Ottobre è un mese di lotta a livello internazionale contro la patologizzazione delle identità trans e intersex. La rete Stop Trans Pathologization 2012 si batte affinché la comunità scientifica internazionale riconosca l’evidenza: queste identità non sono una malattia. Quando si parla di corpi e generi creare una patologia e delineare il rigido protocollo per affrontarla e curarla è lo strumento per controllare e reprimere tutto ciò che si distacca dall’illusione del puro binarismo. La comunità scientifica dovrebbe condannare e non alimentare i pregiudizi culturali, politici o religiosi che intaccano e devastano la vita delle persone.
Segue il manifesto del network:
MANIFESTO
Network Internazionale per la Depatologizzazione Trans
Gli avvocati ed i gruppi che firmano questo documento, e che fanno parte della Rete Internazionale per la Depatologizzazione delle Identita’ Trans (International Network for Trans’ Identities’ Despathologization), denunciano pubblicamente ancora una volta la psichiatrizzazione delle nostre identita’ e le serie conseguenze del cosiddetto “Disturbo d’Identita’ di Genere” (DIG). Allo stesso modo, vogliamo dare visibilita’ alla violenza a cui sono soggette le persone intersessuate con le attuali procedure mediche.
Con il termine “psichiatrizzazione” indichiamo la pratica di definire e curare la transessualita’ come disturbo mentale. Ci riferiamo anche alla considerazione di identita’ e corpi “non a norma” (quelli al di fuori della suddivisione dominante) come corpi e identita’ patologici. La psichiatrizzazione da’ di fatto alle istituzioni medico-psichiatriche il controllo delle nostre identita’ di genere. La pratica corrente di queste istituzioni, motivate da interessi di stato, religiosi, economici e politici, riflette e riproduce il binomio maschio/femmina, spacciando questa posizione per quella “vera” e naturale. Questo binomio suppone la sola esistenza di due corpi (maschio e femmina) e associa un determinato comportamento a ciascuno di essi (maschile e femminile). Allo stesso tempo ha tradizionalmente considerato l’eterosessualita’ come l’unica possibile relazione tra i due. Oggi, con la denuncia di questo paradigma, che ha finora giustificato l’ordine sociale attuale con argomentazioni di natura e biologia, vogliamo mettere in evidenza gli effetti a livello sociale per mettere la parola FINE a queste pretese politiche.
Quei corpi che non corrispondono anatomicamente all’attuale classificazione medica occidentale, vengono definiti “intersessuati” – condizione di per se gia’ considerata una patologia. A tutt’oggi, questa catalogazione non viene messa in discussione, cosi’ come non viene messa in discussione l’ideologia di genere che la psichiatria sviluppa considerando la transessualita’ una realta’ problematica.
La legittimazione di quelle norme sociali che fanno parte delle nostre esperienze e dei nostri sentimenti, implica la resa invisibile e la patologizzazione di tutte le realta’ differenti, formando un singolo binario che non metta in discussione il dogma politico che forma la base della nostra societa’: l’esistenza unica ed esclusiva di due sole alternative di esistenza e sentimenti. Se rendere invisibile significa imporre una chirurgia violenta e “normalizzante” ai nuovi nati intersessuati (coloro con genitali ambigui) sara’ fatto. Soprattutto quando lo scopo principale e’ quello di eliminare la possibilita’ di scelta di questi corpi e di bloccare l’esistenza di queste differenze.
Il paradigma al quale si ispirano le attuali procedure per la “cura” di transessualita’ ed intersessualita’ le rende di fatto procedure mediche di normalizzazione binaria. Si tratta di “normalizzazione” perche’ riducono le diversita’ a due sole possibili alternative: quelle considerate statisticamente e politicamente “normali”. Con le nostre critiche a queste procedure, ci rifiutiamo anche di adattarci alle definizioni psichiatriche di uomo e donna per poter vivere le nostre identita’, in modo che il valore della nostra vita sia riconosciuto senza eliminare la diversita’ che di distingue. Non intendiamo sottostare a nessuna etichetta o definizione impostaci dalle istituzioni mediche. Chiediamo il diritto di definirci da soli.
Oggigiorno la transessualita’ e’ considerata un “Disturbo di Identita’ Sessuale”, una patologia mentale classificata nel ICD-10 (Classificazione Internazionale delle Malattie, dal WHO) e nel DSM-IV-R (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali, dall’APA): queste classificazioni sono cio’ che guida gli psichiatri di tutto il mondo nelle loro diagnosi. In esse troviamo un errore niente affatto casuale: il confondere gli effetti della transfobia con la transessualita’. Le violenze sociali contro coloro che non seguono gli standard di genere sono rese invisibili, in questo modo il fatto che il problema sia la transfobia, e non la transessualita’, viene effettivamente ignorata.
La revisione del DSM-IV-R e’ un processo iniziato due anni fa, e si propone di determinare gli aggiornamenti della lista delle patologie. Alcuni mesi fa vennero pubblicati i nomi degli psichiatri che determineranno il futuro del DIG.
Le figure principali del gruppo di lavoro DIG sono, tra gli altri, il Dr. Zucker (il direttore del gruppo) ed il Dr. Blanchard. Questi psichiatri sono ben noti per l’uso di terapie riparatorie su omosessuali e transessuali, e sono anche collegati a cliniche che operano le persone intersessuate: cio’ che essi propongono non e’ solo di non eliminare il DIG dall’elenco, ma altresi’ di espandere il trattamento anche a quei bambini che presentano comportamenti non propri del genere di origine, applicando anche a loro terapie affinche’ accettino il proprio “ruolo” biologico. Proprio per questo il Movimento Trans Nord-Americano ha richiesto l’espulsione di queste due persone dal gruppo incaricato della revisione del DSM. La Rete Internazionale per la Depatologizzazione delle Identita’ Trans appoggia pienamente questa richiesta.
La patologizzazione della transessualita’ sotto il DIG e’ un tentativo estremo di controllo e normalizzazione. Il trattamento di questo Disturbo viene applicato in diversi centri in tutto il mondo. In alcuni casi, come in Spagna, e’ obbligatorio sottoporsi a monitoraggio psichiatrico nei preposti Centri per il Disturbo di Genere. In alcuni casi, questo monitoraggio e’ collegato a sessioni settimanali di terapia di gruppo o famigliari, e ogni sorta di altri processi umilianti che infrangono i nostri diritti. In Spagna dunque chiunque voglia cambiare il proprio nome sui documenti ufficiali, o che voglia modificare il proprio corpo con trattamenti ormonali, puo’ solo farlo sotto monitoraggio psichiatrico.
Infine, ci rivolgiamo direttamente ai politici. Le nostre domande sono chiare:
• Chiediamo il ritiro della transessualita’ dai manuali dei disordini mentali (DSM-IV-R e ICD-10) e la fine dei trattamenti sui bambini intersessuati.
• Chiediamo il diritto di cambiare nome e sesso sui documenti ufficiali senza doversi sottoporre a monitoraggio medico o psichiatrico. Pensiamo anche che lo Stato non debba avere nessuna giurisdizione sui nostri nomi, corpi o identita’
• Prendiamo qui spunto dal movimento femminista nella sua lotta per il diritto all’aborto e al proprio corpo: chiediamo il diritto di decidere liberamente se vogliamo oppure no modificare il nostro corpo. Chiediamo il diritto di proseguire nella nostra decisione senza impedimenti burocratici, politici o economici, ne’ alcun altro tipo di coercizione medica. Vogliamo che i Sistemi Sanitari di ciascuna Nazione prendano una posizione chiara riguardo al DIG, che riconoscano la transfobia e tutto cio’ che ne deriva, e che rivedano i pogrammi di assistenza sanitaria riguardanti il transessualismo, rendendo innecessario il monitoraggio psichiatrico e il monitoraggio psicologico un’opzione volontaria. Domandiamo altresi’ che smettano gli interventi chirurgici sugli infanti intersessuati.
• Denunciamo l’estrema vulnerabilita’ e le difficolta’ della comunita’ trans riguardante il mercato del lavoro. Chiediamo delle garanzie per poter accedere al mercato del lavoro e che siano messe in atto delle politiche specifiche per porre fine all’emarginazione ed alla discriminazione della nostra comunita’. Chiediamo anche condizioni di sicurezza e di salute per le lavoratrici del sesso, cosi’ come la fine dell’assedio della polizia e del traffico sessuale.
• Situazioni particolarmente vulnerabili sono quelle delle persone trans immigrate, che giungono nel nostro paese fuggendo da situazioni estremamente violente. Chiediamo per questi casi l’immediata concessione dell’asilo politico, ed allo stesso tempo chiediamo che i diritti generali di tutti i migranti siano posti allo stesso livello. Denunciamo gli effetti delle politiche attuali sugli stranieri nei settori socialmente piu’ vulnerabili.
• Mentre gridiamo che non siamo vittime, ma entita’ attive e con la capacita’ di decidere delle nostre identita’, vogliamo ricordare tutte le aggressioni, omicidi e suicidi di persone trans dovute alla transfobia. Riteniamo il “sistema” colpevole di queste violenze. Silenzio = Complicita’
Infine, vogliamo mostrare l’estrema rigidita’ con la quale il binomio maschio/femmina ci viene imposto come sola ed esclusiva opzione: essendo un binomio costruito, puo’ essere messo in discussione. Il solo fatto che noi esistiamo prova la sua fragilita’ e punta ad una realta’ diversa e pluralistica. La diversita’ a cui vogliamo dare dignita’ oggi.
Quando la medicina o lo Stato ci definiscono “disturbati”, e’ la prova che le nostre identita’, le nostre vite, disturbano molto il sistema. Per questo diciamo che la malattia non e’ da ricercare dentro di noi ma nel binomio di genere.
Rendiamo pubblico che la Rete Internazionale per la Depatologizzazione delle Identita’ Trans e’ nata allo scopo di creare un coordinamento globale per il nostro obiettivo principale: il ritiro della transessualita’ dal DSM-IV-R nell’anno 2012. Un primo passo a favore della diversita’, un primo colpo alla transfobia.
Per la diversita’ dei nostri corpi e delle nostre identita’!
La transfobia e’ cio’ che ci rende malati!
INTERNATIONAL NETWORK FOR TRANS’ DESPATHOLOGIZATION