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La “cura” per le lesbiche

La
sapete quella della cura per le lesbiche? Mi chiamo Fabiana e ve la racconto io.

Mio
padre aveva una strana avversione per tutto ciò che era alla luce del sole. Gli
piaceva il buio e trascorreva le sue giornate con le tapparelle abbassate. Era
così dal giorno in cui lo fecero disoccupato e non c’era verso di fargli
prendere una boccata d’aria.

Mia
madre tirava avanti la carretta e si alzava al mattino presto per sistemare
ogni cosa. A me spettava il compito di vivere nella norma per non dispiacere
nessuno.

Come
fu e come non fu un anno esatto dopo il licenziamento di mio padre io conobbi
una donna della quale mi innamorai. All’inizio fu attrazione fisica, una
attrazione che non avevo mai provato fino a quel momento.

Di
lei mi piaceva tutto, l’odore, il sapore, le mani, la bocca, il cervello. Diventò il mio rifugio, la mia oncia di ossigeno fuori dalla mia casa buia.
Pensavo di averne diritto. Non facevo male a nessuno.

Mia
madre lo seppe per prima, perché glielo disse quella pettegola della vicina. Ci
aveva viste a baciarci sotto casa una sera che la mia compagna era venuta ad
accompagnarmi.

Potevo
mentire. Potevo dire che c’era stato un equivoco. Preferii dire la verità.

Di
mia madre so che è sempre stata una donna che doveva tenere tutto sotto
controllo. La sua vita doveva essere perfetta. Non lasciava mio padre perché
avrebbe frantumato il riflesso di perfezione che si era creato con il mondo
intero. Questa figlia lesbica proprio non ci voleva.

Cominciò
a ricattarmi con la depressione di mio padre. C’era lui di cui occuparsi e io
non potevo concedermi una vita sentimentale.

“Sarebbe
lo stesso se fossi impegnata con un uomo… in questo momento abbiamo bisogno di
te”.  Ed è la prima cosa che
succede in ogni famiglia che vuole impedirti di compiere le tue scelte per te
stessa, per essere felice.

Quando
ne parlai con mio padre desideravo essere autorizzata a fare quello che volevo.
Proprio non mi piaceva il fatto che mia madre condividesse con me la mia
passione come fosse un segreto di cui vergognarsi. Non avevo bisogno di una
complice che mi aiutasse a tenere celata la mia scelta. Avevo bisogno di
persone adulte che mi sostenessero.

Mio
padre non disse niente. Mi concedette uno dei suoi soliti sguardi liquidi e
tornò a giocare con il computer immerso com’era in una vita senza vita e senza
sorrisi.

Mi
fu sufficiente e dissi a mia madre che non c’era più nessun segreto da
custodire. Non era più una questione di vita o di morte per mio padre. Lui
sapeva e non gliene fregava niente.

Feci
le valigie e andai dalla mia compagna. Il resto fu un tormento.

Mia
madre non sopportava di restare da sola con la sua vita che non aveva nulla di
perfetto. Non aveva mio padre e non aveva neppure se stessa.

Capita
a volte che i genitori abbiano grandi problemi che non riescono a risolvere.
Capita che si proteggano dietro questioni false per nascondere a se stessi cose
molto più grandi e più vere.

Mia
madre fece della mia “guarigione” una missione della sua esistenza. Se lo era
imposto come un dovere, per il “mio” bene.

Un
po’ la capivo perché non deve essere semplice per una donna andare avanti senza
mollare un attimo, alzarsi tutte le mattine, lavorare, gestire la casa, il
marito completamente assente, senza una vita, una dimensione soddisfacente, una
forma di sessualità, una carezza, niente. Avrebbe potuto mandarci a quel paese.
Avrebbe potuto lasciare mio padre e obbligarmi a prendermene cura. Invece era
lì a presidiare il fortino, senza un lamento, una lacrima, dura, forte,
inflessibile.

Io
so di essere stata una egoista. Potevo essere più comprensiva. Potevo fermarmi
a imparare dalla vita invece di concedermi qualche bel film strappalacrime. Ma
chi poteva aspettarsi che mia madre avrebbe fatto quello che poi fece.

Mio
padre per la prima volta dopo anni prese la cornetta, fece un numero, il mio, e
disse una frase intera: “Tua madre è morta!”.

Tanta
durezza e tutta quella voglia di controllare l’incontrollabile le fece venire
un infarto. Deve essersi lamentata perché in ospedale dissero che non era morta
subito. Mio padre aveva la testa altrove e io non c’ero.

Ora
sono “guarita”. Sono tornata a prendermi cura della “famiglia”. Mio padre
continua a giocare con il computer e io sostituisco mia madre. Cucino, lavo,
stiro, consolo quell’uomo che non conosce la differenza tra un lunedì e una
domenica. Sono diventata come lei, credo di somigliarle anche fisicamente. Devo
aver tirato fuori quelle pose introiettate, i comportamenti che digerisci di
riflesso senza rendertene conto.

La
mia compagna mi aspettò per qualche mese, poi fece altro e io rimasi sola con la mia pessima vita, senza prospettive né futuro.

Attualmente
le cose stanno così: ho incontrato un uomo. Mi ha messo le mani addosso. Ha detto
che stiamo “insieme”. Per me è un amico, nulla di più. Gli ho detto della mia
ex. Mi ha detto che non gli importa. Gli ho detto che il sesso con lui non mi
piace. Mi ha detto che non gli importa. Gli ho detto che non sono felice. Mi ha
detto che…

Non
è semplice essere chi vuoi quando non sei autonoma e hai responsabilità
familiari. Da tempo oramai mi chiedo: quante solo le donne che accettano una
vita di ripiego perché non possono andarsene?

—>>>Foto da Riotclitshave

Posted in Narrazioni: Assaggi, Omicidi sociali, Storie violente.


5 Responses

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  1. Phoenix says

    “Attualmente le cose stanno così: ho incontrato un uomo. Mi ha messo le mani addosso. Ha detto che stiamo “insieme”. Per me è un amico, nulla di più. Gli ho detto della mia ex. Mi ha detto che non gli importa. Gli ho detto che il sesso con lui non mi piace. Mi ha detto che non gli importa. Gli ho detto che non sono felice. Mi ha detto che… “

    Mollalo prima che ti uccida http://bollettino-di-guerra.noblogs.org/ (ti ricordo il bollettino di guerra)

    Soprattutto molla tuo padre, come si permette a trattarti così! Hai lasciato un amore bellissimo! Hai lasciato la tua VITA, tua madre è morta per il suo egoismo e tuo padre vuole farti sentire in colpa per avere una babysitter 😉

    Ma sei felice?

    Torna dal tuo AMORE:)

    Un abbraccio
    Phoenix

  2. Feminoska says

    Una delle mie più care amiche ha vissuto una situazione analoga e quasi ci ha rimesso la sua di vita. Liberati subito, ora. Non salverai lui, stanne certa, se non vuole essere salvato. Ma hai il dovere di salvare te, da uomini vittimisti o autoritari…o ambedue le cose che spesso sono la stessa faccia di una sola medaglia. Coraggio!

  3. Martina says

    Childfree? Non sono sicura che mi piaccia questo termine… Non sento di appartenere a una categoria.
    Semplicemente, di figli non ne voglio e non ne vorrò mai: è così strano?
    E’ una mia scelta.
    E’ tanto strano che non senta la minima voglia di dedicarmi, di occuparmi e prendermi cura di qualcuno, che siano i miei vecchi genitori o un/a partner, e che non provi il minimo rimorso o senso di colpa per questo? (pare che dovrei provarne invece..)
    E’ sempre e comunque una mia scelta, che vivo fino in fondo e senza conflitti.
    Sarà perché prima ancora che una donna o una figlia, mi sono sempre considerata una persona.
    Non è così tragico nè difficile rifiutare i ruoli “imposti”. Fate le vostre scelte, e vivetele fino in fondo, senza dar retta a chi vi taccia di egoismo.. è solo invidia 😛
    Cara Fabiana, questo è il consiglio che vorrei darti: molla il tipo e tuo padre e non guardarti indietro: ogniuno è responsabile del suo destino.
    E affrettati, che la vita è breve!
    Un abbraccio
    Marti

  4. Camilla says

    Cara, carissima- se mi permetti di chiamarti così- anche io sono lesbica. Sono più giovane, e non ho dei problemi come i tuoi, ma come tutte le donne omosessuali ho paura che possano capitarmi episodi del genere. So che forse ti senti in debito con tuo padre. So che è ingiusto lasciarlo da solo, e non devi farlo, ma non devi nemmeno PIEGARTI a lui! Non devi asservirti nemmeno a quel tizio che ti ha messo le mani addosso! Ribellati, fai fuoco e fiamme, fregatene di quel tizio! Per tuo padre, basta che cerchi una badante che ti sostituisca in cose come lavare, cucinare, stirare e pulire, anche se ovviamente dovresti continuare a vederlo, dopotutto lui è tuo padre. Poi, prova a incoraggiarlo, a portarlo da uno psicologo a parlare della sua situazione, cerca di aiutarlo non solo dal punto di vista materiale ma anche da quello mentale.
    Ok, sicuramente sembro parecchio ingenua a dire queste cose, ma quando leggo storie come questa mi salgono le lacrime agli occhi e cerco di pensare qualche buon modo per dare una mano!
    Beh, buona fortuna, spero che la situazione si evolva in meglio

  5. Nat says

    Tutte. Tutte quante.
    Tranne forse le single, childfree, orfani e figlie uniche, di meno di 80 anni, con una rendita e automunite.
    Forse.
    E sempre che non si siano accollate numerosi incarichi di volontariato per non sentirsi dire che sono troppo “egoiste”.