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Ieri ho denunciato mio padre per stalking

Mi chiamo Riccardo, sono uno dei tanti figli di padri separati. Le poche volte che ho visto mio padre mi ha fatto solo male. A pensarci bene sarebbe stato meglio non avere il dovere di esercitare nessun vincolo biologico.

Le persone alle quali vuoi bene sono quelle che scegli e non quelle che si/ti impongono.

Quando mia madre decise di separarsi io avevo tre anni. Mi ricordo poco di quel periodo e quando ho avuto voglia di approfondire non mi è proprio piaciuto quello che ho scoperto.

Dall’inizio però so che a pelle non ho mai potuto digerire la presenza di mio padre. Da grande ho capito il perchè.

E’ un uomo profondamente disonesto, di quelli che non hanno il coraggio di affrontare le conseguenze delle proprie azioni fino in fondo.

Ha ferito mia madre come nessun altro ha più fatto dopo. Ha tentato di impedirle di esistere, di lavorare, vivere in virtù di un diritto di proprietà che lui ha rivendicato su di lei perfino a distanza di anni.

Lei è andata avanti. Lui è rimasto fermo al vittimismo ingiustificato. Stupido. Idiota. Senza la capacità di analizzare quello che gli è successo e di raggiungere un equilibrio.

Il fatto che mia madre sia stata la prima e l’ultima scema che lo abbia amato gli fa ritenere che la causa di tutti i suoi guai sia lei.

Mia madre è una donna meravigliosa. Ogni volta che le ho chiesto cosa le sia successo in quegli anni ha sempre tentennato il capo e non le ho mai cavato una sola parola di bocca.

La verità l’ho saputa più tardi, da altre persone che c’erano e hanno visto.

Lei provava a proteggersi senza dirmi nulla per lasciare a me la libertà di vivermi quel rapporto.

Di mio padre ricordo la macchina di grossa cilindrata, le caramelle che mi ha comprato, quella volta in cui l’ho aspettato invano alla finestra per ore e mi sono preso un raffreddore, il suo astio nei confronti di mia madre, la sua irresponsabilità.

Poi me lo sono visto spuntare un giorno che io avevo compiuto diciotto anni e parlò con me raccontandomi la stessa storiella che propinava agli altri per darsi uno status sociale. Il reietto, la vittima, il povero padre separato indifeso.

Mi raccontava bugie usandomi come cavia per ripassare a memoria il suo discorso. Non mi vedeva neanche. Non sapeva che lì c’ero io, suo figlio, che di lui sapevo tutto.

Non riuscii a trattenermi e allora gli raccontai la verità.

Gi dissi che mia madre non aveva mai impedito di vederlo. Era lui che non rispettava gli appuntamenti. Era lui che si presentava in orari improbabili. Era lui che non si faceva sentire per mesi e poi anni salvo ricordarsi ciclicamente che aveva un figlio da usare come una tacca da applicare sul petto.

Gli dissi che mia madre era tutto fuorchè una mantenuta giacchè da lui soldi non ne erano arrivati mai. Le caramelle poteva mettersele dove gli pareva…

Gi dissi che mia madre per non farmi mai pensare che mio padre non mi volesse bene preparava dei regali di compleanno a nome suo. Fingeva la sua esistenza per darmi una quotidianità più serena.

Gli ricordai che quando fui in grado di usare il telefono lo cercai un bel po’ di volte senza avere risposte di nessun genere. Poi ogni tanto mi cercava lui per consumare sulla mia pelle una manciata di egocentrismo e allora faceva mille promesse e mi diceva che avrebbe fatto e detto chissacchè.

Non fece mai nulla di quello che promise. Niente di niente. Ne fui deluso la prima, la seconda, la terza volta. Poi non mi interessò più.

E allora ho dovuto ricordargli che un figlio non è un corpo che compensa il vuoto della sua misera esistenza. Ma è una persona alla quale semmai bisogna offrire punti di riferimento solidi aldilà della quotidianità e della distanza. Persone sulle quali contare sempre. Un padre sul quale contare sempre e non quando serviva a lui.

Più parlavo e più il suo sguardo si perdeva e mi resi conto che proprio non gli faceva bene mettere piede nella sua realtà. Non voleva affrontarla. Meglio annegare in un mare di bugie. Meglio immaginare che tutto era andato male per colpa di qualcun altro.

La sua reazione fu infantile e prevedibile. Mi disse che mia madre mi aveva plagiato. Lo mandai a quel paese. E di lui non ho più voluto sentire parlare.

La scorsa settimana mia madre mi ha detto che lui ha telefonato. Chiedeva di me. Le urlava che se io non gli rispondevo al mio telefono lui avrebbe fatto una sciocchezza. Proprio non gli passava per la testa che io sono in grado di fare scelte mie e che sono io a non voler avere a che fare con lui. Perdipiù sono maggiorenne e lui non può fare niente. Ed è brutto pensare che se fossi stato più piccolo non avrei avuto il diritto di pensarmi e immaginarmi con chi avrei voluto. Come se i miei diritti finissero dove vengono colonizzati dagli egoismi di un padre.

Vi scrivo ora perchè volevo dirvelo. Ieri ho denunciato mio padre per stalking. Deve smettere di torturare mia madre e smettere di pretendere qualcosa da me. Non gli devo niente e non devo essere costretto ad avere rapporti con lui.

Vi aggiorno sul seguito di questa storia.

Grazie, Riccardo.

—>>>grazie a te e dai un’abbraccio a tua madre da parte nostra.

Posted in Disertori, Fem/Activism, Misoginie, Omicidi sociali, Storie violente.