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Sorvegliare il sole

Mi chiamo Monica e vi ho scoperto da poco. Ho 39 anni, sono stata licenziata più o meno sei mesi fa. Mi hanno dato poche migliaia di euro di liquidazione. Li ho usati per pagare i debiti e organizzare il trasloco.

Lavoravo in una piccola azienda familiare. A causa della crisi per non andare in perdita hanno dovuto chiudere. Avevano già l’età della pensione. Io, invece, ho un figlio da mantenere.

Non ho un compagno. Il padre di mio figlio non si è mai fatto vedere e le uniche volte che l’ho visto veniva con la scusa del bambino e poi molestava me. Cose "normali" che a quelle come noi accadono ogni giorno.

Mi sono trasferita dai miei perchè da sola non ce la facevo. Mio padre e mia madre sono pensionati e hanno una piccola casetta alla periferia di un paesino del nord. 

Mio figlio frequenta il secondo anno delle superiori e ha bisogno di internet. Così da quando sono disoccupata e non riesco a trovare un altro lavoro mi sono ritrovata a cercare su internet qualcosa che parlasse di me.

In effetti il vostro blog me l’ha indicato mio figlio. Lo legge la madre di una sua compagna di scuola e la prima volta che me lo consigliò mi disse di leggere la storia di Simona. Io e lui parlavamo di mio padre e mia madre e di come li ho trovati peggiorati dall’ultima volta che li ho visti e di come temevo che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa di brutto.

Mio figlio, voi non lo conoscete, è un ragazzo fantastico. L’ho cresciuto insegnandogli a rispettare tutte le persone, di qualsiasi genere. A scuola è uno attento e studia e impara e io spero che abbia tanta più fortuna di me. Io la scuola l’ho lasciata dopo il diploma. Preferivo lavorare e poi mi sono pentita. 

In questi anni ho lavorato duro, senza pensare, ed è stato difficile affrontare la disoccupazione, dovere tornare a casa dai miei, con mio padre e mia madre che ancora oggi mi dicono cosa devo o non devo fare o come devo e non devo comportarmi.

Mio padre è un uomo testardo ma in fondo buono. Mia madre è una casalinga vecchio stampo, di mentalità contadina. Anche lei ne ha viste di cotte e di crude. Entrambi sono fatti di ferro. A volte penso che non si romperanno mai. Io invece mi sento sempre a pezzi.

Mio figlio, dicevo, mi ha detto che la mamma di una sua amica leggeva il vostro blog e appena l’ho visto devo dire che non mi ha fatto una buona impressione. Pensavo che il femminismo non avesse niente a che fare con me.

Sentivo parlare quelle donne in televisione e tutte erano preoccupate di cose che non mi toccavano da vicino perchè cosa vuoi che cambi nella mia vita se berlusconi va a letto con una escort oppure no.

Poi mi sono sforzata e dopo aver fatto le due o tre cose in casa per aiutare mia madre, alla fine, mentre mio figlio era a scuola, venivo a trovarvi come si torna in un luogo che comunque poco a poco diventa familiare.

Ho letto tante cose delle quali non ho capito molto, ma piano piano mi sono resa conto che stavate parlando anche di me, che il femminismo mi riguardava, perchè io sono proprio come voi, una donna con dei problemi di precarietà, con un figlio a carico, con degli obblighi familiari e attraverso voi ho cominciato a guardare meglio me stessa e la mia famiglia.

Ora l’ho capito, sapete, che significa femminismo: significa che tutti i problemi che ho invece che piangermeli da sola o vergognarmene come fossero colpa mia posso raccontarli. I miei problemi sono esigenze e ogni esigenza è una rivendicazione di diritti e dunque si, sono cosciente dei miei diritti e di sicuro sono più incazzata di prima. Prima di leggervi, dico. Però l’incazzatura è meglio della depressione e la mattina mi sveglio cosciente di aver fatto tutto il possibile e di essere una vittima di un sistema economico che fa schifo e sono vittima anche del padre di mio figlio che non mi ha mai aiutato a crescerlo. Lo so, vittima non vuol dire piangersi addosso, ma vuol dire avere coscienza di quello che vivo e che sono. Dal personale al politico, così dite voi e così e diventato per me.

Mi sento protagonista e so di dover determinare le mie scelte. Tradotto in lingua comprensibile significa che non devo stare con le mani in mano e che devo darmi da fare. Questa mi sembra che sia la ricetta del femminismo e state sicure che è diventata anche la mia. So per certo che se non mi muovo per cambiare le cose continuerò a subirle e se anche lottando non potrò cambiarle almeno avrò tentato e vivere lottando è molto meglio che vivere una vita triste e rassegnata. 

Continuo a cercare lavoro ma è troppo difficile e tutto quello che trovo è roba di poche ore, pochi giorni, niente di concreto. La situazione è talmente brutta che in giro ci sono le truffe per i disoccupati. Mettono annunci, tu chiami e loro ti chiedono soldi per farti ottenere il lavoro migliore del secolo. Tutte cazzate. Non c’è niente di vero. So solo che spendo soldi e tempo per andare a fare colloqui di lavoro e per telefonare e mio padre borbotta.

E ora che praticamente vi ho raccontato tutta la mia vita mi resta da dirvi che sono preoccupata perchè i miei genitori non vanno d’accordo. Litigano da sempre ma ora avverto una tensione che prima non sentivo. Forse perchè sono più cosciente di certe cose, forse perchè grazie a voi percepisco segnali che prima non capivo. Il punto è che ho paura che mio padre faccia qualcosa di brutto e quindi faccio di tutto per tenerlo impegnato.

E’ diventato paranoico, ha paura di tutto, entra in ansia per un nonnulla e basta che mia madre lasci una lampadina accesa che subito succede il finimondo. Si sente perennemente in stato di guerra, come se dovesse tenere le scorte ben fornite e tutto sotto controllo. 

Mia madre da giovane era una donna pacata e allegra. Non si perdeva mai d’animo e la sua serenità era il collante della famiglia. Quando mio padre si arrabbiava lei lo prendeva in giro e giuro che non li ho mai visti arrivare alle mani, mai.

Ora invece mia madre è anziana e stanca e probabilmente non ne può più. Ha pure ragione, poverina, e prima che io perdessi il lavoro più di una volta con la scusa di aiutarmi in qualche modo lei restava a dormire da me. Speravo di essere indipendente economicamente anche per aiutare lei. Invece ora siamo in trappola tutt’e due e se non fossimo insieme, se non ci fosse anche mio figlio, rispetto al quale mio padre immagina di dover assolvere un ruolo educativo, lui diventerebbe davvero perfido.

Io voglio bene al mio papà, non mi dovete fraintendere. Non fosse per lui io sarei in mezzo alla strada con un figlio a carico. Quando ha saputo che avevo dei problemi non c’ha pensato due volte e nel giro di un paio di giorni, dopo aver detto "questa è casa tua, tua e di tuo figlio!", ha sgomberato una stanza, l’ha sistemata per suo nipote e me mi ha sistemata nel mio vecchio angolo da ragazza. Non è il massimo ma in assenza di tutto lui mi fa sentire protetta.

Voi siete brave a raccontare le contraddizioni, perciò provo a spiegarlo a voi perchè devo trovare un senso a quello che penso. E’ difficile distinguere la violenza in una persona alla quale vuoi bene perchè non è mai tutto bianco o tutto nero. Però capita che se non fai attenzione e se ad un uomo scappa un gesto rabbioso tu puoi ritrovarti a terra stecchita.

Puoi amarlo un uomo che è violento, certo. Puoi capirlo perfino. Ma non devi smettere di fare attenzione. Non devi abbassare le difese. 

E’ estenuante ma se vivi con una persona con la quale devi fare attenzione a tutto, per non farlo arrabbiare, anche se poi lui si arrabbia lo stesso per ogni sciocchezza, lancia oggetti, spacca sportelli dei mobili e specchiere, diventa naturale trasformarsi in una sentinella. Come sorvegliare ogni giorno il sole. Per me è così: ti fa sentire al caldo ma sono sicura che può anche bruciarti.

Io non temo per me perchè non è con me che mio padre litiga, ma temo per mia madre alla quale non posso dire continuamente di lasciarlo straparlare perchè è come se le dicessi di tacere e negare se stessa, di compatirlo, e lei quell’uomo lo compatisce da tanti anni e ora ha bisogno che qualcuno capisca lei.

Certe volte penso che sia un bene che io e mio figlio siamo tornati a vivere con i nonni perchè così gli impediamo di farsi del male. Certe volte invece penso che la nostra presenza abbia aumentato il loro senso di responsabilità e la loro ansia. Avrebbero anche il diritto di godersi la vecchiaia senza doversi preoccupare per il nostro destino.

E’ tutta qui la mia storia e ora che ve l’ho scritta mi rendo conto ancora di più che abbiamo tanto in comune perchè sono sicura che capirete ogni parola che ho scritto. 

Grazie perchè mi fate sentire a casa, perchè non mi sento sola al mondo e perchè grazie a voi ho anche fatto amicizia con la mamma dell’amica di mio figlio che vi saluta e che prima o poi, anche lei, vi racconterà la sua storia.

—>>>Noi abbracciamo Monica, che ovviamente non si chiama così. Abbiamo ritrascritto la sua mail perchè la storia fosse più breve e comprensibile. Abbiamo omesso, come sempre, i dettagli che potevano renderla riconoscibile per tutelare la sua privacy e abbiamo lasciato intatto tutto il resto. Abbracciamo anche la madre dell’amica del figlio e siamo felici che il nostro blog serva come deterrente al senso personale di sconfitta e come spinta alla assunzione di consapevolezza circa i propri diritti. Siamo noi stesse per prime a fare questo percorso assieme a voi e siamo sicure se vi diciamo che questi incontri solidali, reali o virtuali, questi esercizi di sorellanza, sono sicuramente molto più salutari di qualunque altra "terapia". 

—>>>Immagine da Riot Clit Shave

Posted in Corpi, Narrazioni: Assaggi, Omicidi sociali, Precarietà, Storie violente.


8 Responses

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  1. Olly says

    Emanuele.
    Siediti.
    Respira profondamente.

    Non c’è bisogno di urlare.
    Qui ci si confronta, magari anche in maniera “passionale”, però sempre mantenendo la calma. Arrabbiarsi non serve, io credo.

    E molto pacatamente ti posso raccontare quello che è successo a me.
    Le violenze che ho subito, personalmente, sono state di due tipi.
    La prima, da T., una violenza fisica.
    La seconda, da F., solo verbale.

    Per quanto mi riguarda, la violenza che mi ha fatto più male è stata quella verbale. Non pretendo di fare una gerarchia di violenze, ma per quanto riguarda me, e la mia vita, e non pretendo di essere presa ad esempio assoluto, la violenza che mi ha fatto stare più male, che mi ha ridotto ad uno straccetto, è stata quella.

    Quindi.
    Questo per dirti che per quanto riguarda me, e la mia esperienza, le persone che si lasciano andare ad insulti, o a botte, nei confronti di altre persone sono delle merde, alla pari. Non c’è nessuna differenza, per quanto mi riguarda.

    Penso infatti che chi urla, strilla, picchia, rimane una persona violenta: l’una lo è potenzialmente, l’altra lo è di fatto.

    Detto ciò, che è quello che io penso e ho vissuto, e che ha segnato la mia vita, e che ripeto non pretende essere LA verità, ma la mia verità, e ciò che mi ha condizionato l’esistenza, ti auguro di trovare la serenità.
    Per te stesso, e per le persone che ti circondano.

    Olly.

  2. eva.t says

    So che è un consiglio che può essere forse interpretato male, ma vorrei ricordare che esistono i centri di salute mentale.
    Che non è che ci si debba rivolgere a questi centri solo “se si è matti”, ma che se si è fortunati ci si trovano specialisti preparati, persone con cui parlare dei propri problemi, che possono consigliare sull’atteggiamento da tenere davanti alle fragilità di chi abbiamo in casa, che possono ricondurre l’attenzione sul legittimo sè, a volte messo da parte per dedicarsi agli altri.

    Non mi vergogno a dire che, sentendomi di farlo e non potendo permettermi uno specialista privato, sono ricorsa a uno psicologo di queste strutture. E’ un aiuto per sfogarsi, per costruirsi o ricostruirsi.

  3. Emanuele says

    Cara Fikasicula,
    per favore non prendere ogni cosa che dico sempre di petto, anche perché a me piace provocare.
    Non mi permetterei certo di dare a Monica della persona non sana di mente, ma dato che ha reso pubblica la sua storia, mi permetto di dare il mio punto di vista questo sì, magari senza edulcorarlo.
    Insomma, cerco di spiegarmi prendendo in esempio me stesso.
    Io mi considero un uomo violento.
    Ho un carattere irascibile, frequentemente ho sbalzi di umore, e spesso mi inkaxxo per un nonnulla e divento litigioso. Ho pure praticato il pugilato a livello agonistico!
    E certe volte, sono geloso in maniera viscerale.
    Per me litigare vuol dire urlarsi qualche bel ‘vaffa’ in faccia l’un l’altro, ma mai e poi mai mi sarei sognato anche solo lontanamente di far partire un ceffone (anche se non mi sono certe mancate le occasioni di prenderli dalle mie compagne!).
    Ma non mi reputo certo un santino per questo, è sempicemente una cosa che NON SI FA, punto e stop. Forse è una regola patriarcale, ma non mi ricordo mai alcuno dei miei adorati nonni che si sarebbero mai sognati di fare diversamente con le mie rispettive nonne.
    Quindi, per dirtela come la penso, qua non si sta parlando di uomini, ma si sta parlando di animali.
    Nessuna compagna di nessun uomo che abbia mai frequentato ha mai avuto il più lontano dubbio di poter rimanere ‘a terra stecchita’ perché il suo uomo ha avuto una giornata storta.
    Ma ragazze ma state scherzando?
    Nessun uomo che si consideri tale si mette a spaccare mobili nei giorni dispari, perciò ti dico non chiamare uomini quegli individui, chiamale bestie, per me sono di una razza inferiore.
    Sono razzista? Ma certo che lo sono! Non permetterò a nessuno di considerarmi alla pari di certi animali di questa società, e ci tengo anche a sottolinearlo bene.
    Forse penserai che sono uno snobbone, ma ti dirò che io sono uno che lavora e si fa un mazzo così tutta la settimana, e che paga il mutuo a fine mese come tutti.
    La soluzione per Monica non ce l’ho, ma tutto può iniziare da un atteggiamento mentale: certi atteggiamenti non li devi concepire. Un uomo violento non diventa violento di punto in bianco, è una cosa che cresce ma che deve essere sradicata alla base.
    Litigare è una cosa inevitabile e anzi a volte fa bene, ma la prepotenza è un’altra cosa.
    Tutto il resto viene da sè, ma certo la soluzione non può essere una passiva e paziente sopportazione.
    E se mi venite a dire che dalle vostre parti gli uomini si comportano più meno tutti così… ragazze sono davvero desolato, ma questo vuol dire che vivete davvero in mezzo alle bestie

  4. Olly says

    Ciao Monica.

    Grazie di cuore per aver condiviso la tua storia!
    Anche a me questo blog mi ha aperto la vita, e non smetterò mai di ringraziare le femministe a sud!

    Leggendoti ho pensato che sarebbe bello se tu scrivessi sul blog che tengo con alcuni amici e alcune amiche: se ti va, clikka sul mio nome, si collegherà al mio blog. Nella sezione “chi siamo” c’è la mail, e se ti va, puoi scriverci la tua esperienza periferica.

    Premettendo che ti dovrai sentire libera di dirmi sì o no, sennò non vale 😛

    Un abbraccio!

    Olly.

  5. fikasicula says

    emanuele,
    spero davvero che tu non voglia dire che monica non sia sana di mente.

    è una accusa grave e in fondo la sua storia è chiarissima.

    scrive chiaramente che se avesse soldi, un lavoro, non solo non starebbe lì ma troverebbe il modo di portare sua madre con se’.

    però è disoccupata, non ha casa, non ha soldi e dipende economicamente da suo padre.

    tu, che sicuramente sei sano di mente (ma davvero è una offesa parlare di malattie mentali di donne che vivono situazioni complesse perchè costrette) come risolveresti questa cosa?

    hai un lavoro da offrire a monica?
    una casa?
    sai dove lei può recuperare uno stipendio?
    se non lo sai allora tutto da capo.

    capisci dove sta il problema, ora?

    ciao

  6. Emanuele says

    “Anche se poi lui si arrabbia lo stesso per ogni sciocchezza, lancia oggetti, spacca sportelli dei mobili e specchiere”

    Leggo sempre su questo blog storie di uomini violenti, come se fosse la norma, ma questa non è la ‘norma’.
    Ad una persona che si comporta così andrebbe detto chiaro e semplice, comportati come una persona civile, punto e basta. Se uno invece è una bestia, bè il consiglio migliore che mi viene è di allontanarcisi, punto e basta.

    “Capita che se non fai attenzione e se ad un uomo scappa un gesto rabbioso tu puoi ritrovarti a terra stecchita”

    A me tutto questo pare inconcepibile! Da quando in qua bisogna essere guardiani in casa propria? Premetto che di litigare capita sempre, ma per me la violenza vuol dire alzare la voce.
    Forse non sono adatto a scrivere in questo blog, ma mi sembra che il problema di fondo sia una elevata tolleranza verso gli atteggiamenti violenti. Spaccare un mobile è già di per sè una violenza, addirittura farlo più volte.. credo che una persona sana di mente dovrebbe fare le valigie e andarsene

  7. spumettina says

    Come Chiara, anch’io sono e resto in ascolto…vi ascolto e mi ascolto…
    Fa soffrire, ma fa anche bene all’anima.

  8. Chiara says

    Scrivo a “Monica” perchè ho semplicemente voglia di dirle che le sono vicina… che i problemi e le difficoltà della vita fa bene condividerle insieme…. che mi sono mesa in ascolto di lei… solo per farglielo sapere.
    Un abbraccio
    Chiara