Dicono
tutti che le donne soffrono di cambiamenti d’umore, di sbalzi che manco le
montagne russe, di faccende ormonali per le quali le aziende farmaceutiche
hanno approntato il farmaco rincoglionente, per tenere al riparo i maschi da momenti
che vengono volutamente demonizzati.
Modello
standard della società piatta è essere piatti. Il piattume lo si esercita con
l’espressione botulinica, priva di qualunque modificazione, levigata, liscia,
con effetto demenziale ripassato anche sullo sguardo che deve restare fermo,
immobile, possibilmente diretto su una tivù commerciale o un centro, anche
quello commerciale, perché l’unica felicità che deve derivarvi è acquistare,
acquistare, acquistare.
Però,
però, però… avete mai visto un uomo che a momenti sembra l’esorcista? Non parlo
solo di quelli che il giorno prima sono innamorati e il giorno dopo vi danno
una sprangata in testa. Parlo proprio dei cambiamenti d’umore di tanti maschi
che nessuno ha interesse ad analizzare.
Vi
è mai capitato di trovarvi di fronte al vostro partner immaginando che va tutto
bene, esattamente come qualche ora prima, quando era sorridente, disteso,
tranquillo, sereno. Invece ve lo ritrovate dopo un po’ e senza una ragione
apparente si è immusonito, si è catapultato in un mondo fatto di paranoie,
paure, ansie, e comincia la tortura.
Ti
risponde in tono brusco, anzi acido, diventa livoroso. Allora vi ritrovate a
chiedere “cos’hai? Che ti è successo?” e lui, ovviamente, niente. “Ma che hai?
E’ successo qualcosa che non so? Mi fai preoccupare!” e ancora niente. Allora
lo lasci perdere perché pensi che c’ha le “cose sue”. Ma poi ci ripensi e dici
ma quali sono le “cose sue”? I maschi hanno cose di pinna, nessuno ti dice che
si producono in mille metamorfosi quotidiane, che diventano isterici,
collerici, irascibili, spesso pericolosi per se stessi e per gli altri.
In
una di queste variazioni d’umore un mio conoscente ha preso la bicicletta nel
cuore della notte, andava controsenso, doveva fare un dispetto alla fidanzata,
e si è schiantato riportando diverse fratture per fortuna guaribili in qualche
mese. L’altra invece, per evitarlo, si è frantumato l’osso del collo e ci ha
rimesso completamente l’auto. Viva per miracolo.
Perciò,
dicevo, pensi che c’ha le cose sue e lo lasci stare. A volte capita di non
volere nessuno attorno. Gran brutta cosa avere in giro un essere opprimente,
personalmente non lo tollero, da vicino, da lontano, realmente e virtualmente.
Spazio e ossigeno, ossigeno e spazio. Sono categorie indispensabili alla
sopravvivenza di ciascuno.
Però
lui c’ha le sue cose di pinna e allora mi insegue nell’altra stanza e chiede
“come mai non dici niente?” e tu immagini di essere protagonista di un film di
fantascienza. “’Sti cazzi, teso’, t’ho appena chiesto che minchia hai e a
momenti mi incenerivi con gli occhi…”.
Silenzio. “Ma dai, che cosa mai può esserti successo tra una sessione di
cesso, una doccia e una rovistatina nell’armadio?”. “Ti va di scherzare. Non
ridere.”
Perciò
smetto di ridere. Normalmente devo fare il giullare di corte per sdrammatizzare
e tirarlo su dalle sue fasi umorali. Stavolta devo smettere di ridere. Brutto
segno. E io faccio fatica a smettere di ridere di fronte a chiunque si prenda
così sul serio. C’ho la risata a scatto. Tu hai la faccia depressa? E io ti
recito un capitolo dell’orlando furioso, declamando i versi per sottolineare il
momento, quel pathos, quella fase virile della vita in cui l’omo sta decidendo
del suo futuro, delle sue battaglie.
Tu
assumi la posa del vedovo affranto? E io mi ti faccio vedere in tutta la mia
senitudine prosperosa. Son viva, son qua, che ti sconvolge amor mio?
“Non
mi hai chiesto cosa mi ha detto il dottore…”. Fulmini e saette, c’è di mezzo un
dottore? Vuoi vedere che mi dice che ha il cancro e io non sono preparata? E
mo’ che faccio? Che gli dico? Ma ripensandoci… “sangue mio, fegato della mia
vita, ma quale dottore?”. “Ci sono andato tre giorni fa…”. Occazzo, nientemeno
che tre giorni fa e ti fai venire la crisi mistica adesso? “Ma perché sei andato
dal dottore?” “Perché dovevo farmi prescrivere il farmaco per l’allergia…” “E
me lo avevi detto?” “No”. “E ti ha rivelato che sei allergico a qualcosa che ti
farà morire in due nanosecondi?” “No” “ E allora, tenero cuore mio, che
acciderbolina ti ha detto?” “Che il farmaco un po’ mi abbatte…”
Prendo
fiato per due minuti, che poi dicono che bisogna restare calme altrimenti noi
femmine siamo “cattive”, e poi, quieta, dico “Cucciolo, tesoro, my love, ma
di che tipo di allergia soffri esattamente? “ e penso che se la conversazione
continua così, con lui che fa la vittima e ha tanta voglia di litigare, finisco
per abbattere il muro che ho accanto, almeno risolvo un problema di spazio e ci
faccio l’angolo per la scrivania che non so dove metterla.
Scuote
la testa. Silenzio. Ancora un po’ di suspance. Mistero. Sospira. Mi alzo. Mi
guarda. Cammino. Mi chiama. Ritorno. Ho in mano le pagine gialle “chiama il
telefono amico, caro, ti offrono un servizio di consulenza 24 ore su 24. Quando
avrai chiaro l’argomento di cui vuoi parlare, in sintesi, allora vieni da me,
senza pause, sospiri, mistero, pathos, con un pizzico di autoironia e la sana
voglia di fare tanto buon sesso.”
Faccio
ciao ciao con la manina e metto sulla porta il cartello “non disturbare!”. Amen.
Tanto per cominciare, abolirei il termine “isteria”, di cui dovremmo sapere l’origine. Dall’utero non parte alcun disturbo psicologico, mai, al massimo malumore e debolezza da crampi e morsi uterini fisiologici, ma quella è altra cosa e ci mette a letto con una pasticca in mano, non certo nello stato d’animo per litigare.
Per fortuna, la scienza ha fatto progressi ed ora sappiamo che il disturbo ciclotimico ed il disturbo bipolare colpiscono entrambi i sessi con poche differenze percentuali…
Quanti dejà-vu… tornassi indietro, farei come te. =)