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Mio padre, che mi amava tanto

[Foto da Riotclitshave]

Sono una ragazza che va all’università e fa tutti i compiti quando torna a casa. Vivo con i miei perché mio padre non permette che io resti a dormire fuori casa come fanno tutte le mie colleghe. In effetti mi sento come se fossi ancora al liceo, ed è così che mi vorrebbe mio padre, un uomo che ha molta cura di me.

Mi paga le tasse universitarie, non mi fa mancare niente, mi tiene come fossi un gioiello. E’ severissimo sulle regole da rispettare fuori e dentro casa. Ho un coprifuoco del quale mi vergogno perché quando io dovrei rientrare le altre escono. Così resto a casa perché non vale davvero la pena uscire.

Mio padre è molto geloso delle mie amicizie maschili e  vuole conoscerli tutti, i miei amici. Ne ho due. Uno ha un paio d’anni meno di me e l’altro è un mio coetaneo e viene a studiare per qualche esame quando capita. Devo tenere la porta aperta e mio padre è sempre presente, così gentile e ospitale. Invita il mio amico a cena, si offre di accompagnarlo a casa ed è sempre molto disponibile.

Il mio amico dice che mi invidia perché un padre così lo vorrebbero tutti. Perfino lui che ha un sacco da ridire con il suo che non vuole comprargli la chitarra.

Mio padre invece di chitarre me ne regalerebbe quante ne voglio se fossi in grado di suonare. Me l’ha anche chiesto, in una delle conversazioni a tre, io-lui-il mio amico, e aveva quel suo solito modo di fare, come di chi esibisce un affetto per meritarsi la stima di qualcuno. Non la mia, ma quella del mio amico. Fa tutto parte della costruzione del personaggio.

Mio padre è un uomo di mezza età, ben tenuto, va in palestra, ha un impiego fisso, dignitoso, è conosciuto nel suo ambiente, le mie colleghe di università lo vedono arrivare in moto e lo guardano trasognate, come se fosse il principe azzurro. Mi porge il casco, mi dice di tenermi ben stretta e poi parte sapendo di essere osservato.

Un gioco che mi fa fare da quando ero piccola. E allora mi divertivo. Mi sentivo tanto lusingata ad essere la cocca di papà, in sella a quella moto, a tenermi stretta a quel corpo familiare, contenta di suscitare l’invidia delle mie compagne. Poi però sono cresciuta e quel gioco è diventato un obbligo. Una costruzione piena di cose non dette, con il suo sguardo che supplicava la mia comprensione, perché era lui ad averne bisogno e non io.

C’è questo da sapere dei padri come lui, che sanno di esserti debitori e continuano a supplicarti. Qualcosa che in una situazione di equilibrio potresti anche evitarla, anzi allontanarla con forza, ma io che quella situazione la vivevo non ero pronta, non ero brava. Ero solo una ragazzina che crescendo aveva imparato che per dominare un uomo bisogna elargirgli in concessione quello che non vorresti dargli mai. Questo era quello che lui mi aveva insegnato e questo era quello che io facevo.

O almeno ci provavo, perché nella pratica era sempre lui a comandare. Io ottenevo ben poco. Il suo era un ricatto bello e buono. Le sue suppliche per farmi sentire in colpa e per farmi provare vergogna per ogni cosa concessa e ogni concessione in realtà era una cosa estorta perché in condizioni normali non l’avrei concessa mai.

E’ veramente brutto voler bene al proprio padre e crescere mentre lui ti fa sentire in colpa, ti fa sentire responsabile di quello che accade, perché secondo lui ero io con la mia presenza a farlo disperare e io ero dispiaciuta di quella disperazione, di quelle pulsioni che lui non riusciva a controllare.

Pensavo fosse tutta colpa mia perché è quello che ti fanno credere tutti quelli come lui. Pensavo che fossi io a voler esercitare quel particolare “potere” invece era lui che mi impediva di scegliere. Perché non c’è alcun potere nel placare le emozioni di un padre che non ha rispetto di una figlia. Non c’è alcun potere in un rapporto che ti procura solo vergogna e sensi di colpa. Non c’è nessun potere in una sessualità che non è vissuta per scelta e con gioia.

I padri come lui non ti costringono, non credo sia così. E se tanti immaginano che gli abusi avvengano in una condizione di “mostruosità” evidente, si sbagliano, perché la mostruosità spesso si nasconde nella normalità delle relazioni distorte, dei ricatti affettivi, delle dinamiche di interdipendenza tra un abusatore e chi è abusata, ed è qualcosa di profondamente sbagliato che per chi lo vive può sembrare qualcosa di “normale”, perfino di “naturale” ma non c’è niente di naturale e di normale in un equivoco enorme generato dalla vigliaccheria di un padre.

Se tu sei una figlia e ami tuo padre, sei affettuosa e non sai dove si spinge l’affetto e dove comincia una relazione che ti farà sentire completamente sporca e sbagliata.

Mio padre ha cominciato a venire nel mio letto che io non avevo ancora otto anni. Era un uomo rispettoso, ha aspettato che compissi tredici anni prima di violentarmi. Prima ha solo chiesto che lo toccassi o chiedeva che mi facessi toccare e lui toccava, punti che allora per me non avevano senso ma per lui erano carne che sapeva di carne ed era quello di cui aveva bisogno.

Mio padre era la mia “favola” della buonanotte e il mio buongiorno del mattino. Mia madre non si è accorta di niente e quando se ne è accorta è stata mandata via di casa senza una parola e senza un soldo. Ha provato a parlarne con qualcuno ma appena mio padre l’ha saputo ha chiamato l’avvocato per farla denunciare. Ho visto mia madre un paio di volte dietro i vetri del tribunale, mentre lei mi guardava triste e mio padre le diceva che avrebbe dovuto farsi curare per via di non so quale malattia mentale.

Non la vedo da allora perché mio padre non le ha più permesso di avvicinarsi. Avrebbe potuto restare solo con me e invece ha preferito prendersi una compagna di facciata. Una straniera che non facesse troppe domande e fosse grata per vitto e alloggio senza alcun rimorso. A lei non doveva alcuna spiegazione e quando lei provava a fare qualche osservazione mio padre rispondeva che lei era una estranea che non doveva interferire sulla natura del nostro rapporto.

Vivo con mio padre e questa donna e ancora oggi ricevo le visite notturne di mio padre che diventa sempre più geloso. Vuole avermi sempre sotto controllo e non può sopportare il fatto che io abbia amici o qualche aspirazione di futuro. Ora ho la possibilità di andarmene ed è per questo che scrivo. Sono riuscita ad ottenere un periodo di studio all’estero e ho già deciso che quando sarò via non permetterò più a mio padre di rintracciarmi. Troverò un lavoro e non tornerò mai più .

Lo so che avrei dovuto fare qualcosa prima, ma non ne ho avuto la forza. E’ davvero difficile trovare la forza di ribellarsi e scappare se non sai dove andare e se sai che comunque lui ti troverà sempre. Non avrei sopportato che di fronte a un tribunale lui mi facesse dare della pazza da un altro avvocato, perchè sarebbe stata una ulteriore violenza che non sarei riuscita a digerire.

Ho preparato il mio piano con cura, come fa qualsiasi prigioniero prima di evadere da una ingiusta prigione. So dove andare, sono organizzata, ho un tetto, persone che mi aspettano ed era tutto ciò che mi serviva. Un porto sicuro in cui nessuno mi chiederà mai di dormire con me se io non voglio. Spero tanto di riuscire a stare bene.

Grazie per il blog e perché ci siete.

Ps: la ragazza che ci ha scritto di questa storia, resa anonima per ovvie ragioni, è già partita. Abbiamo aspettato a pubblicarla, come lei aveva chiesto, per consentirle di essere al sicuro. E’ via da molti mesi. Ha un lavoro, degli amici, si sta facendo aiutare da un centro antiviolenza e frequenta un gruppo di donne che la stanno aiutando a rinascere. Suo padre l’ha cercata per molto tempo. Ha anche fatto un viaggio per trovarla. Quando è arrivato in una precisa nazione si è dovuto arrendere perché lei nel frattempo aveva cambiato varie città e perfino Paese. Una cosa le raccomandiamo mandandole un grandissimo abbraccio, di non farsi mai un profilo su facebook perché attraverso quello potrebbe essere rintracciata. Poi magari qualcuno ci spiegherà perchè le vittime di violenza maschile in italia devono darsi alla latitanza per sopravvivere mentre i carnefici continuano a essere protetti.

Posted in Narrazioni: Assaggi, Omicidi sociali, Storie violente.


6 Responses

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  1. stefania says

    Hai avuto grande coraggio e dovrai averne ancora. Ma verrà.
    E ne sarà valsa la pena.
    Verrà un giorno più tumultuoso di altri, un giorno che ti coglierà di sorpresa. Quel giorno deciderai di bandire la vergogna, deciderai di affrontare la ferita e di chiuderla. Quel giorno smetterai di scappare, saprai con certezza che l’orco è lui e che tu non sei mai stata la bambina cattiva di questa favola perversa. Quando ti sentirai pronta, fallo. Ti prego. Riprendi per mano quella bambina, torna indietro nel tempo e ridalle la sua infanzia. Falla crescere e insegnale a sdraiarsi in un prato, guardare il sole, chiudere gli occhi e ridere, ridere, ridere senza avere paura. Insegnale a sentirsi libera. Solo tu puoi farlo, nessuno per te.

    Io ho vissuto un abuso diverso, un abuso che si è concluso tragicamente qualche anno fa con la morte improvvisa di chi mi ha devastato la mia vita scusandosi per il troppo amore. Solo dopo aver elaborato quest’evento mi sono resa conto che noi, quelli traditi da piccoli, quando diventiamo grandi ricerchiamo quasi inconsciamente nei rapporti la stessa intensità, la stessa tensione che esiste in quel tradimento alla nostra infanzia. Quello stesso tradimento che ha delineato i contorni della nostra crescita e lo sviluppo della nostra personalità. Non è esatto dire che ripetiamo inconsapevolmente un modello: ne ricerchiamo solo l’ntensità, l’unica fiamella che ci fa ancora sentire vivi – perchè siamo diventati vecchi da piccoli.
    Se l”abuso sessuale è devastante, altrettanto lo sono le botte, i distacchi, il peso di responsablità affidate troppo precocemente – tutte cose coperte da una cecità che spesso ha i toni della ragionevolezza e della comprensione, che sembra quasi civile. Tutti comprendono le problematiche del genitore, nessuno pensa a quelle del bambino che le vive e che le deve arginare, assecondare, spesso proteggere se non addirittura nascondere.

    Così i rapporti che scegliamo da grandi possono solo essere carichi della stessa antica emozione controversa, dello stesso senso di colpa e della stessa irrisolta conflittualità. Non permetterlo. Non permettere a nessuno di raccontarti la favola distorta della bambina cattiva che da sempre delude tutti e che ha sempre la colpa di tutto. Caccia chiunque ci provi – l’amore è SOLO positivo. Stai attenta alle emozioni forti, ai sentimenti che canalizzano pulsioni controverse e compensatrici. Quello non è amore, è compensazione momentanea ad uno stato di frustrazione permanente.
    E’ il tuo peggior nemico. Evitalo.
    E se decidi di prendere per mano quella bambina che porti nascosta nel cuore, abracciala per me. E insegnale a sognare senza avere paura.

    Un abbraccio.

    S.

  2. Giorgia V. says

    Vi ringrazio per questo contributo.

  3. Ava says

    Mi sono commossa, e ti capisco, e vorrei solo stringerti forte.
    Vivi la tua vita, ti auguro ogni bene, ma non sono parole, te lo auguro davvero.

  4. Camilla says

    Mi dispiace per l’esperienza che hai avuto, ti mando un abbraccio! Buona fortuna con la tua vita!
    Come scrivono nel PS, non farti un profilo di Facebook, MySpace o Netlog, io che ho sedici anni te lo dico perché lo vedo: saresti rintracciabile, perché la tentazione di scrivere qualche cosina su di se stessi è grande, e da lì a dire “abito nella città X nella nazione X” ci vuole poco…

  5. Sergio says

    Si potrebbe chiedere una spiegazione ai tanti maschilisti che bazzicano nel web e che infangano ogni giorno le donne, vive o morte, solo perche donne, solo perché non accettano un ruolo imposto, solo perché vogliono, giustamente scegliere la loro vita e come viverla. Alla giovane donna coraggiosa della lettere mando un abbraccio forte e tutta la mia solidarietà.

    Sergio

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