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25 novembre: la lotta contro la violenza sulle donne riguarda anche te!

[Foto da Riotclitshave]

In questi giorni, come in molti altri dell’anno, tante donne assieme a tanti uomini, disertori dal patriarcato, sono impegnate nella lotta per la difesa dei diritti delle donne che sembrano incomprensibili eppure sono così semplici da capire.

Proviamo a parlarne in modo chiaro, con un linguaggio privo di slogan che forse può essere utile a chi ancora non coglie l’importanza di queste lotte.

Se la tua amica deve interrompere gli studi perché “suo padre non vuole”, questa è una violazione perché ogni donna può e deve fruire del diritto all’istruzione.

Se la tua amica ti dice che non può uscire di casa perché suo padre la punisce, questo non è giusto perché ogni persona è libera di andare dove vuole e non c’è ragione, neanche a scopo educativo, che possa permettere ad un genitore di sequestrare in casa la propria figlia.

Se la tua amica ti dice che a suo fratello viene data una educazione che lo porterà ad avere un lavoro, quindi una autonomia economica mentre a lei viene detto di pulire casa e di prepararsi ad un futuro in cui potrà essere solo moglie e madre, puoi dirle che non è giusto. In quella famiglia si sta compiendo una discriminazione di genere perché ogni persona, di qualunque sesso, deve poter fruire di eguali possibilità e non c’è ragione che tenga che possa escludere da prospettive future le figlie perché donne a vantaggio dei figli perché uomini.

Se a casa tua viene chiesto a te che sei figlia femmina di aiutare la mamma, mentre a tuo fratello viene lasciata la libertà di fare altre cose differenti, questo non è giusto perché in casa gli obblighi di cura dovrebbero essere ripartiti egualmente per tutti i conviventi in grado di poter dare una mano.

Se tua madre è costretta a chiedere soldi a tuo padre per fare la spesa e non può mai fare nessuna scelta senza essere rimproverata o senza che tuo padre tenga stretto il portafoglio mentre lui spende per cose che non servono a niente, questo non è giusto perchè a tua madre dovrebbe essere garantito lavoro retribuito e autonomia economica. Le stesse cose che dovrebbero essere garantite a te per impedire che tu possa trovarti a rivivere l’esperienza di tua madre.

Se tua madre passa il tempo a cucinare, lavare, stirare, sfacchinare dalla mattina alla sera senza che nessuno l’aiuti: questo non è giusto perché tuo padre dovrebbe aiutarla e perché ciascun membro della famiglia dovrebbe fare attenzione a non delegarle ogni cosa. Perché la libertà delle altre donne passa anche per ogni responsabilità che ciascuna di noi, in quanto figlia, amica, sorella, parente, è in grado di assumersi.

Se la tua amica ha rapporti sessuali con un ragazzo e quel ragazzo la tratta come un oggetto privo di importanza, non è giusto perché la tua amica ha diritto ad una sessualità piacevole e consensuale, senza traumi né violenze, e soprattutto ha il diritto di dire No se non ne ha mai avuto o non ne ha più voglia.

Se la tua amica ha un rapporto sessuale con un ragazzo ha il diritto di trovare servizi e strutture, consultori, guardie mediche, ospedali, medici, farmacisti, che l’aiutino a non essere a rischio di contagio di malattie sessualmente trasmissibili e a non essere a rischio di gravidanze indesiderate. La tua amica, secondo la legge 194 che in molti casi qualcuno vuole cancellare, ha il diritto alla contraccezione, alla pillola del giorno dopo, alla ru486 se è rimasta incinta e vuole interrompere la gravidanza o ricorrere all’aborto chirurgico.

Se la tua amica è stata stuprata da un ragazzo con il quale non voleva avere nessun genere di rapporto, ha il diritto di trovare sostegno presso un centro antiviolenza e presso ogni struttura istituzionale che dovrà supportarla, aiutarla a fare una denuncia, darle sostegno legale e psicologico e metterla in condizione di ricominciare a vivere.

Se la tua amica ha subito stalking, molestie, è stata picchiata, perseguitata da un ragazzo con il quale non vuole più avere una storia, lei ha diritto a strutture e figure di sostegno che l’accompagnino nel difficile percorso della denuncia e della riacquisizione della propria libertà personale.

Se la tua amica ha una relazione con un’altra ragazza e viene punita in famiglia, a scuola o sul lavoro per questo, deve poter contare su leggi che tutelino il suo diritto a non essere discriminata e violentata e deve poter dire ad alta voce ciò che vuole perché ciascuna ha il diritto di amare chi vuole.

Se la tua amica una volta era un lui che però oggi è una lei che viene relegata agli ultimi posti della scala sociale per aver scelto coraggiosamente di inseguire il suo sogno d’esistenza, deve poter contare su strutture, leggi e servizi che ne garantiscano diritti e che l’aiutino a definire in ogni ambito della società che nessuna discriminazione contro di lei può aver luogo.

Se la tua amica è sposata, convive, ha una relazione con un uomo che le infligge violenza, lei deve poter contare su strutture di sostegno e su figure che la aiutino a salvarsi la vita. Che la aiutino a trovare casa e lavoro per potersi allontanare dai luoghi in cui viene maltrattata e in cui rischia spesso di essere uccisa. Che la aiutino a stare lontana dal suo carnefice, anche quando costui è il padre dei suoi figli.

Se la tua amica è separata e viene continuamente molestata, perseguitata e ricattata dal suo ex che usa come alibi i figli per poterle ancora infliggere numerose violenze, lei ha il diritto di pretendere leggi adeguate e di esigere che a lui non sia permesso di avvicinarsi e di continuare a torturare lei costituendo un gravissimo trauma per i bambini che continuano ad assistere a quelle violenze.

Se la tua amica si presenta a un colloquio di lavoro e a parità di titoli e competenze viene preferito a lei un uomo, deve poter avere il diritto di denunciare il datore di lavoro per discriminazione.

Se la tua amica lavora presso una qualunque azienda che la rimanda a casa senza garanzie quando lei dirà di essere incinta, lei deve poter avere il diritto di denunciare questo datore di lavoro per discriminazione.

Se la tua amica viene molestata sul lavoro e viene ricattata con la minaccia di licenziamento se lei vuole denunciare la molestia, lei deve poter contare su risarcimenti morali ed economici, deve poter avere garanzia di lavoro perché subisce una estorsione esattamente come un commerciante che è obbligato a pagare il pizzo.

Se la tua amica subisce violenza di qualunque genere, a casa, per strada, sul lavoro, deve poter contare su ogni forma di tutela, difesa gratuita, perchè in italia gli uomini violenti che hanno soldi vengono spesso scagionati perché le donne violentate non hanno soldi e difese, deve poter contare su una alternativa sociale, prospettiva futura, reddito, lavoro, risarcimento che le garantisca di poter vivere serenamente affinchè la violenza ricevuta non debba essere seguita da ulteriori discriminazioni e punizioni come invece in troppi casi è.

Se la tua amica ha subito violenza da parte di un familiare, forse quando era più giovane, dal padre, nonno, zio, deve esser creduta, deve essere allontanata dal suo carnefice, deve poter denunciare ed essere sicura che le conseguenze della sua denuncia non le si ritorceranno contro.

Se la tua amica vive in una situazione in cui l’unico destino possibile per le donne sembra quello di diventare oggetti sessuali per il piacere degli uomini, per vendere qualunque prodotto commerciale, in televisione, nei cartelloni pubblicitari, lei ha il diritto di chiedere che le possibilità siano ampliate e che il diritto di scelta per le prospettive future non si esaurisca nel recinto di opzioni già stabilite da pochi.

Se sei una donna adulta e sei stata licenziata, con l’impossibilità di trovare un nuovo posto di lavoro perchè il mercato rottama le donne dopo i 40 anni giacchè le vuole giovani, con una immagine sessualmente appetibile, precarie, flessibili, sfruttabili in molti sensi, hai il diritto di dire che non è giusto, di lottare per ottenere una alternativa, di ritenere il paese in cui vivi un pessimo posto che spreca competenze ed esperienza, mette nei maggiori posti di comando vecchi maschi con il vezzo per le minorenni, e butta via le donne se non servono più a chi detiene poteri: gli uomini.

Se sei una donna che ha interesse a pensare, parlare, scrivere, esprimere opinioni, partecipare alla vita pubblica, in qualunque forma e con qualunque mezzo, ti deve essere consentito farlo perchè è un tuo diritto. Se tanto non ti viene permesso e la scena pubblica, politica, culturale, sociale, rappresentativa di istanze che riguardano anche te, è occupata solo da uomini, hai il diritto di rivendicare il tuo spazio e di denunciare una ulteriore forma di discriminazione.

Se sei una donna in età da pensione che ha lavorato tutta la vita in casa e che non vedrà un soldo dallo Stato nonostante allo Stato ha fatto risparmiare tutto il denaro mai speso in servizi di cura per bambini, adulti e anziani, puoi rivendicare il diritto a urlare di essere stata sfruttata e dunque puoi lottare per essere risarcita di tutte le possibilità che ti hanno rubato e di tutto quello che non potrai mai più riavere indietro.

Se sei una donna anziana che non intende essere dipendente da parenti, dato che hai lavorato e pagato tasse per tutta la vita per una pensione adeguata e per avere garanzia di servizi pubblici di ogni genere, hai il diritto a strutture sanitarie, di assistenza, formative della terza età. Hai il diritto a non essere sfrattata, ad avere un tetto sulla testa e ad essere rispettata e onorata per il grande lavoro che hai svolto e per le sofferenze che hai patito mentre alleviavi le giornate di tutti gli uomini che ti hanno delegato ogni genere di lavoro. Se non avrai nessuna di queste cose hai il diritto di sentirti derubata.

Se la tua amica viene da un’altra nazione e dopo aver vinto le resistenze del genitore bigotto, non può frequentare la scuola perché un ministro ha imposto un tetto del 30% alla frequenza degli stranieri in classe, lei deve poter denunciare di essere vittima di una duplice e terribile forma di discriminazione.

Se la tua amica è straniera e non può ottenere un posto di lavoro ma anzi viene arrestata solo per la sua etnia e portata in un lager che si chiama Cie, esposta a qualunque genere di violenza da parte dei sorveglianti, rinchiusa lì per sei mesi e poi deportata in Libia dove le recluse subiscono violenze su violenze, deve poter gridare ad alta voce che sta subendo una doppia, terribile discriminazione.

Se la tua amica è straniera, si trova in italia perché è vittima della tratta che la obbliga alla prostituzione, e quando va a denunciare le violenze subite viene arrestata e portata dentro un Cie perché è senza un permesso di soggiorno, deve poter gridare ad alta voce che sta subendo una delle più terribili forme di discriminazione.

Se la tua amica straniera viene lasciata in italia solo fintanto che accetta di fare la schiava e la badante presso famiglie italiane per supplire ad uno stato sociale in cui le istituzioni non si fanno carico come dovrebbero della cura di malati, disabili, anziani, se lei non ha alternative a questo, se questa è l’unica possibilità che le viene lasciata, deve poter rivendicare il diritto di sentirsi discriminata.

Questi e altri sono i terreni di lotta in Italia per i diritti delle donne.

Si tratta di questioni che toccano la tua vita, ti riguardano in ogni situazione, sono fatti tuoi esattamente come sono fatti nostri, perché è la tua vita che è in gioco.

I tuoi diritti, quelli di tua figlia, di tua nipote, di tua sorella, della tua compagna, della tua amica. Le tue e le nostre libertà sono a rischio e noi lottiamo per tutelarle e rivendicarle.

Non siamo nemiche delle donne così come non siamo nemiche degli uomini. Nemici sono quelli che dicono che queste battaglie non ti riguardano.

Il tuo privato è materia di lotta pubblica. Nulla è più importante di questo.

Dicci cosa ti serve. Raccontaci come stai. Ti renderai conto che noi non siamo diverse da te perché “femminismo” è l’aria che tu respiri, le tue litigate quotidiane in casa e sul posto di lavoro, le tue sconfitte e i tuoi successi.

Siamo sicure che anche tu lotti tutti i giorni per te stessa, per tua madre, per tua figlia, per la tua amica, per tua sorella. Perché sei tu che ti prendi cura di tutte loro. Sei tu che hai a che fare con tua madre e con tua figlia allo stesso tempo. Sei tu che hai una amica in difficoltà e non capisci perché tua madre si è cacciata in quella brutta situazione. Sei tu che hai un professore che ti mette le mani addosso e che vorresti avere un lavoro dove nessuno può permettersi di fare altrettanto.

Sono fatti tuoi. Occupatene.
Sono fatti nostri. Occupiamocene.

Il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne è anche la tua giornata.

Ovunque tu sarai, qualunque età tu abbia e qualunque cosa starai affrontando sappi che non sei sola.

Siamo sorelle. Credici. Almeno per un giorno.

—>>>Iniziative contro la violenza sulle donne in tutta l’Italia

—>>>Bollettino di Guerra

Posted in Fem/Activism, Iniziative, Omicidi sociali, Pensatoio, R-esistenze, Scritti critici.


3 Responses

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  1. Flavia says

    E’ disgustoso, a me è successo anni fa che andai a denunciare un’aggressione sessuale fortunatamente senza conseguenze (avevo perfino memorizzato il n. di targa del bastardo e continuavo a ripetermelo per non dimenticarlo) ma una volta arrivata trafelata dai carabinieri, questi invece di attivarsi subito come pensavo hanno cominciato a tergiversare per poi dirmi chiaramente: ” ma ci pensi bene, se va in tribunale quest’iomo può prendere anche 3 anni… è sicura di volerlo fare?… perchè non si confida con un’amica?” (!!??!!)
    Magari nei casi di violenza domestica bisognerebbe avere il coraggio di raccontare una fandonia, rifiutandosi di dichiarare il nome ma mettendoli sotto pressione, chessò: dire di aver sentito uno sparo dall’appartamento, qualcosa che i poliziotti percepiscano come grave, non il semplice pestaggio di una donna, che non li smuove. Insomma, mentire a dei maschilisti per salvaguardare una donna.

  2. collettivo goditive generose says

    leggi le iniziative anche a catania nel nostro blog

  3. wildsidez says

    “Sono fatti tuoi. Occupatene”
    E’ una cosa in cui credo profondamente. Ma è più facile a dirsi che a farsi.
    Racconto un episodio che mi è successo un mesetto fa.
    Tornando a casa dal lavoro, verso le 18, ho sentito urla tremende di un uomo pieno di rabbia provenire dal palazzo accanto al mio. Queste urla disumane rimbombavano sui muri di tutti i palazzi della strada, ed erano chiarissimamente udibili da tutto il vicinato.
    Ma non ho visto nessuno incuriosirsi, nè uscire sul balcone a vedere quel che accadeva.
    Salita in casa, mi sono affacciata alla finestra per capire la direzione delle urla, pronunciate in arabo, e il motivo (dal tono già immaginavo che erano urla rivolte a una donna, chissà come mai…preveggenza? intuito? o solo esperienza pratica di vita?).
    Ne ho avuto la conferma quando ho sentito l’insulto “sharmuta” (puttana), che è ormai internazionale, conosciuto anche da chi non sa l’arabo. Le urla sono continuate, atroci, fino ad uno schianto fortissimo, come se un oggetto domestico molto pesante fosse stato gettato a terra. Eppure, tutti i vicini del palazzo che stavano rientrando a casa dal lavoro hanno fatto finta di nulla, come se non ci fosse alcun rumore!!
    Quando ho avuto la certezza che era un uomo che stava violentemente insultando una donna, ho chiamato (che pirla!) la cosiddetta “Forza Pubblica”., cercando di fargli capire che era urgente… nell’intento di evitare l’ennesimo ferimento o peggio di un uomo contro una donna. Dopo 20 minuti non era ancora arrivata nessuna macchina, e l’uomo intanto aveva smesso di urlare. Poi ha ricominciato, così ho richiamato ancora.
    Questi della PS, ovviamente non avevano alcuna fretta, e mi prendevano anche un pò per il culo al telefono, come fanno quasi sempre, del resto, quando un cittadino ha bisogno sul serio. Quando finalmente sono arrivati, mi hanno fatto scendere e identificato, e mi hanno fatto un sacco di domande, anzichè occuparsi del fatto che avevo segnalato (nel frattempo l’uomo non si sentiva più). Poi hanno detto la CLASSICA FRASE DI PRASSI : “eeehh, ma se noi dovessimo intervenire per ogni litigio di famiglia…”
    Io, piuttosto incazzata per il loro menefreghismo, gli ho detto “ma scusate, che vogliamo fare? lasciamo che ne ammazzino altre 100 al mese? Andate nel palazzo accanto a fare un sopralluogo almeno! Cosa dovrei fare in un caso come questo? Andarci io di persona per evitare di chiamarvi?”
    E loro, in tono minaccioso, come prevedibile: “Si calmi signora! Sappiamo noi che lavoro dobbiamo fare, lei stia calma!”
    Al che ho chiuso la cosa dicendo “Se io risento altre urla vi richiamo ancora e ancora, statene certi!”
    Poi se ne sono andati, ma dubito che abbiano fatto qualcosa.
    Nel frattempo, ero naturalmente sola in cortile a parlare con loro, dei vicini neppure l’ombra, tutti rintanati in casa, tutti a pensare ai fatti loro senza andare a cercarsi guai con le intromissioni come ho fatto io.
    Non credo che il mio intervento sia servito a molto per la salute psicofisica di quella donna che viveva in quella casa, purtroppo. Anzi, forse se avesse saputo che ho chiamato la PS per la rabbia animale di suo marito, forse lei in persona mi avrebbe detto: “Ma tu di che ti impicci?”
    Quando successe a me di essere aggredita da un uomo, alle mie urla non ha mai reagito nessuno, nè i passanti che vedevano chiaramente la violenza, nè i vicini di casa che sentivano tutto. E chiamare la PS NON SERVE ASSOLUTAMENTE A NULLA, perchè se ne fregano, perchè arrivano sempre in ritardo dopo che il responsabile se l’è svignata, perchè spesso sono loro stessi i primi a considerare le donne solo degli oggetti da utilizzare, al massimo delle rompipalle.
    Persino quando sono andata in questura con i segni ben visibili di strangolamento sul collo, dopo aver aspettato tre ore, i poliziotti mi hanno detto: “beh noi non prendiamo la sua denuncia signora, è meglio che si rivolga a un avvocato se crede”.
    QUINDI DITEMI, COME POSSONO FARE LE DONNE AD AUTODIFENDERSI,
    E AD AIUTARE ALTRE DONNE IN DIFFICOLTA’?
    …ma nel concreto però, perchè i soli slogan di sorellanza aiutano ben poco (ne ho esperienza).
    Ciao belle.

    P.S.: e non venitemi a dire che in caso di emergenza bisogna andare a “chiamare i compagni” dei propri collettivi, perchè ho esperienza totalmente disillusoria anche su quello.