A commento del post "Sovversione comunicativa" risponde Cristina con un suo racconto che vale la pena condividere con tutte voi. Quello che Cristina in modo semplice e chiarissimo fa emergere, così come quello che tentavamo di dirvi noi, è che mentre siamo impegnate a tradurre il linguaggio sessista c’è chi si è già appropriato della destrutturazione che abbiamo compiuto per ricapovolgerne i significati. Tutto ciò spesso viene compiuto nella pretesa di una neutralità da parte nostra. Si esige, anzi ci si rimprovera di non guardare al mondo in modo "neutro" come se gli uomini avessero l’esclusiva della neutralità, forti di un passato assolutista e generalizzante durante il quale ogni loro convinzione è diventata legge a subordinare ogni nostro desiderio.
Arrivare al punto in cui c’è chi criminalizza la tua specificità, facendoti vergognare di essere donna mestruata, biologica e non, facendoti subire un "noi" mascolino che vuole essere onnicomprensivo, indica che in molti casi si è perduta quella specificità che ci faceva diverse, evidentemente distinguibili. Eravamo l’altr@ da comprendere e accettare, l’altr@ in quanto diversità e ricchezza e oggi invece la tendenza è quella di appiattirsi all’uno, maschio, etero, bianco, ricco, accentratore. Ed è quell’uno che si è appropriato della nostra decodificazione e ricodificazione del linguaggio per operare una distorsione "volontaria", possiamo dire "dolosa", che ci spinge persino a sentirci a disagio nel doverlo pronunciare.
Faccio un esempio stupido che tanto stupido non è: ci capita ogni tanto di sentirci dire che il nickname collettivo fikasicula sia offensivo per le donne. Quando rispondiamo che noi vogliamo riappropriarci di un termine che ci appartiene per risignificarlo, riempirlo di contenuti, i nostri contenuti, allora tacciono.
Ancora un esempio in relazione alle immagini: quando ne giudicate una e la trovate offensiva, ciò avviene per effetto riflesso, ovvero guardate quell’immagine giudicandola secondo i parametri maschilisti o secondo i vostri? Una parola che nomina una nostra parte del corpo, che per noi non è assolutamente sporca ne assolutamente offensiva (ci mancherebbe!) o una immagine che riflette di noi quello che siamo, quello che vogliamo essere, belle, sincere, gradevoli, sgradevoli, irruente, vivaci, spiritose, malandrine, grrlz incazzate o signore della santa inquisizione, vestite, nude, intere, a porzioni, parole e immagini, dunque, le giudichiamo per quello che sono in realtà o che potrebbero essere per noi o le censuriamo per quello che sono per i maschi, per la cultura maschilista, per la cultura che ci vuole pudiche, sante, lugubri, "femminili", quiete, mai aggressive, mai felici, mai sarcastiche, mai ironiche. Parole e immagini ci appartengono o prima di giudicarle dobbiamo appropriarcene per risignificarle?
E se c’è chi si è appropriato delle parole e delle immagini che rivoluzionavano gli antichi significati per ripresentarle in modo negativo dobbiamo percorrere sempre di più la strada della neutralità o non dobbiamo piuttosto essere consapevoli del furto che viene quotidianamente compiuto per impedirlo?
Sotto la parola "femminismo", criminalizzata da una cultura che ovviamente la teme e la dipinge come negativa non dovremmo forse scrivere che si tratta di una cosa positiva? Sotto le parole che nominano le nostre parti del corpo, comprese quelle "intime", non dovremmo scrivere a chiare lettere, come ha fatto eve ensler nei suoi monologhi della vagina, che si tratta di roba nostra, bella, dunque pronunciabilissima? Sotto immagini che ci rappresentano così come vogliamo essere o apparire non dovremmo noi scrivere che si tratta di noi e non di quello che gli altri vorrebbero rappresentarci?
In sintesi: pensate alle parole e chiudete con una immagine di una donna nuda, arrabbiata, in grado di reagire ai soprusi difendendosi da maschi violenti, viva. La intenderete come la intendono i maschi, ovvero, "isterica", "violenta", "puttana", "mercificata" (perchè nell’immaginario comune se non è vittima deve essere per forza colpevole, no?), "scostumata" o la intenderete lasciando che sia lei a pronunciarsi e a risignificarsi come vorrà?
Il nuovo linguaggio che abbiamo faticosamente elaborato per darci diritto di esistenza tra i generi è stato saccheggiato da maschilisti e donne abbastanza fasciste che di femminista non hanno niente. Ci riprendiamo immagini e parole ricaratterizzandole e ridandogli specificità o continuiamo a farci fregare cultura, natura, vita, respiri e pensieri, a farci dettare da altri e altre chi dobbiamo essere, come dobbiamo agire e pensare e che immagini dobbiamo produrre, consegnandoci a piene mani a chi compie varie caccie alle streghe e inseguendo la scia che ci induce ad andare verso la neutralità? E’ come per la sinistra (tutt’altra storia ma l’esempio calza…), a forza di guardarsi con gli occhi della destra ha ceduto in neutralità, ha perduto in specificità ed è diventata la brutta copia della destra. Innegabile, no?
Ringraziamo Cristina per i complimenti e per quello che ci scrive e invitandovi a partecipare alla nostra riflessione auguriamo a tutt* voi una buona lettura.
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Carissime
vi seguo ormai da tempo con stupefatta ammirazione e anche profonda
gratitudine. Riuscite ogni volta a concettualizzare ciò che spesso vivo
come intuizione o disagio, a produrre lucidissime analisi laddove il
pensiero si arrende alla dolorosa e solitaria percezione di una realtà
sempre più degradata e inaccettabile.
E’ da tempo che vorrei condividere con voi un episodio apparentemente
minore, anche considerando il giornale su cui il tutto viene
pubblicato, ma secondo me significativo e non privo di conseguenze.
Un pomeriggio dal parrucchiere, libro dimenticato, noia; nell’attesa
sfoglio una rivista, una di quelle robe tristissime, un mix di gossip,
pruderie e bigottismo, incredibilmente coerente, tra corna, foto osé,
conversioni e apparizioni mistiche.
C’è pure una rubrica di sessuologia, con titolo già limitante ("vita di
coppia"), a firma di un tizio che parrebbe finto, a partire dal nome
(Marco Rossi) e dalla foto in posa da figo.
Già la prima lettera è tutto un fiorire di eufemismi vittoriani, e fin
qui uno può pensare a un lettore particolarmente pudico, ma la risposta
del sessuologo adotta lo stesso incredibile linguaggio, in cui il
rapporto sessuale diventa "intimità di coppia", raggiungere l’orgasmo è
tradotto come "raggiungere la gioia" e l’eiaculazione precoce è
sostituita da una metafora di vago sapore automobilistico, la "velocità
intima".
Purtroppo non ricordo più come si dice petting o rapporto anale, ma vi
garantisco che l’effetto è decisamente comico…. all’inizio. Poi
subentra un terribile fastidio e come la sensazione che se ora ci
lasciamo rubare parole duramente conquistate insieme a ciò che esse
definiscono, per farcelo sostituire con un linguaggio involuto,
confuso, falsamente pudico e veramente reazionario, vergognoso di ciò
che vergogna non dovrebbe conoscere, beh, allora è molto probabile che
si stiano preparando a portarci via la realtà al linguaggio sottesa, e
dal linguaggio formata.
La rivista è Di Più, edita dal gruppo del nostro ineffabile presidente
del consiglio, il sessuologo esiste veramente, ma pare che altrove usi
la lingua madre non purgata; ho fatto leggere qualche brano alla
ragazza che fa l’apprendista parrucchiera e non solo non si è
scandalizzata o messa a ridere, ma ha commentato che così è meno
volgare….
Che dire? Non ho più – letteralmente – parole…
—>>>immagine da Riot Clit Shave
oramai la specificità e la scelta di non neutralità sono definite “estremismo”.
invece l’estremismo dei fascisti e dei leghisti (o dei maschilisti) viene assunto in quanto “moderazione”.
bel paradossi, eh?
ciao
se ci pensate bene è quello che fanno i fasci di casapound. usano linguaggio, simboli, icone della sinistra per sdoganarsi. li usano come traghetti per confondersi nel gergo finale: ne rossi ne neri ma liberi pensieri, mentre poi loro conservano la loro caratteristica dio/patria/famiglia/ razzismo/ merdume nazista vario.
se i maschilisti di cui parlate sono squadristi hanno appreso il metodo. si appropriano di linguaggi e codici di comunicazione per sdoganarsi e confondersi in zone neutrali e da quelle vi bombardano con la complicità di chi però li appoggia, li sdogana, li tutela, li salva e li giustifica.
se però i vostri simboli e il vostro linguaggio non è neutrale diventa comunque difficile per loro appropriarsene. su questo non c’è dubbio.
comunque brave davvero.
hai fatto una riflessione meravigiosa sorella e credo che dobbiamo approfondirla.
io approfondirei la questione della sinistra.
la destra accusava la sinistra di parzialità. la sinistra ha creduto a quelle fandonie e ha inseguito la destra in una presunta neutralità e universalità e ora abbiamo una sinistra che non è ne carne e ne pesce e la destra che sta in una posizione di potere, di dominio anche in senso linguistico perchè continua ad imputare a noi il “difetto” della non neutralità quando loro si permettono di rinvigorirsi in “specificità” di merda: vedi la questione degli immigrati, esercito, militarizzazione, ecc. ecc.
insomma c’è da parlarne.
se pensi poi che la sinistra per acchiappare voti al centro ha candidato gente vergognosa ed è scesa a patti con gente altrettanto vergognosa si capisce che oramai la specificità del linguaggio bisogna ritrovarla nelle ragioni dei singoli, per affinità tra generi, classi sociali, soggetti.
bell’argomento.
🙂