Ma basta, finiamola con la ricerca di dettagli che facciano diventare il mostro un po’ più mostro affinchè si distingua dai comuni mortali, per togliere di torno il sospetto che la violenza si annidi ovunque.
Si trattava di una famiglia “normale”, di quelle benedette da santa madre chiesa, con un capo famiglia che non lesinava i suoi generosi spermatozoi, regolarmente etero, posto a capotavola, lavoratore come tanti.
Un uomo “normale” e se spaventa l’idea che la normalità nasconda gli elementi di mostruosità allora bisogna che vi abituiate a pensare che esiste una banalità del male ampiamente legittimata sul piano sociale.
Di uomini così ne ho conosciuti tanti. Sono quelli che hanno ben presente quanto i maschi siano “maiali” e che per questo vietano alle figlie di uscire, vestirsi, fare quello che vogliono, quando vogliono, perfino frequentare la scuola che vogliono. Sono quelli che osservano le figlie dei vicini di casa e le chiamano puttanelle. Sono i sorveglianti della castità delle fanciulle che vedevo camminare nel mio paese, in piazza, mentre valutavano se intervenire in modo censorio nei confronti di qualcuna oppure no. Sono i talebani con i quali conviviamo da sempre, al punto tale da “abituarci” alla loro presenza, ed è veramente una cosa grave quella di abituarsi a tutto questo. Sono quelli che vanno a dire a tuo padre che tu ti vesti troppo scollata, che eri in piazza truccata, che camminavi con un ragazzo tal dei tali e che se il padre non ti redarguisce e non ti chiude in casa allora si sentono autorizzati a fare i maiali perchè è chiaro che sei una puttana e che non hai un sorvegliante del quale tenere conto.
Sono i pedofili che mi sono vista passare accanto per tutta l’adolescenza, quando essere desiderabili ti sembra una condanna mentre l’unico ragazzino che ti piace non ti fila per niente e allora non capisci. Da un lato ci sono quelli che vorrebbero averti a tutti i costi, che a 14 anni ti si strofinano addosso mentre ti stanno cavando un dente o ti stanno interrogando alla lavagna e dall’altro tu ti senti bruttissima, con i complessi che si porta dietro una ragazzina, di quelli che ti fanno insicura e che diventano una delle ragioni per cui le ragazzine non camminano a testa alta, spalle dritte, fregandosene delle imposizioni della moda, dei clichè crudeli delle pubblicità, di quegli imput dittatoriali che ti insultano con un dominio estetico dei corpi sin dalla nascita.
Di uomini così, io, ma anche molte altre, ne sono sicura, ne abbiamo conosciuti tanti. Di quelli che chiamavi zio ci’, zio fra’, ziu pe’, ziu tanu, ziu totò. E poi c’è la razza dei compari, quelli di matrimonio, battesimo, cresima e tutte quelle sante cose che ti fanno fare per maritarti ad una statua che chiamano gesù, una illusione di beltà mascolina, mentre tu hai a che fare con un prete grasso, pieno di pustole e che scaccola e sputa ad ogni confessione.
Quanti padri di famiglia avete conosciuto che sono “normali” e che “normalmente” perseguitano le donne, le ragazze, stuprano, ci provano, molestano, ammazzano.
Pensate che prima era normale il delitto d’onore, così come era normale rinchiudere le bambine e le donne in manicomio se dopo uno stupro minacciavano di parlare. E non voglio certo dire che è la chiusura dei manicomi che ha fatto aumentare le cifre dei delitti perchè comunque si trattava di morte ammazzate lo stesso.
Dico semplicemente che chiunque ha avuto in casa la propria fetta di crudeltà maschile. Non sempre per motivi sessuali, ma certamente per questioni di dominio dei corpi, perchè tu esisti in quanto appartieni e non come persona.
Non fatevi ingannare. Non abbandonate la via reale, quella che costruisce l’abominio con interpretazioni moraliste che condannano il peccato dell’incesto. Chi vi porta così lontano comunque vi sta costruendo attorno un’altra prigione e quella prigione si chiama violenza, diventa motivo per determinare e giustificare altra violenza e si tratta sempre e comunque di qualcosa che vive tra noi, tutti i santi giorni, sempre.
No, non è detto che l’assassino di Sarah Scazzi molestasse le sue figlie. Quei padri “maiali” più spesso si tengono lontani dalle figlie e imprimono su di loro marchi di proprietà di tipo differente. Ne regolano la vita e la sessualità proprio perchè sanno che esistono tanti che la pensano come loro, che sono maiali in generale.
Avete mai sentito dire a qualcuno: “io lo so come sono fatti gli uomini e per questo devi fare come ti dico io”?
Poi però nessuno ti dice realmente come sono fatti gli uomini e quando glielo dici tu ti rispondono che ti sbagli, che non è vero niente. Quando poi gli dici che le caratteristiche della maialitudine, unite all’urgenza di sopprimere ogni donna che gli dice di NO, non fanno parte della natura dell’uomo perchè è l’uomo che decide cosa vuole essere, esattamente come fa la donna, allora ti rispondono che non puoi capire.
Capita perciò che ti dicono che sei tu a doverti coprire perchè loro sono così. Sei tu che devi comportarti bene perchè loro sono così. Sei tu colpevole del tuo stupro perchè loro sono così.
E gli inventori delle sindromi che sgravano le responsabilità degli stupratori ne hanno inventata perfino una apposita che vogliono fare contenere nel prossimo DSM che dice che lo stupratore c’ha l’incontinenza da stupro e perciò non gli si potrà dire nulla.
Sono così, capite? Quando gli conviene sono maiali e sei tu che ti devi regolare di conseguenza. Quando non gli conviene ti dicono che la violenza non è connaturata nel maschio e sei comunque sempre tu che devi comportarti di conseguenza.
Quello che so è che l’universo maschile è per fortuna variegato ma di squallore in vita mia ne ho visto tanto, in casa di compagne e amiche dove i padri erano tutto fuorchè padri, dove i fratelli maggiori erano al limite dell’incesto e dove ai maschi in generale veniva dato il ruolo di sorveglianti di bambine e ragazze che inevitabilmente finivano per essere vittime dei loro carcerieri.
Io, voi, lo sappiamo che è così e non ci sorprende che esista uno zio michè qualunque che abbia fatto quelle cose. Sono gli orrori custoditi omertosamente dalle famiglie e che quando emergono vengono esorcizzati immaginando che altrove non potranno accadere mai.
Uno stupratore e assassino non deve per forza fornicare con le capre, non deve strappare gli occhi alla mula e non deve neppure essere incastrato nell’immagine del diretto discendente del diavolo, con tanto di corna e coda satanica.
E’ un uomo come tanti, un assassino come tanti, uno al quale la società ha insegnato che le femmine sono una cosa dei maschi che puoi prendere, usare, e poi buttare via. Se si ribellano le puoi ammazzare perchè gli oggetti non hanno il diritto di dire di no.
Questo uomo qui è uno che fa parte del folto branco che se non gliela dai ti dicono che sei una che va a caccia di soldi e ti disprezzano fino in fondo perchè comunque ti chiameranno sempre puttana.
Ditemelo voi come sono gli uomini. Ditemelo voi se questo uomo vi fa orrore semplicemente perchè ha mostrato aspetti che voi tenete ben nascosti. Ditemi voi che tipo di commenti fate quando vedete una ragazzina, quante volte la chiamate puttana, quante volte disprezzate donne e bambine, quante volte pensate di molestarle, stuprarle, prenderle, usarle. Ditemi che questa non è la normalità. Perchè tenere lontano da voi la parte oscura che la società legittima, salvo disconoscerla quando uscite troppo fuori dai ranghi, non vi aiuterà di certo ad essere migliori.
Guardate il mostro che è dentro di voi e avrete sconfitto il mostro che si annida nella società e che fa strage ogni giorno di migliaia di donne e bambine/i.
Guardatevi dentro, chiedetevi chi siete, fatevi aiutare dalla letteratura che ha giocato tanto sulle metamorfosi degli uomini, un po’ buoni e un po’ cattivi, con la faccia da mostrare in pubblico e l’altra da tenere ben chiusa in privato, sul binomio buono/cattivo l’industria cinematografica ci si è arricchita, imponendo la necessità a schematizzare mentre sarebbe tanto più educativo aiutare gli uomini a guardare la complessità dei comportamenti prima che ad assolvere a doveri pubblici per timore di perdere prestigio sociale.
Guardatevi dentro e imparate a coesistere con le mostruosità, a spiegarne la natura, a imporre un freno ai desideri quando quei desideri si scontrano con la libertà delle altre, delle donne che non hanno voglia di soddisfarlo o che hanno desideri differenti. Smettete di giustificarvi, mentire, di cercare di apparire migliori, di oscillare tra richieste di assoluzione e arroganti pretese di dominio imposto su altri esseri umani. Non avete il diritto di dominare niente e nessuno. Non avete il diritto di fare del male MAI, per nessuna ragione. Ma avete il diritto di esigere che la “colpa” diventi una assunzione di responsabilità.
Voi avete la responsabilità di non ferire e non limitare la libertà altrui. Riguardo alle colpe, i preti devono pensare alle proprie.
Io non ho paura di guardare il vostro buio. Se mi permettete di vederlo senza pretendere comprensione, una giustificazione, prove di sottomissione o di compiacimento, allora potrò parlarne. Potremo parlarne perchè è necessario parlare di buio senza illuminare solo quello che ci fa comodo vedere.
Qualunque società che vuole crescere deve imparare a guardare dritto nel buio e a vederlo nella sua interezza. Dove invece esiste chi accende i riflettori su dettagli insignificanti, per quanto raccapriccianti, vuole solo togliervi la capacità di vedere il male per quello che è. Ed è così che si intende tutelare gli uomini violenti, mimetizzandoli tra elementi che non ti fanno vedere mai.
Finisco qui sperando di essere stata chiara in questo tentativo di riflessione condivisa che spero avrà un seguito.
Leggi anche:
Femminicidio, la lista dei colpevoli
Perchè le donne uccise da uomini italiani sono dimenticate?
Non permettiamo che possa esserci un’altra Sarah Scazzi
Uno dei tuoi articoli migliori.
http://www.youtube.com/watch?v=civNp-CLGoA
scusate era questo il link
Ciao..ho fatto un video dedicato a Sarah contro la violenza di genere
http://www.youtube.com/watch?v=tYp3nGyGd8A
Fantastico! COMPLIMENTI!
Non posso non quotarlo in pieno. Forse per alcune ragazze più giovani, borghesi e di città è un po’ più difficile avere vissuto questo tipo di realtà. Io l’ho vissuta ed ho anche invidiato le amiche che avevano genitori giovani che le accompagnavano a ballare e le andavano a riprendere mentre a casa mia il sesso era un tabù assoluto e le feste tra compagni di classe erano viste come orge. Ho visto parentame ipocrita come lo descrivi, per non parlare dei compaesani…
è davvero un capolavoro di articolo!
Sento ogni singola parola che hai scritto. La sento come fosse mia, come fosse uscita dalla mia testa, dalla mia mano, dalla mia penna. E di questo ti ringrazio. La parola scritta è il mio mezzo di comunicazione ma da due giorni non riesco a fissare niente, non riesco a tramutare la rabbia, il dolore, la frustrazione, lo smarrimento in quelle frasi che di solito incido sul foglio senza problemi.
Anche adesso, che digito qua, nel campo dei commenti, mi sento costretta, chiusa in una gabbia di sentimenti che mi squassano e mi lacerano.
Ero tra quelle che credeva, o magari sperava non saprei, che Sarah fosse scappata in un legittimo impeto di ribellione. Mi capita, a volte, di lasciarmi andare ad immaginare cose positive, stupida incosciente che non sono altro.
E adesso mi ritrovo con questo grido soffocato nella pancia. Sì, vorrei gridare. Banale come immagine, mi rendo conto. Gridare, gridare forte. Che quello che è successo a Sarah riguarda tutti. Gridare che non si può tollerare oltre. Che l’orribile, schifoso, inaccettabile epilogo di questa storia non è una mostruosità eccezionale, non è l’inimmaginabile che bussa improvvisamente alla porta della nostra beata normalità. Quello che è successo è l’epilogo possibile di non so nemmeno io quante storie. E gridare, gridare, gridare, gridare. Nella patetica illusione che alzando la voce il pensiero colpisca più a fondo. Perché di orribile, schifoso e inaccettabile non c’è solo la fine, ma anche il prima. Tutto quello che Sarah ha subito PRIMA.
Se ci penso mi si contorce l’anima e lo stomaco si rivolta. Perché insieme a Sarah penso a tutte le altre vittime senza nome, in un turbine incontrollabile. A tutte le vittime di questo “sistema” che protegge e giustifica, mistifica e ignora. Questo masticare e sputare le nostre vite.
Oggi mi sento persa. Attaccata da ogni lato. La testa si svuota e si riempie. La rabbia fagocita ogni cosa.
Il linguaggio, le immagini, tutto oggi mi sembra ancora più violento di quanto non lo sia. Io mi sento violenta, in preda al solo desiderio di fare a pezzi tutto.
Questa cultura che ci imprigiona in binari morti. Questo muro di silenzio che protegge ciò che va così da sempre e che è normale che vada così. Quest’aria putrida che respiriamo, questo schifo, immondo.
Perché se sorridi ed alzi le spalle di fronte all’ennesima battuta sessista, sei complice e responsabile. Perché se non ti incazzi quotidianamente con l’amico, il collega, il vicino di casa, tuo figlio, tuo fratello, tuo padre quando manifesta comportamenti macisti, sei complice e responsabile. Perché se non affianchi quotidianamente l’amica, la collega, la vicina di casa, tua figlia, tua sorella, tua madre che subisce comportamenti macisti, sei complice e responsabile. Perché se non apri la bocca, ogni volta, per ribadire che non siamo carne cruda sul bancone di un supermercato, sei complice e responsabile. Perché se continui a dirmi che devo avere paura dell’estraneo, dello straniero, dell’uomo nero nascosto in internet e mi racconti la favola della famiglia perfetta dove niente di brutto accade, e se accade è follia, se accade è raptus, se accade è un incidente, se accade bisogna pur capire che, pensare che, considerare che, sei complice e responsabile. Perché se veicoli un’immagine distorta della donna, sei complice e responsabile. Perché se veicoli un’immagine distorta dell’uomo sei complice e responsabile. Perché se pensi che tutto questo non ti riguarda sei complice e responsabile. Perché se pensi che una donna sia una figa su due gambe ma “per carità, io, mai farei qualcosa di violento” sei complice e responsabile perché il pensiero, e come lo espliciti nella vita quotidiana, può essere anch’esso violento. Perché se mi confondi e travesti da nemico ciò che nemico non è, sei complice e responsabile. Perché se ti fa comodo che io sia debole ed indifesa, sei complice e responsabile. Perché se pensi davvero, davvero davvero, che non ci sia niente di sbagliato in un manifesto pubblicitario che mostra una donna in tanga e tacchi a spillo che porge il culo e una scritta che recita “montami a costo zero” sei complice e responsabile.
Ed è un turbine infinito di pensieri che si sovrappongono.
Ecco. Questo è un po’ di quello che ho dentro oggi. E che avevo dentro ieri. E che avrò dentro domani.