L’Udi ha lanciato questa campagna (Se ci offendi non vale!) della quale potete trovare i dettagli in questo pdf: immagini amiche udi.
Si tratta di uno dei modi in cui le donne combattono contro le immagini lesive della dignità delle donne. Di recente avete visto L’Udi di Napoli impegnata nella promozione di alcune iniziative contro un manifesto pubblicitario che è stato affisso per le strade di Napoli e del quale si è parlato anche su Mi Manda Raitre. Del modo in cui era andata la trasmissione in qualche modo noi abbiamo parlato qui, esprimendo le nostre personali opinioni e considerazioni circa la maniera in cui era stato trattato l’argomento. Di sicuro però su quella trasmissione c’è molto da dire e perciò riportiamo le comunicazioni che le donne dell’Udi di Napoli a questo proposito hanno condiviso con noi. Buona lettura!
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Idee e immagini nella lingua greca sono espresse con la stessa parola. Le immagini di donne comunicate pubblicamente dai media sono l’idea che "deve" essere fissata nella mente di tutti.
Nessuna, impegnandosi nella lotta alla comunicazione lesiva della soggettività femminile, ha mai potuto evitare di occuparsi della pubblicità. Lo stiamo facendo ed abbiamo avuto risultati che meno lentamente del previsto portano sempre più evidentemente le nostre ragioni sul tavolo della politica.
Non solo il comune di Napoli, ma Bologna, Salerno, Niscemi ed altri comuni della Sicilia, a breve Roma e numerose altre, hanno deliberato la loro indisponibilità ad affiggere pubblicità lesive della dignità femminile. Sono delibere simbolicamente importanti, ma vanno rese operanti concretamente e su questo tutte abbiamo l’interesse a seguire i lavori e vigilare. Nel frattempo le pubblicità possono essere ritirate e noi abbiamo già avuto ragione di Radio Kiss-Kiss (in epoca nella quale per altro non potevamo ancora appellarci alla normativa Europea ed al codice IAP), Relish, perfino Pubblicità Progresso (lo spot della donna sommersa dalla munnezza) ed altre sono state ritirate per la "rivolta" di donne che dalle Istituzioni hanno aggiunto la loro voce alla nostra.
La crescita della consapevolezza che la violenza agita sulle donne è prima "bevuta dalla sorgente culturale dominante" è un fatto che evidentemente infastidisce sempre di più.
La nostra partecipazione alla trasmissione di Andrea Vianello (mi manda rai tre del 5 marzo) è stata una prova di autodisciplina, si voleva da noi una gazzarra che non abbiamo concesso. Siamo contente della solidarietà, ma soprattutto siamo contene di rispondere alle tante che vogliono sostenerci nel nostro lavoro. Siamo contente di aver confrontato le nostre ragioni con l’armata della mercificazione.
Qui sotto incollo la lettera inviata alla stampa, a Vianello, e per conoscenza a Zavoli
Stefania per l’UDI di Napoli
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Al dott. Vianello
Conduttore di “Mi manda RAI3”
Gentile dott. Vianello,
l’attenzione con la quale la sua redazione segue tutto quanto avviene nel Paese, anche quello che normalmente non costituisce notizia, è per noi segno di grande intelligenza giornalistica.
È sicuramente questo attento lavoro che ha fatto sì che l’UDI di Napoli fosse invitata ad esporre il “caso del Caffè Borbone” e della sua pubblicità muraria.
Siamo poco propense alla spettacolarizzazione di argomenti serissimi come quello riguardante l’anomalia Italiana (in Europa e forse nel mondo) nella rappresentazione mediatica delle donne secondo canoni fuori dal rispetto delle più elementari norme del rispetto umano.
Per questo prima di accettare il suo cortese invito, ci siamo informate sul tono usuale mantenuto nelle sue trasmissioni . Contrariamente a quanto facciamo di solito abbiamo accettato, per le buone informazioni ottenute e per la professionalità dei giornalisti che ci hanno contattate.
La situazione nella quale ci si siamo trovate in trasmissione ci è subito apparsa leggermente anomala, rispetto agli standard ritenuti usuali per quello che conoscevamo.
Anche il suo comportamento, dott. Vianello, ci è sembrato fuori standard. Non richiediamo perché, e la lasciamo alle sue convinzioni personali.
Ci pare che, data impostazione e presenze in studio, sia emerso un intento di banalizzazione e di “leggerezza” inopportuna per un ambito non indifferente alla conferma di modelli di comportamento violenti verso le donne. Inopportuna e in controtendenza alle regole sottoscritte dai pubblicitari isitti all’ordine. Rimarchiamo che anche i giornalisti nel loro ordine hanno analoghi limiti alla loro espressione, nell’abito dei diritti umani e di cittadinanza.
Come sempre è apparsa evidente la divaricazione tra alcune scelte editoriali e sostanza delle questioni.
Osserviamo che ci sarebbe stato tutto il tempo di informare le cittadine e i cittadini sulle procedure e le azioni da intraprendere contro le pubblicità ingannevoli e scorrette, in particolare verso le donne, le bambine e i bambini.
Ci rallegriamo che comunque, per la nostra determinazione, questi elementi siano fortemente emersi. Ne abbiamo avuti immediati riscontri, perfino dai presenti in studio che ci hanno raggiunte.
Successivamente ancora di più siamo state confermate sull’efficacia del messaggio faticosamente comunicato da noi.
Ribadiamo che non siamo venute in trasmissione per mettere sotto tutela un nostro diritto, del quale siamo ben certe, e anche ribadiamo che i deliberati dello IAP hanno accolto già nel passato nostri ricorsi, essendoci noi appellate all’applicazione a regole riconosciute. Siamo intervenute per diffondere la giusta conoscenza di mezzi per la difesa dei diritti delle consumatrici rispetto alla pubblicità. Un risultato parzialmente ottenuto, e sul quale non ci mancano energie, come ne abbiamo per proseguire una battaglia su tutta la sfera dell’incivilimento dei rapporti tra generi.
Si sono perse alcune occasioni, come quella di informare che in Italia sempre più comuni si stanno dotando di controlli sulle affissioni per ottemperare alle direttive Europee, cosa che il Parlamento ritarda a fare.
Le città sono Bologna, Napoli, Salerno, Niscemi ed altri comuni della Sicilia, a breve Roma e numerose altre, perché hanno aderito alla Moratoria dell’UDI contro la pubblicità lesiva della dignità femminile.
Siamo, ripetiamo, soddisfatte del risultato ottenuto per l’attenzione della redazione, ed un po’ meno per gli inopportuni interventi in studio. Da utenti auspichiamo il superamento del vecchio e tedioso schema delle contrapposizioni “leggere” e strumentali e ci auguriamo non vengano più dissipate occasioni come quella generosamente offerta dall’UDI di Napoli,
Stefania Cantatore e Giorgia Di Gennaro (UDI di Napoli)
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Ravvedersi non è mai tardi: Aiutiamoli!
Carissime tutte,
è partita la campagna per le pubblicità amica delle donne e siamo convinte che come al solito volendo lasceremo il segno.
PER ORA ABBIAMO UNA MAGGIORANZA DI PUBBLICITA’ NEMICHE ED INFAMANTI. UNA VERA E PROPRIA PROPAGANDA PER GLI STUPRI E LO SCAMBIO DI FAVORI TRA UOMINI IN CUI L’OGGETTO DEL FAVORE E’ UNA DONNA O, MEGLIO, IL SUO SIMULACRO.
Crediamo che nella recrudescenza del disdoro mediatico delle donne, non sia ininfluente la coincidenza del clima elettorale, e su questo ognuna si faccia un’idea. Altro che battaglia di principio,la nostra! Qui si tratta di denunciare l’ingiuria al genere delle concorrenti!!!!
Le regole sono dalla nostra parte e, come tutte le regole, non bastano, soprattutto perchè non vengono rispettate se non le facciamo rispettare noi.
Siamo ormai in tante a lavorare per questo, in mancanza di una legge nazionale (altri paesi hanno già ottemperato).
Abbiamo uno strumento legale (rivolgersi ai comuni che hanno già delibere in tal senso e allo IAP- organo di autodisciplina pubblicitaria), ma soprattutto il nostro diritto di donne che esiste al di sopra delle leggi degli uomini.
Non ci piacciono boicottaggi ed embarghi: oltre a non essere alla portata delle nostre alleanze, sono forme dalla memoria buia, e danneggiano prima di tutto lavoratrici e lavoratori.
Noi invitiamo tutte quelle che sanno e che sono con noi, fino alla copertura o al ritiro delle pubblicità nemiche, a sospendere temporaneamente il consumo. Per esempio, la copertura potrebbe avvenire usando immagini fuori dalla logica dello stupro e della tratta, laddove "i creativi’ ne siano capaci.
A noi per ora può bastare il ritiro.
Per il caffè Borbone e per tutti quelli che ci offendono pur chiedendoci di acquistare i loro prodotti:
Udi di Napoli, Arcidonna, associazione Maddalena, associazione Donne Medico
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Ultime dallo IAP
Il Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria ha ingiunto il ritiro dei manifesti pubblicitari della società Campana propretaria del marchio Donna Loka, perchè in contrasto con l’articolo 10 del Codice di autodisciplina pubblicitaria.
La nostra segnalazione dell’Ottobre 2009 ha finalmente avuto un risultato tangibile.
Ad maiora Stefania Cantatore portavoce di un gruppo UDI di Napoli"
lidiuccia, ripeto
sono perfettamente d’accordo con sara e pure con te. il manifesto non piace neanche a me. l’idea che nelle scuole italiane si parlerà di immagini lesive della dignità femminile invece mi piace molto. è lavoro dal basso, paziente e faticoso. chi lo gestirà avrà tanto da fare e offrirà quegli strumenti critici di cui parli a tante ragazze e spero anche a tanti ragazzi. perciò fregatevene del manifesto e passate oltre. saranno quegli stessi strumenti critici offerti che daranno alle ragazze e ai ragazzi l’opportunità di farsi una propria personale opinione su quel manifesto e se alla fine saranno in grado di dire che a loro non piace sarà già un gran risultato 🙂
ehi belle donne 🙂
ho guardato un po’ il sito e la campagna e ha ragione sara, la fotografia dei fichi d’india io la trovo nemica per noi. i fichi d’india sono deliziosi e solo chi non li conosce li può usare per rappresentare immagini non-amiche. e sul resto anche. io non la vedo una commissione che si mette a giudicare questo si e questo no a seconda del proprio parametro con la presunzione di sapere che quella immagina può essere censurata o no. puoi dire la tua opinione ma non fare moratorie. ottime le intenzioni e di sicuro in questo gran casino chi fa è sempre meglio di chi non fa però non condivido il metodo. resterei dell’opinione di fare analisi delle immagini e dare strumenti alle altre perchè possano guardarle con senso critico. dai modelli sessisti ci si difende sapendoli distinguere e scegliendo alternative e non censurandoli.
care le mie fikesicule vi strabacio e ripeto, l’immagine dei fichi d’india è mia nemica.
ps: volendo usare per forza un frutto e volendolo scegliere per forza siciliano potevano prendere i fichi dolci. buonissimi anche quelli ma come tanti ottimi frutti per raccoglierli devi fare attenzione al latte che esce dal ramo e che ti procura l’orticaria. ma poi quanto è buono e che meraviglia il fico.
@maria, bisogna ringraziare stefania per la pazienza e per la passione che mette nella costruzione delle consapevolezze collettive. si cresce anche così. ci possono legittimamente essere punti di vista diversi ma più di tutto è fondamentale la tenacia con la quale ci si ferma a discutere, confrontarsi perchè si vuole costruire qualcosa insieme.
noi i nostri ringraziamenti li abbiamo già fatti vero? 😀
ogni volta che passo da qui vi trovo a discutere su come fare bene per le donne. discutete sui metodi ma gli obiettivi sono gli stessi e mi consolo perchè si vede che tra tanta indifferenza a voi importa veramente.
grazie per quello che fate.
maro’ che casino!
manco un pochino e guarda un po’ che succede.
fika, ma il secondo comunicato l’hai aggiunto dopo?
e comunque io sono d’accordo con giovanna perchè la trasmissione l’ho vista anch’io. e quello che scrive anche stefania lo spiega con chiarezza. non penso ci sia motivo di dubitare.
è una lotta chiara, coraggiosa, perchè ti scontri contro uomini che gestiscono imprese, soldi. tocchi interessi precisi e lo fai in nome di una questione che tutti vogliono sottovalutare, a partire da quelli che c’erano a mi manda raitre.
mi complimento per la passione di stefania che ho visto e apprezzato.
senza dubbio come dice giovanna se questa cosa ci fa discutere e pensare tanto dignifica che è un ottimo stimolo e una ottima iniziativa. Brave!
grazie per questi chiarimenti. ora ho capito quello che volevano dire. non sono ancora convinta che lo strumento del boicottaggio contro la produzione israeliana sia da snobbare perchè maschile ma sul fatto che bisogna rivolgersi anche alle dipendenti delle aziende che fanno pubblicità sessiste sono perfettamente d’accordo. questo mi sembra il giusto ribaltamento della questione. sono loro che devono assicurare alle dipendenti e ai dipendenti di non perdere il posto di lavoro.
Per chiudere la parentesi e dissipare dubbi a chi li ha espressi. Ci scrivono:
“Abbiamo ampiamente spiegato che non siamo in grado nè di raccogliere i dati di un eventuale boicottaggio, nè di renderne visibili azioni di massa. Se la chiamassimo così dovremmo anche dar conto dei risultati, ai quali subito ne verrebbero contrapposti altri.
Nelle ditte alimentari la manodopera è prevalentemente precaria e donna, quindi spiegare la nostra attenzione, sul fatto che non debbano scontare le nostre battaglie, è doveroso. Con la dicitura tutta femminile di “sospensione temporanea del consumo” diciamo di non acquistare e contemporaneamente possiamo farlo su più fronti per diversi obiettivi. Il boicottaggio si rivolge ad un prodotto in particolare: dove non c’è cosa rivendichiamo?
[…]
Perchè siamo così diffidenti delle formule che inventiamo noi? Non voglio roba in prestito da uomini che boicottano e fanno embarghi magari contro palestinesi e cubani.
La sospensione temporanea del consumo, può dare, essendo “perfettamente legale”, un appiglio anche alle lavoratrici del settore che possono dire ad d.l. “non mettere in pericolo il nostro lavoro, ritira subito la pubblicità”. Potrebbe essere un’utopia, ma non tanto. E’ nelle nostre intenzioni, se ci capite, un modo di stare al fianco delle lavoratrici, pur non consumando quei prodotti.
Se lo facciamo diventare uno slogan, diventa più pericoloso del boicottaggio, perchè va da donna a donna, anche nel bar dove stai bevendo o mentre prendi la merce al supermercato.
La mia scelta, e la scelta che abbiamo fatto, è in nome della differenza e della non violenza delle azioni femminili. Finora ci siamo fatte capire, spero che così sia anche stavolta.
Che ognuna lo chiami come vuole, io continuo a chiamarla “sospensione temporanea del consumo”,
Boicottaggio o sospensione NON COMPRATE CHI VI OFFENDE!!!!
Posso scriverlo a lettere cubitali, senza alcun timore.
Intanto vi do la primizia, è stata ritirata la pubblicità di DONNA LOKA (quello che lega le donne per stuprarle con calma), un buon risultato anche se molto in ritardo sulla nostra segnalazione (ottobre 2009). Ma da oggi per non stare ai tempi degli uomini
SOSPENDI SUBITO L’ACQUISTO DEI PRODOTTI DI CHI TI OFFENDE – Stefania Cantatore”
personalmente mi ha convinta! 🙂
a me sembra una ottima iniziativa. l’appoggio in pieno. per la cosa del boicottaggio non so se voi alla trasmissione mi manda raitre l’avete notato ma i due rappresentanti della ditta e anche il presentatore della trasmissione accennavano del boicottaggio come fosse una azione criminale. cambiare le parole a volte può essere un’ottima scelta e in questo caso mostrare senso di responsabilità mantenendo intatto il principio (“Per il caffè Borbone e per tutti quelli che ci offendono pur chiedendoci di acquistare i loro prodotti:
sospensione temporanea del consumo”) penso che è una ottima scelta.
certo non bisogna neppure farglielo dire: la disoccupazione non è colpa dell’antisessismo, sono d’accordo con voi.
ps: le iniziative sono sempre un punto di partenza. se sono buone o insignificanti lo si vede da quanto fanno discutere e il fatto che vi inducono a pretendere di più e a puntualizzare alcune questioni significa che almeno partite da qualcosa che fino a ieri non c’era. grazie all’udi per questo. il futuro lo costruiremo da ora in poi.
maria di sicuro la disoccupazione non è colpa dell’antisessismo. di sicuro non stiamo zitte e non subiamo quel tipo di ricatto. però la “sospensione temporanea del consumo” come dicono loro può essere una opportunità anche di tipo educativo 🙂
per noi il boicottaggio continua ad essere uno strumento decisamente buono. il boicottaggio sui prodotti della omsa lo abbiamo proposto ed è stato poi anche sollecitato dalle dipendenti licenziate. le ha licenziate. non si è per nulla ravveduto e il boicottaggio ci sta tutto.
io invece seguo il vostro consiglio: boicottaggio di borbone!
non condivido il passaggio del comunicato in cui si dice che è uno strumento brutto. boicottare i prodotti israeliani contro i bombardamenti e l’occupazione della palestina è l’unico strumento di lotta serio che si possa usare. boicottare le aziende che promuovono razzismo idem. boicottare le aziende che promuovono cultura sessista è lo stesso.
si responsabilizzassero loro rispetto ai lavoratori. o dobbiamo subire perfino la colpevolizzazione per le nostre denunce antisessiste?
la omsa ha licenziato tutte le sue dipendenti per delocalizzare e sfruttare altre donne all’estero. boicottarla è il minimo.
bisogna educare l’economia e non subirla!
vabbuò, penso che le amministrazioni abbiano comunque un bel problema ad opporsi a imprese e multinazionali che speculano sui corpi delle donne. sono sempre poteri economici e in questo momento le strade non abbondano di messaggi che ci fanno bene alla salute.
in generale ciascuna può fare come crede, quello credo possa essere uno strumento che puoi usare. puoi farlo oppure no. ciascuna adopera la pratica antissessista che preferisce senza allungare le gonne alle donne e dare vita ad un nuovo proibizionismo moralista.
tutta la campagna sul manifesto napoletano io l’ho trovata buona, chiara, senza sbavature ne possibilità di strumentalizzazioni. e ne hanno parlato in tanti. bello no?
ccià 🙂
infatti. il punto è che se c’è una amministrazione di destra che si può barricare dietro la possibilità di rimuovere manifesti perchè offensivi della dignità femminile bisogna chiedersi cosa offende la dignità femminile della ministra meloni, della rauti e della mussolini. la rimozione dei manifesti è uno strumento rischioso se lo metti in mano a chi fa della censura la propria azione politica. anche per questo, come sai, io penso che sia meglio produrre controcultura, sovvertire i messaggi e fare azione di informazione e di contrasto culturale affinchè tutte abbiano gli strumenti critici per giudicare cosa c’è di bello e cosa no ciascuno secondo la propria opinione. chi decide cosa è offensivo e cosa no? questo è il punto che mi lascia perplessa di ogni decisione che riguardi i contesti istituzionali. riconosco però che il fatto di farne parlare in maniera costante e di promuovere una discussione su questo nelle scuole e nelle città è certamente un grande progresso. quindi in generale è una buona iniziativa.
ri-ciao (scappo :P)
si sara, infatti sono d’accordo. immagino che ciò dipenda dalla percezione che ciascuno ha della singola immagine. Quello che può sembrare brutto o offensivo per alcune può invece piacere ad altre. penso che il criterio stia in un giudizio in costante confronto, non imposto, ma ragionato e spiegato che verifichi quanto e come le donne che vengono usate nelle immagini riflettano ruoli, funzioni per noi negative.
tutto in divenire perchè le culture si evolvono e perchè bisogna discuterne.
un abbraccio
di questa campagna però diciamo che ci dispiace che abbiano scelto i fichi d’india come simbolo della cartolina. per noi i fichi d’india sono frutti buonissimi. come noi siciliane. possiamo e vogliamo essere pungenti ma siamo piene di contenuto! 🙂
ciao fika 😛