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Cinema e tv e la costruzione di un immaginario del femminicidio

http://t1.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcQ9KPJSnI6J-HFliyMXx7TJyu8fO65u5le6N-e1E0jMkyUpDwU&t=1&usg=__lsTA2vygXZIso778pkVlobEsx4g=Gran parte delle serie televisive che parlano di gruppi di sbirri che vivisezionano il tuo ego, analizzano il tuo ano, praticano scomposizioni molecolari degli assassini e scissioni nucleari delle vittime, annusano l’impossibile e leggono dentro la tua mente, sono popolate di donne che hanno ruoli precisi.

Se gli sbirri vengono descritti come esseri soprannaturali, dotati di un genio indiscutibile, laureati ad harvard e sempre pronti a cagare una citazione dopo l’altra, come fossero figli di un dio maggiore aventi diritto di fare quello che vogliono in nome della “sicurezza” e dunque anche di redarguire, cazziare, moraleggiare, giudicare la vita delle vittime (nulla a che fare con il nostro coliandro, spaccone, machista, sessista e presumibilmente appena diplomato e completamente imbranato)…

Se gli sbirri vengono definiti così le sbirre devono per forza somigliargli. Femmina-sbirro sta per uguale al maschio. Lo stesso dicasi per femmina-procuratore o per femmina-avvocato.

Le vittime invece hanno la strana caratteristica di sembrare un popolo demente nel pieno esercizio del libero arbitrio mentre questi sbirri-dei li proteggono da se stessi e dal mondo.

Le vittime sono quasi sempre donne, eppure nessuno attribuisce ai fenomeni descritti il nome che merita: femminicidio. Ed è una omissione che attraversa tutta la cinematografia e le serie televisive.

L’unico che ha creato un soggetto, dal quale è stato tratto un film, che ha chiamato le cose con il suo nome è stato Stieg Larsson, autore della trilogia Millenium, la prima della quale ha senza ombra di dubbio descritto il contesto nel quale si svolgeva la storia (Uomini che odiano le donne).

https://ewpopwatch.files.wordpress.com/2009/10/csi-victim_l.jpg?w=240&h=320Di fatto le vittime, per l’appunto, sono quasi sempre donne. Possono essere vittime occasionali o pianificate di stupratori, assassini e serial killer, fatto sta che il ruolo delle donne in questi film e serie tv è sempre quello delle morte ammazzate.

Le donne si sono dovute specializzare e sono perfette nel ruolo delle “sgozzate”, sepolte vive, stuprate e incaprettate, impiccate e poi scuoiate, mutilate, sezionate sui tavoli degli obitori, con sadici medici legali che infilano le mani dentro fino a violare gli organi vitali in diretta tv e via di questo passo.

Immaginiamo i casting per questi ruoli: “cercasi attrice, con esperienza, bella presenza, che dimostri il suo talento restando in scena senza proferire parola o respirare”.

In effetti a chi non piacerebbe fare la parte della scuoiata viva in Csi?

Gli assassini sono ovviamente sempre pazzi, in preda a deliri mistici di ogni tipo, e i salvatori delle rare vittime beccate ancora in vita sono incazzati con l’universo mondo o sono affette da delirium tremens, una specie di morbo di Parkinson come quello che sembrava avere la protagonista del “silenzio degli innocenti”.

In generale questi assassini hanno la presunzione di ripulire il mondo da puttane, lesbiche, trans (che vengono definite “pervertite”), donne dalla sessualità non monacale, donne che non si comportano bene, adultere, ragazze sfrontate e via così. E a nessuno viene in mente ancora di chiamare tale fenomeno “femminicidio” giacchè viene legittimato e sostenuto da precisi riferimenti culturali che ammiccano a moralisti e censori delle abitudini sessuali e comportamentali femminili.

Come dire: ammazzarle in quel modo è una brutta cosa, però loro avrebbero potuto comportarsi meglio.

Nei film e telefilm di questo genere non si parla quasi mai della stragrande quantità dei delitti che riguardano le donne, ovvero quelli che derivano dalla violenza maschile. Quasi a voler dimostrare che il mostro è sempre là fuori mentre in casa la donna, se si comporta bene, si veste da personcina a modo e interpreta perfettamente la vita della femmina di famiglia, non può accaderle mai niente.

I pochi film che parlano di questo sono generalmente voluti, finanziati, pensati da persone sensibili al problema che non vogliono operare omissioni omertose in rapporto alla realtà.

In generale comunque le donne vengono sfruttate come cadaveri di scena. Corpi presentati con pose erotiche: una morta con la tetta scoperta, la coscia ben in vista, il sangue che cola sul volto. E tutto ciò crea un appeal, un immaginario dall’erotismo macabro che è funzionale al femminicidio invece che esorcizzarlo.

In questo ovviamente ci sono delle complicità e c’è una precisa volontà educativa che viene dimostrata nel momento in cui a claudia mori, per esempio, vengono censurate dalla rai due puntate sui sei film per la tv che ha finanziato e che parlano di violenza contro le donne (guarda caso uno che parla di violenza su minori e l’altro che parla di tratta).

Quello che ci sembra verosimile è che un intero popolo di violenti viene esortato, sollecitato, istigato, abituato, alla necrofilia.

Se rendi familiari le pose di una donna squartata non può certo sorprenderti, né può sconvolgerti, sicchè ti verrà semplice spaccare il cranio alla tua ex moglie, darle fuoco, mutilarla con l’acido, spararle in fronte, accoltellarla all’infinito.

C’è anche un altro problema culturale che riguarda questi film e serie tv: le donne vengono educate alla passività e ad attendere di essere salvate. Possono solo fare la parte delle morte o chiedere aiuto. Difficilmente le vedi difendersi. Difficilmente viene trasmessa a tutti l’idea che le donne non siano soggetti passivi.

Ricordate i commenti che avete fatto, voi o chi stava con voi, mentre vedevate l’immancabile femminicidio, sicuramente voi urlavate: vattene, allontanati, difenditi, scappa, non entrare lì.

Qualcuno direbbe: “devono entrare, restare, inciampare, altrimenti non si fa il film”. Ed è vero: se la donna non entra in un posto dubbio o percepisce il pericolo allora non ci sarebbe il film. Ovvero le storie si concentrano sulla straordinaria abilità di queste figure femminili di non sapere mettere un piede dopo l’altro senza cadere, di non saper mordere, urlare, dare un calcio, scappare, percepire il pericolo. Sarebbero tutte fanciulle impaurite e un po’ imbranate.

Nessuno sa immaginare un film con un finale diverso, in cui le donne evitano il pericolo, si fidano delle proprie sensazioni, si difendono, mettono in fuga lo stupratore. In cui si rivelano le esatte condizioni di ricatto, di gerarchica ripartizione del potere in cui si esercita una violenza maschile contro le donne (vi ammazza chi vi tiene in pugno o fa in modo di tenervi in pugno: il vostro ex marito, il tutore, l’uomo dal quale non riuscite a disancorarvi e quando tentate di farlo troverà elementi per ricattarvi, figli, soldi, casa, lavoro, etc etc etc).

Anche in questo caso immaginate il casting: “cercasi ragazza, bella presenza, che deve restare a fare la doccia per mezz’ora, prima di essere sgozzata come un animale”.

Non sarebbe meglio una parte in cui si dice: “cercasi donna, intelligente, intuitiva, che sente odore di femminicida lontano un miglio e appena ne vede uno scappa o gli fa un culo così”?

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio, Vedere.


One Response

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  1. Rosa says

    Bel post 🙂