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Niente mimose: chiudete i Cie!

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[Lasciamo le mimose sugli alberi e chiudiamo i lager di stato, luoghi privilegiati di violenza contro le donne immigrate!]

da Noi non siamo complici

Testimonianze dal lager di Corelli in sciopero della fame e solidarietà agli antirazzisti torinesi

A Corelli, dopo giorni di sciopero della fame i detenuti e le
detenute cominciano ad essere debilitati ed indeboliti. Ad alcune
ragazze del reparto trans sono state fatte flebo di liquidi; una è
stata portata in ospedale. I detenuti hanno fatto la richiesta per
esser pesati e controllati costantemente da personale medico, come è
prassi durante ogni sciopero della fame, ma questo, nel centro di
Corelli,  non avviene. Tuttavia, nonostante le difficoltà, i reclusi
continuano con determinazione, supportati anche dalla solidarietà degli
antirazzisti che continuamente portano acqua e succhi al centro e
mantengono ininterrottamente i contatti.  

Anche a Roma una
ventina di reclusi continua lo sciopero. I gestori portano il cibo e
loro lo rimandano indietro. Alcuni che avevano iniziato autonomamente
lo sciopero qualche giorno prima degli altri oramai sono 10 giorni che
non mangiano e sono molto provati. A differenza che a Milano i reclusi
sembra che siano pesati e monitorati regolarmente ma la nuova
cooperativa subentrata alla Croce Rossa nella gestione del centro non
permette che i solidali portino i succhi e le bevande dall’esterno.
Ciascun recluso ha in dotazione solo un litro d’acqua al giorno diviso
in due bottigliette da mezzo litro, una la mattina ed una la sera. E
solo con questo portano avanti la loro lotta. A Torino intanto lo
sciopero continua a staffetta.

Bologna invece è un caso a
parte. Dopo due giorni che non si avevano più notizie da dentro i
reclusi hanno risposto alle chiamate dei solidali. Lo sciopero si è
interrotto dopo il primo giorno, tranne che per un recluso che continua
il suo sciopero della fame in solitaria e per motivi personali. Il
motivo di questa difficoltà è presto detto: in questo cie  infatti
sembra sia una prassi quella di drogare con tranquillanti il cibo dei
reclusi, al punto tale che ogni volta che li si chiama rispondono del
tutto  intontiti ed addormentati, quale che sia l’ora del giorno in cui
li si senta. 

Di seguito riportiamo alcune dichiarazioni raccolte dalle sezioni trans  del cie di Corelli:

“Siamo
in 20 persone che stiamo facendo lo sciopero della fame. In ogni stanza
siamo in 4 persone.  I muri son pieni di muffa le lenzuola  vengono
cambiate una volta alla settimana mentre le coperte non vengono mai
cambiato. Ogni  15 giorni ci danno un bagnoschiuma.  Alla sera dobbiamo
pulire noi la stanza con la scopa e il secchio. Le finestre sono senza
tende così la mattina presto  entra la luce. Noi siamo obbligate a
mettere le coperte sulla finestra per dormire. Il bagno è uno schifo.
E’ molto sporco.  Gli scarichi son tutti intasati, dobbiamo fare per
forza i nostri bisogni in piedi. Alle 8 e mezza di mattina ci portano
un bicchiere di latte e una  brioche. Non possiamo bere le cose calde
se non con la macchinetta a pagamento. Il cibo è molto scadente, ci
portano spesso il tacchino. Noi che abbiamo il silicone non possiamo
mangiare il tacchino. Per questo a molte di noi sono venute
infiammazioni alle protesi ai fianchi al seno nei glutei. Quando
andiamo alla croce rossa  per i nostri problemi di salute ci danno dei
tranquillanti per togliere il dolore, ma  queste gocce ci fanno
addormentare. Quando abbiamo troppo dolore ci danno la tachipirina”.

“Io
mi chiamo […] sono qua da una settimana.  Ho subito iniziato lo
sciopero della fame perché non possiamo stare qua 6 mesi.  Inoltre sono
sieropositiva, avevo da fare gli esami del sangue per valutare quali
medicamenti prendere invece son stata portata qui e mi hanno fatto
saltare la visita. Ho avuto tre giorni la febbre molto alta. Stavo così
male che mi hanno portato in ospedale al policlinico per un blocco
intestinale. Dopo di che mi hanno riportato in Corelli sempre senza le
medicine per l’hiv. Io sono in Italia da nove anni, mi sono ammalata in
Italia e non posso stare qua dentro. Abbiamo bisogno di mantenerci e di
mantenere la nostra famiglia al paese. Noi vogliamo la nostra libertà
perché non abbiamo fatto nulla e ci obbligano a stare qua dentro senza
potere fare nulla. C’è una psicologa che viene dentro una volta alla
settimana, ma tanto alla fine ci danno sempre 30 gocce di Valium o per
dormire e via…poi diventiamo tutte dipendenti”.

“Io
ho avuto un incidente  molto grave fuori da qua. Ero ancora in cura con
la fisioterapia e invece mi hanno presa e portata al cie. Mi ero
fratturata  la scapola sinistra il femore e il ginocchio. Qui spesso la
ferita alla gamba mi si infiamma. Vado in infermeria, mi danno una
crema idratante e basta. Molte di noi sono state prese a Pisa, chi ci
viene a trovare ha diritto a  7 minuti di colloquio dopo  5 ore di
viaggio… È pieno ovunque di scarafaggi e vermi nei water e nella
doccia. La polizia ci maltratta, ci trattano come cani, ci insultano
dicendo che siamo tutti gay, fanno battute sessiste nei nostri
confronti. Quando diciamo cose che non gli vanno bene ci danno
schiaffoni in faccia, per qualunque cosa ci aggrediscono e ci trattano
come se non fossimo come esseri umani, con totale disprezzo. Sappiamo
che una trans a Natale s’è suicidata qua dentro… c’è una ragazza dentro
da quattro mesi che ha visto quello che è successo quando la ragazza si
è suicidata e ora è del tutto fuori di testa, perché una persona
normale non può sopravvivere qua dentro e molti vedono come unica
uscita la morte… Ci sono persone con casi psichiatrici e dobbiamo
vivere tutti assieme in una situazione di conflitto, con diverse
patologie tutti assieme e qua entro siamo costretti a convivere con
malattie diverse, neppure in carcere è così”.

Ed una testimonianza dal reparto donne:

“Mi
chiamo […] vi racconterò la mia storia. Sono arrivata in Italia come
turista perché mi piaceva molto questo paese. L’ultima volta mi ha
fermato la polizia, mi hanno chiesto il permesso di soggiorno. Io
 avevo solo il visto come turista ma mi hanno portato in questura dove
son stata 3 giorni e poi in Corelli. Mi hanno presa il 26 gennaio e
avevo in tasca il biglietto dell’aereo per tornare in Brasile il 16
febbraio…beh son ancora qui. Ora dovrò uscire da questo paese come una
criminale, scortata dai poliziotti. Non immaginavo che in Italia
potesse esistere un posto come questo. Mi sento inutile, sto molto
male.  Ci trattano come animali,  e questo è solo l’inizio… dovremo
fare  sei mesi in questo inferno per poi uscire di qua con
un’espulsione per dieci anni.

Chiediamo a tutti che
ci ascoltino che anche se ci dicono clandestini siamo gente di buon
cuore.  Siamo venuti in cerca di una vita migliore.  Stiamo facendo lo
sciopero per fare capire alla gente che siamo esseri umani e abbiamo il
diritto di vivere qua come tutti gli altri e che non ci possono
togliere la libertà. Ci dovrebbero esser altri modi per ottenere questo
pezzo di carta senza passare da questo inferno. È veramente una legge
ingiusta, non so chi l’ha inventata e non vogliamo rispettarla. Per noi
l’unica opzione che abbiamo è lottare”.

(a cura del Comitato antirazzista milanese)

* * * 
 

L’8 marzo a Torino si terrà un presidio in solidarietà con gli antirazzisti torinesi arrestati e con le/i migranti in sciopero della fame nei lager di Stato.

Sempre a Torino, martedì 9 marzo al Palazzo di giustizia si terrà il riesame; ascolta l’intervento di un compagno a radio onda rossa.

Posted in Anticlero/Antifa, Fem/Activism, Iniziative, Omicidi sociali.