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La schiavitù delle donne dura tutta una vita

Mi
chiamo M.
e la mia vita è quasi finita. La mia famiglia è fatta di tre
generazioni. Fino a qualche anno fa le generazioni erano quattro.

C’erano
i miei genitori, i genitori di mio marito. C’ero io e il mio compagno. C’era
mio figlio e mia figlia, ora ci sono due nipoti, entrambi di mia figlia.

La
mia vita
somiglia a quella di tante altre. Non sono una donna speciale. Sono
forse quella che meglio di altre, più giovani di me, evita di farsi prendere in
giro.

Io
so com’è
la vita delle donne. Ne conosco ogni dettaglio e tutto quello che
viene raccontato a voi che siete più giovani è una menzogna.

Le
cose
non sono mai cambiate. Semplicemente sono più attenti a mascherare i
doveri che prima venivano imposti alle donne aiutati da un marketing che
dovrebbe renderli più desiderabili.

L’unica
verità
consiste nel fatto che quando si parla di welfare state, di economia che
regge perché l’italia vanta la stabilità della famiglia, stanno parlando di un
sistema che si regge interamente sulla schiavitù sessuale, riproduttiva,
fisica, psicologica, economica, emotiva, delle donne. Di tutte le donne.

Mia
madre
diceva che per lei ai suoi tempi era diverso. Lei non avrebbe mai potuto
indossare una gonna corta e non avrebbe potuto studiare come ho fatto io.

L’età
dello studio
l’ho vissuta come una licenza premio. La diserzione sarebbe stata
impossibile. Sapevo che lo studio mi serviva solo a cercare un buon partito. Le
mie braccia erano destinate a ben altri lavori.

Arrivò
mio marito
che non era affatto un buon partito ma è sempre stato un gran
lavoratore. Con la fatica e il sudore è riuscito a garantirci una vita serena.
Ma questa è una storia che riguarda tempi in cui il lavoro poteva essere una
sicurezza. Ora non è più così. Ora non saremmo stati in grado di costruire niente.

Per
un po’
mi dedicai ad un lavoretto. Niente di fondamentale. Giusto per uscire
fuori di casa. Poi arrivò il primo figlio e poi la seconda. Sapete com’è:
meglio restare a casa che pagare una baby sitter, la madre deve prendersi cura
dei figli, il marito ha bisogno di trovare tutto in ordine, un pasto caldo, una
camicia stirata e pulita. La mia vita sarebbe stata sempre e solo quella.

Quando
i figli
sono cresciuti ed erano un po’ più autonomi si ammalò mio suocero, poi
mia suocera. Mio marito era il primo di tre fratelli. Io ero l’unica donna
“affidabile” alla quale scaricare l’incarico di badare agli anziani.

Ho
trascorso notti
a ripulire i culi di quelli che per me erano estranei e mi convinsi che
mio marito mi aveva sposato solo perché ad un certo punto sapeva che ci sarebbe
stato bisogno del mio aiuto. Costavo meno di una badante, una cameriera, una
schiava a tempo pieno avente perfino doveri sessuali.

Quando
morirono i miei suoceri, uno alla volta nel giro di quattro anni, si ammalò mia
madre e in quel caso non dovevo nutrirla e cambiarla. Dovevo però accudire mio
padre, solo e anziano, che non era in grado di prepararsi neppure un uovo al
tegamino.

Ricordo
che le uniche parole di conforto che venivano da mio padre e da mio marito
erano riferite al fatto che si dispiacevano per mia figlia, adolescente ribelle
che non mi aiutava.


Io
restavo zitta
e accettavo il ruolo di agnello sacrificale pur di
avere un minimo di attenzione. Ero comunque colpevole perché sapevo che mia
figlia non aveva nessuna responsabilità e perché ero io che la preservavo dai
“doveri” familiari per concederle una “licenza premio” che durasse più a lungo
possibile.

Conoscevo il suo destino. Sapevo che lei non avrebbe potuto scegliere e che
nessuna donna della famiglia avrebbe potuto scegliere mai.

Quando
mio figlio
, che fino a quel momento era stato servito e riverito, mi presentò
la sua ragazza, dicendomi con una certa supponenza che lei era una donna
“diversa” e che non avrebbero avuto figli fino a che lei non avrebbe realizzato
i suoi obiettivi professionali, io ne fui contenta.

Ero
solo delusa
dal fatto che mio figlio dimostrasse tanta “autonomia” con un’altra
donna e non ne dimostrasse affatto con me. Lui riusciva ad essere autonomo con
lei perché aveva ancora me alle spalle che gli lavavo e stiravo i panni e che
gli preparavo quei pasti sfiziosi che gli piacevano tanto.

Da
lì mi resi conto
che l’alleanza tra le donne spesso non funziona perché la
libertà di un’altra passa per forza per la tua schiavitù. Un’altra suocera
avrebbe guardato a quella donna come una nemica, avrebbe inventato qualsiasi
cosa per costringerla ad assolvere al suo dovere di “femmina”. Ci sono quelle
che inventano di essere tanto affezionate al figlio maschio ma per quello
che mi riguardava l’unico pensiero che mi sembrava veritiero era quello che
evidenzia come il mito della mamma oppressiva sia utile a quella madre a
sgravarsi di qualche dovere per impartire alla
nuora tutte le istruzioni per essere all’altezza del ruolo che le spetta.


Mi
guardai bene
dal dire a mio figlio quanto ipocrita fosse la sua selezione di
donne “libere” dato che della mia libertà non gliene fregava niente, anzi
diceva che la schiavitù era una mia “libera scelta”. Scelsi di favorire anche
la licenza premio di quella sconosciuta ragazza che prima o poi si sarebbe
ritrovata con la vita pronta a chiederle di saldare tutti i conti.

Mia
figlia
si fidanzò e si sposò in gran fretta. Sapete tutta la storia di quelle
che dicono “voglio costruirmi una famiglia mia”? In realtà lo fanno per
sfuggire ai doveri che vengono dalla propria. Ci sono tante donne che si
sposano o vanno a vivere con uomini che non conoscono affatto semplicemente
perché si illudono che per loro le cose andranno un po’ diversamente. Pagare l’affitto è più semplice se a farlo si è in due. La società non permette alle donne di andare a vivere da "sole" senza passare da mille forme di schiavitù. Quella unione non era diversa da qualunque altra scelta che avrebbe potuto fare per fingere di avere altre prospettive.

Non
mi opposi
e d’altronde non potevo impedire il corso della storia. Da donna
consapevole quel corso puoi semplicemente deviarlo, puoi scegliere di fare da
parafulmini, puoi sperare che nel frattempo qualcosa cambi prima di accorgerti
che le giovani generazioni parlano il linguaggio di tua nonna e che non
capiscono affatto che il punto verso cui stanno andando è un dirupo dal quale non
potranno più risalire.

Quando
mia figlia
restò incinta per la prima volta mi presi cura di lei che quasi non
mi sopportava. Diceva che ero troppo sottomessa, troppo inconsapevole. Invece lei immaginava di essere il massimo della "autonomia" con quel fare sbruffone tipico di chi ha ancora tante cose da capire. Nel
frattempo io mi chiedevo quando avrei potuto concedermi una vacanza.

L’asilo,
com’era ovvio
, non accettò il bambino perché non esistono strutture, servizi,
sufficienti asili e perché tanto si cullano sul fatto che ci sono queste belle
nonne tutte felici di continuare a fare le schiave fino alla morte. Si, come
no.

Quando
vivi
una condizione del genere ti accontenti di piccole cose. Vedi che la
“famiglia” ti gratifica con sorrisi ipocriti e con frasi che esaltano il tuo
spirito di sacrificio. A nessuno importa veramente di te. Tutti sono chiusi nel
loro egoismo, mors tua vita mea, e la chiamano famiglia, e lo chiamano amore
per la mamma, questa figura celebrata per crocifiggerla ogni anno di più, per
naturalizzare un ruolo che non ha niente di naturale e per condannarla a
sentirsi “anormale” e sovversiva, piena di sensi di colpa e di sentimenti
incattiviti quando si rende conto che quella vita non le piace.

Tutto
ciò è
chiaro a tutte, sono convinta che sia così, a prescindere dal livello di
istruzione delle donne, tutte sanno che le nostre vite si reggono sulle bugie,
su un enorme castello di menzogne, ruoli imposti, convenzioni sociali, norme,
regole, dalle quali non puoi sfuggire senza pagare un prezzo altissimo o senza essere "punite" in mille modi.

Odiavo
le vicine
, quelle che ti fermano per strada nascondendo la loro infelicità per
dirti frasi di circostanza: “è meglio che abbia un bambino di cui prendersi
cura… i bambini sono la gioia della casa… e poi che altro dovrebbe fare alla
sua età?”.

Che
dovrei fare
alla mia età? Riposare, per esempio? Dite che me lo meritavo? E
invece no perché tra i ventriloqui di maria de filippi, rita dalla chiesa e
barbara d’urso il mondo continua a pensare che le donne siano buone solo a fare
le chioccie casalinghe. E quelle che lavorano affidano il compito ad altre
donne, pagate poco. Si liberano della schiavitù al prezzo di altre schiavitù
mentre gli uomini restano protetti a fare i padroni del mondo senza saperlo
neppure gestire.


Mia
figlia ebbe
la geniale idea che era meglio fare un secondo figlio subito perché
era così bello dare una sorella o un fratello al suo bambino. Tutti ovviamente
erano tanto d’accordo. Io un po’ meno ma evitai di
farne cenno, tanto non mi avrebbero ascoltato.

Fu
una bambina
, forse la mia migliore amica, una creatura arguta con la quale
riuscivo a parlare di cose che mai avevo detto ad anima viva. Quella bambina
ora è un po’ cresciuta e sono riuscita a farle promettere di interrompere il
cerchio della schiavitù delle donne della nostra famiglia. Niente figli fino a
quando lei stessa non fosse stata felice di accudirli. Niente vite di ripiego,
niente ipocrisia. Niente famiglie sostitutive di altre famiglie. Niente carichi
e incarichi inventati per sfuggire ad altri doveri. Le avevo chiesto di perseguire
la cosa più difficile del mondo: la verità.

Le
avevo detto
che il rischio sarebbe stata la solitudine, che avrebbe dovuto lottare contro
tanta mistificazione e che le avrebbero imposto punizioni e ricatti morali per
farla tornare in riga.

Mio
genero decise
ad un certo punto che io ero una “cattiva nonna” e che le stavo
mettendo in testa cose negative, perciò assoldò sua madre ben disponibile a dimostrare che lei era più nella “norma” e perciò più “affidabile”.

A saperlo che sarebbe stato così semplice ricavare un po’ di tempo per me avrei cominciato a dire la verità molto tempo prima. Invece come una stupida sono stata zitta, immaginando di avere bisogno di quella famiglia e del tanto “amore” che da essa derivava.

Ora
sono vecchia
, stanca, e in casa ho un marito che in tutti questi anni non mi ha
mai capito né aiutato. A pensarci bene non abbiamo nulla da dirci. Ho ricominciato
a leggere, mi sono concessa anche una lunga malattia e ho capito perché le
donne si ammalano così frequentemente: perché altrimenti nessuno si prenderebbe
cura di loro.

La mia
nipotina
viene a trovarmi di nascosto e mi parla per ore di sogni che spero
potrà realizzare. Io desidero vivere più a lungo possibile, almeno fino a
quando sarò in grado di andare da sola a fare pipì. Questo alla fine resta l’unico desiderio che il mondo ti concede. Sopravvivere per qualche anno ancora a goderti, decrepita, un po’ di rugoso riposo. Una vera bellezza. Tutto ciò sperando anche di non dover mai dipendere da nessuno che ti cambi il pannolone. In quel caso spero qualcuno abbia pietà di me e mi conceda l’eutanasia. Almeno quella dovrebbe essermi dovuta.

Ps:
sapete che tutto il lavoro che ho svolto nella mia vita sulla carta non vale
niente? Non ho mai avuto la pensione e se avessi cercato un lavoro nessuno mi
avrebbe assunta.

—>>>Immagine da Riotclitshave

Posted in Narrazioni: Assaggi, Omicidi sociali, Storie violente.


4 Responses

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  1. Nicola says

    In assoluto la miglior lettura(e la cronistoria più vera) mai fatta negli ultimi tempi.Davvero complimenti,M.

  2. angela says

    ho ritrovato molto della mia storia in questa lettera, anche se sono ancora giovane. ho alle spalle un altra vita con ruolo da fidanzata, figlia ubbidiente e rispettosa.
    nn so che sia successo ma per fortuna a un certo punto ho scoperto di essere insoddisfatta e costretta.
    Grazie M.

  3. Martina says

    Che bella questa lettera, cara M, ti ringrazio con tutto il cuore.. Quoto Titti, la verità di queste parole toglie il fiato: la vedo ogni giorno, in ogni donna e in ogni famiglia.
    Se ti può far piacere, io sono una di quelle “sfuggite ai ruoli”: un prezzo l’ho pagato, si, ma solo a me stessa. Per il resto ringrazio ogni giorno di essere libera e di essere me stessa. Libera di trovare la mia realizzazione in quello che voglio io, non gli altri.
    E a tutto il resto, una grandissima e soddisfatta pernacchia! 😛

  4. Titti says

    ma chi ha scritto questa lettera? E’ di una verità che toglie il fiato