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Donne senza uomini

E’ un film meraviglioso della regista Shirin Neshat. Tema principale del film è il recupero della memoria che sembra essere cosa fondamentale per le donne perennemente contro i revisionismi e i negazionismi operati da certe categorie reazionarie e oppressive di uomini.

Nel recupero della memoria la regista include anche il ricordo di una idea di esilio identificato con il giardino. In quell’esilio lei inserisce le donne, tra tutti, quelle che ne hanno più bisogno e che sono e restano la parte più oppressa perfino dove il sistema di oppressione coinvolge tutti.

E’ chiara la collocazione della cultura liberticida contro le donne ma sono chiare anche le ipocrisia sessiste dei mondi di fronte. Ragion per cui alle donne  vittime di uomini definiti voraci, bulimici che ingoiano altri essi umani – non resta che il giardino, una dimensione di donne per donne, dove l’una si prende cura dell’altra e dove c’è qualcuna a piangerti se per la violenza sessista e maschile finisci per morire.

C’è il colpo di stato dello shah di persia, che la regista descrive come azione aiutata dagli stati uniti, i quali sembrano aver dimenticato come mai ora l’iran sia diventato lo stato autoritario e dittatoriale che è. Poi ci sono le donne, costrette da logiche fondamentaliste o da contesti autoritari e militari, imprigionate dalle convenzioni sociali, da maschi che possiedono i loro corpi e che piangono se stessi perfino quando quei corpi muoiono come estremo atto di libertà.

C’è la moglie del generale, poetessa e cantante ridotta dal marito ad essere niente alla sua mercè. Lo lascia e va ad abitare in questa casa di campagna con un grande giardino carico di simbolismi e significati.

C’è una donna che crede nella lotta sociale e civile per la libertà. Vuole ascoltare la radio. Vuole fare cose diverse rispetto a quello che il fratello le ordina. Non intende sposarsi e non intende essere una balia per nessuno. Viene rinchiusa in casa e finisce per suicidarsi, in un suicidio che è atto di libertà estremo. Interessante la scena del fratello quando scopre il suicidio della sorella. Si dispiace per se e la rimprovera di avergli fatto un grave torto, così la seppellisce senza dire nulla a nessuno perchè la sua festa di matrimonio non sia rovinata.

C’è la giovane amica della donna suicida che viene stuprata da due uomini e che si costringe all’esilio per la vergogna di aver perduto la verginità. Poi c’è la prostituta segregata in un bordello che scappa e finisce nel giardino, anche lei.

E’ una storia struggente. Un film memorabile per noi del sud che abbiamo subito e ancora subiamo una cultura assai simile a quella che viene descritta. Da vedere.

Posted in Omicidi sociali, Vedere.