?
Ma di cosa siete fatti? Di marmo?
Sono nauseata.
“Qualcuno ci ascolta?”
No, nessuno. E infatti la strage continua, e ogni giorno si spunta sul calendario l’ennesima donna picchiata, violentata, uccisa. Di ogni età, così, come si spuntano le piccole incombenze quotidiane. Ho una figlia di nove anni, spero che se ne vada in un Paese dove ci sia maggior rispetto per le donne e maggiore dignità nell’esserlo che in questo, in cui vali solo se produci (denaro e beni, ma che non vanno a te, donna, se non in infima parte), se assisti ed accudisci, se accondiscendi al piacere altrui, se crepi senza lamentarti, dopo magari una vita di umiliazioni.