La mia è una storia che potevo anche non raccontarvi. Però ve la racconto. Potrebbe servirvi.
Mi chiamo Romina e sono nata e cresciuta in un paese meridionale. Ho un fratello che ha solo qualche anno più di me.
Quello che voglio raccontarvi è l’omertà. Ve la insegnano fin da bambini. Così come vi insegnano da subito che se invece parlate, svelate quello che vi succede, qualcuno vi darà della bugiarda.
Mio padre era un uomo con cambiamenti d’umore piuttosto frequenti. Aveva picchi di allegria esagerata e poi di colpo sprofondava nel buio più totale. Diventava astioso, vedeva tutto nero ed era frequente che lui trascinasse in queste sue vertigini anche il resto della famiglia.
Mio fratello fu quello che subiva i suoi ricatti. Lo costringeva a stare seduto davanti alla tivù con lui mentre gli insegnava che il mondo era una merda, le donne erano merda, gli altri erano merda. Tutti erano merda a parte lui.
Io subivo le sue molestie. Quando lui aveva i suoi cali d’umore lo vedevo rovistare per scoprire nel mio comodino la prova di qualche mio errore, guardava dentro il mio diario, strappava le pagine, rompeva le mie cose se non erano di suo gusto.
Poi cambiava di colpo e allora veniva da me e diceva che era meglio se non dicevo niente a nessuno.
I bambini, sapete come sono fatti, no? Raccontano tutto. Parlano con tutti. Non hanno peli sulla lingua. E gli adulti fanno a gara per insegnargli cosa si può dire e cosa non si può dire.
Puoi dire che la scuola va bene ma non puoi dire che qualcuno ti picchia a casa. Puoi dire che hai giocato con l’amichetta ma non puoi dire che tuo padre il giorno prima ha urlato e spaccato tutto.
I segreti di famiglia sono segreti che bisogna portarsi dietro fino alla tomba e tante volte quella che viene chiamata "riservatezza" altro non è che omertà.
L’omertà va a braccetto con la complicità ed ecco quindi che mentre ti insegnano a non parlare di cose che mettono in imbarazzo gli adulti ti impongono anche di essere i loro complici.
Passi l’infanzia e l’adolescenza a non dire, non fare vedere, perchè sono cose di famiglia, perchè gli altri ci vogliono male, perchè non bisogna dare agli altri strumenti per farti male, perchè dire quello che succede è una vergogna, e segreto dopo segreto alla fine quelli che pagano sono i figli disobbedienti.
La prima volta che mio padre scoprì che sul mio diario scolastico avevo scritto che avevo paura di lui mi disse che ero una bugiarda.
Non ve l’ho detto? E’ la diretta conseguenza dell’omertà. Non devi parlare, non devi mettere in imbarazzo gli adulti, non devi dire che la tua famiglia è povera, che c’è qualcuno malato, che ci sono difficoltà, che tua madre è piena di lividi, che tuo padre ti massacra di botte, non devi dire niente. La gente mormora, non bisogna fare parlare la gente. Chiedere il perchè è cosa vana perchè l’omertà è una costruzione tenace, che dura nel tempo, ci sono voluti secoli per sconfiggerla in favore delle donne e dei bambini maltrattati in famiglia, ma ancora oggi va davvero male.
La conseguenza dell’omertà, dicevo, è l’offesa, la denigrazione, la patologizzazione.
Se rompi il "patto" del silenzio omertoso e quindi spezzi le catene della complicità gli adulti si difendono come possono. Difendono se stessi. Difendono la loro "rispettabilità", quell’alone ipocrita e morale della quale la nostra società è intrisa e che favorisce altra omertà e agevola i contesti in cui le violenze familiari possono avvenire.
Se tu vai con tuo padre dal gelataio e dici al gelataio che vuoi il gelato grande ma non puoi perchè tuo padre non te lo vuole comprare, eccolo prodursi in acrobazie terribili, a dire che non è vero, la bambina gioca, la bambina dice sempre cose fantasiose, la bambina mente, la bambina aveva appena detto che voleva il gelato piccolo e dunque per punizione dato che ha anche detto una bugia avrà solo quello piccolo. E nel frattempo tu, bambina che volevi il gelato grande, senti che tuo padre stringe forte la tua mano e ti lancia sguardi tremendi, intimidatori che intimano il silenzio. E se scappi, perchè ritieni di poter essere protetta da un estraneo, trovi immediatamente che c’è un patto tacito tra adulti e quel patto è fatto di una ulteriore complicità.
Gli adulti sono complici e tacciono, gli uni verso gli altri, perchè si consolano di quel "scagli la prima pietra chi non ha peccato". Ovvero: tutti hanno qualcosa da farsi perdonare. Tutti hanno sbagliato. Ed è così che il mondo degli adulti costruisce una intricata rete del silenzio e della complicità a danno dei più deboli, in cui i cattivi si perdonano tra loro e le vittime continuano ad essere schernite, denigrate, perseguitate, perfino rinchiuse nella sfera della psichiatria normalizzatrice.
Dopo l’omertà e la complicità, c’è il patto tra violenti, tra persone che "sbagliano" e non vogliono fare nulla per non continuare a "sbagliare". Si costruiscono una morale fatta di "seconde chance" ed è una seconda chance che non concedono a nessuna delle loro vittime che di chance non hanno neppure la prima.
Semplicemente i bambini in molti casi non hanno chance e chi vuole darsene una finisce per essere triturato dalla burocrazia a tutela del violento.
C’è l’omertà, la complicità, il patto tra gli adulti e poi c’è la sfera normalizzatrice. Quella fatta di psichiatri che spiegano che i bambini sono così, dicono bugie, non hanno pensieri propri. E quella sfera normalizzatrice diventa tanto più ipocrita e distorta quanto più si usano messaggi controversi: non sei tu bambino visionario per tua "natura" ma è tua madre che ti ha condizionato a dire cose cattive del tuo papino.
Ed ecco salvo il sacro "valore" della famiglia, ecco ristabilito l’ordine, ecco trovata la colpevole. Ecco come finisce il cerchio dell’omertà.
Finisce con una donna, mia madre, che per difendere noi figli si è fatta spaccare la testa con una accetta. Non è morta solo perchè era una donna agile e si è scansata in tempo. Ha subito una operazione complicata, è un po’ rincoglionita ma è ancora viva.
Mio padre è rimasto solo, barricato dietro la sua ipocrisia, ancora convinto che tutto sia successo per colpa di mia madre e convinto in generale che siano le donne a rompere il "perfetto" equilibrio familiare che si otterrebbe se solo lasciassero gli uomini a fare un po’ come gli pare, ad avere potere di vita e di morte su ogni componente della famiglia.
Mio fratello ogni tanto è andato a trovarlo perchè, così almeno lui dice, vuole ricordare a se stesso perchè non vorrà mai diventare un uomo come mio padre.
Io non so più neppure che faccia abbia. Ne faccio volentieri a meno. E tutto sommato penso che la mia storia può concludersi dicendo che esiste l’omertà, la complicità imposta, la complicità voluta tra adulti violenti, poi c’è la denigrazione della vittima, la sua patologizzazione e normalizzazione e la vendetta, perchè quella vittima ha osato parlare e fargli fare "una gran brutta figura".
Esistono tutte queste belle cose e a me piace fare una sintesi e dire che in fondo tutto ciò è frutto di vigliaccheria. Si tratta di uomini che non vogliono assumersi la responsabilità delle proprie azioni, che non vogliono rimettersi in discussione, che vogliono sempre avere ragione, con le armi, con la violenza, con il potere, con la cattiveria più infida.
Esistono uomini vigliacchi. E la mia storia può concludersi qui.
Grazie per aver permesso che la raccontassi.
—>>>Grazie a Romina perchè l’ha condivisa con noi. Un abbraccio a lei, a suo fratello e a sua madre.
Grazie Romina per aver avuto la forza di condividere la tua storia.La mia è quasi identica.
Qualche anno fa mio padre ha tentato di strangolarmi perchè gli avevo urlato che trattava mia madre come una serva(lei poi ha preso le parti di lui dicendomi le cose piu’ brutte).Non era il primo episodio di violenza.Non dimentichero’ mai l’espressione di sconfitta sul suo volto quando subito dopo gli feci un applauso dicendogli:” bravo, ora ti senti abbastanza uomo”?
Io scelsi di non denunciarlo per vari motivi (quello principale è che non sarebbe rimasto nessuno a mantenere mia madre ed io ero senza lavoro inoltre lei non me l’avrebbe perdonato) ma lo avvisai semplicemente che se c’avesse riprovato l’avrei fatto.
Provo una rabbia immensa quando sento alcuni personaggi dire che i dati sulla violenza femminile sono “taroccati”.E’ come subire un’altra volta una violenza, un’umiliazione.
Molte donne soprattutto donne con figli e senza un lavoro non denunciano perchè non si presenta un’alternativa e hanno paura di perdere l’affidamento dei loro figli.
Romina ti ringrazio di cuore per aver condiviso la tua storia e detto una volta per tutte che ai/lle bambin* viene insegnato che devono sempre dissimulare. Non sai quanto mi ritrovo in quello che hai scritto. L’ultima volta che mio padre ha alzato le mani su mia madre ho reagito, mi sono scagliata contro mio padre, era legittima difesa ma per giorni sono stata male, mi sono sentita una merda e mi sono colpevolizzata e poi anche in famiglia, da mia madre stessa, mi sono sentita dire di aver alzato le mani su mio padre, che facevo schifo ed ecc… io mi sono solo contrapposta tra lui e lei, mi sono presa i calci che erano per lei e uno schiaffo.Pero’ da allora mio padre, almeno quando ci sono io, non ha piu’ alzato un dito su mia madre ma in compenso urla, insulta, ci toglie soldi ed ecc… la storia poi del non far sapere quanti problemi famigliari ed economici una famiglia puo’ avere la conosco a memoria, io e’ da una vita che dissimulo. Quindi grazie di cuore per quello che hai scritto, e’ la verita’ che nessun* vuole far conoscere. Un abbraccio immenso