Me lo ricordo lo Zetalab.
Mi ricordo quelli che lo hanno inventato, le facce delle persone che vi
hanno transitato, le iniziative fatte, lo sforzo di guardare al futuro
e di inventare qualcosa di differente in una città che già allora, 9
anni fa, stava per morire. L’amministrazione di destra ha seppellito
ogni sogno e c’era questo covo di gente testarda che assieme ad altri
pochi, rari spazi, anch’essi sgomberati o sotto sgombero, convincevano
tutti che bisognava occuparsi di qualcosa di cui a milano si sarebbero
resi conto solo alcuni anni dopo. Si chiamava razzismo e così si chiama
ancora e c’era un "centro di ospitalità" trapanese che era andato a fuoco durante una rivolta ed erano morti in tanti senza che nessuno se ne assumesse la responsabilità.
Lo Zetalab
iniziò ad occuparsi di migranti e razzismo a partire dai luoghi di
confine, consci di appartenere ad una terra sponda usata come luogo
d’approdo e come barricata di respingimento per esseri umani. Negli
ultimi sei anni lo Zeta ha ospitato tanti richiedenti asilo. C’è chi insegnava
loro l’italiano e li aiutava ad iniziare un percorso autonomo. Gesti
miracolosi in una città in cui di questo non si occupa quasi nessuno.
E’ gente
che piange i morti, quella dello Zeta, li conta uno ad uno per quanti
ne muoiono nei respingimenti, in ogni "suicidio/omicidio" dentro i Cie,
in ogni omicidio sociale che proibisce ad altri esseri umani il diritto
di vivere.
E’ gente che si
ricorda ancora cos’è la solidarietà e che per questo gode di appoggi
trasversali. Ci sono i terribili comunisti, gli anarchici, i religiosi,
i laici, le donne, gli uomini. Un posto strano in cui le persone fanno
da scudo umano per proteggere altre persone, in cui si respira aria di
concretezza, bisogno urgente di affrontare i problemi uno alla volta e
risolverli, mentre da destra imputano a tutto questo qualcosa di
"ideologico" che forse ideologico è se consideriamo la "oscena"
ideologia dell’amore per gli altri esseri umani.
Il luogo occupato
dallo Zeta era una di quelle scuole lasciate senza alunni, non fosse
stato per chi l’ha vissuta in questi anni sarebbe finita in mano ai
vandali. I fascisti gli hanno spesso fatto visita. Hanno tentato di
tutto, di notte, come i topi di fogna, esattamente quello che sono.
Le "istituzioni"
lo hanno assegnato ad una associazione che ne ha rivendicato la
"proprietà" e ha ottenuto per vie legali lo sgombero. Visto che tanta
gente vi si opponeva e che s’è fatto arrestare persino un insegnante di
religione allora le "istituzioni" hanno provato a dire a
quell’associazione che c’era anche un altro spazio. Lo hanno fatto come
paraculata dell’ultimo minuto e quelli hanno detto che no, vogliono
proprio quello spazio e nessun altro, con quelle belle pareti di
cemento armato, quelle finestre di metallo arrugginito.
Nel frattempo
i ragazzi dello Zeta se ne restano sul tetto mentre un presidio li
difende e la polizia picchia duro come solo lei sa fare [video]. Il fascino
"bastardo" della divisa che emana sangue e scorregge e se ne fotte
delle persone.
Era già successo
al cso exsperia di catania e in tanti altri posti su e giù per l’italia, con
questi mentecatti che vogliono dare una lezione a chi r-esiste per farli
sentire la merda che sono. Se trovi avanti a te degli esseri umani non
puoi non notare che sei una bestia perciò gli umani devono morire.
Perciò gli umani devono insistere.
Il presidio continua anche oggi. Appuntamento alle 16.00 in via arrigo boito 7 (traversa di via notarbartolo) a palermo. Corteo contro lo sgombero sabato 23, ore 16.00, concentramento ancora in via arrigo boito 7.
La nostra piena solidarietà.
Assieme a quella di tante altre persone che vi seguono da tanti posti d’italia. Le figlie femmine sono tra queste.
Per aggiornamenti, segui qui e qui.
Da Kom-pa.net:
Nota di Fulvio Vassallo Paleologo – Università di Palermo
Feriti ed arresti per lo sgombero del laboratorio ZETA di Palermo. Ancora altri migranti dispersi sulla strada.
E’ di cinque arrestati e tre feriti, tutti italiani , il risultato di una giornata di tensione di fronte al Laboratorio Zeta di Palermo, dove sono ospitati da anni numerosi rifugiati in prevalenza sudanesi.
Il Comune di Palermo non è stato capace di chiudere la mediazione in corso da mesi, assegnando agli occupanti la gestione della struttura sita in via Boito a Palermo, nonostante i numerosi riconoscimenti dell’utilità sociale delle attività del Laboratorio Zeta e le forniture di acqua, luce e provviste. Persino nel portale internet del Comune il laboratorio Zeta era indicato come uno dei luoghi di accoglienza che la città offriva. Adesso quel luogo non esiste più. La posizione irriducibile a qualunque soluzione di compromesso da parte di un’altra associazione assegnataria, Aspasia, ha innescato un gioco delle parti che, dopo diverse ore di finta trattativa si è concluso con lo sgombero violento della struttura.
Dopo Rosarno, lo sgombero del centro sociale Laboratorio Zeta di Palermo si configura come l’ennesimo tentativo di dispersione di migranti sul territorio nazionale. Un tentativo che passa anche attraverso gli arresti ed i ferimenti degli antirazzisti che a Palermo si battono per difendere i diritti fondamentali dei rifugiati, a partire dal diritto all’alloggio. Tra gli altri è stato colpito duramente con manganellate sul viso ed ha una prognosi di oltre venti giorni per la rottura del naso un professore universitario fondatore di un laboratorio per la non violenza. Un cittadino come tanti altri che partecipava al presidio di protesta per lo sgombero della struttura che era intervenuto in difesa della moglie presa a manganellate durante una delle cariche degli agenti di polizia.
Al momento passeranno la notte all’addiaccio venti titolari di protezione internazionale perchè il Comune non ha saputo trovare una soluzione alloggiativa per la notte. Oltre cento antirazzisti hanno presidiato per tutta la giornata la struttura che per anni è stata al centro di iniziative sociali e culturali che hanno animato l’intero quartiere e si sono proposte come uno dei pochi spazi pubblici di solidarietà ai migranti in città. Una solidarietà che ha subito anche attacchi violenti da parte delle squadre fasciste che hanno colpito a più riprese con il lancio di sassi e bottiglie le finestre del Laboratorio zeta, mentre migliaia di cittadini palermitani hanno riempito e difeso con le loro iniziative autogestite i locali, sotto attacco convergente da parte dei gruppi più estremi della destra palermitana e ci esponenti del cd. terzo settore che ad un certo punto sono apparsi più interessati allo sgombero della struttura che alla fruizione di un altro locale immediatamente agibile, in sostituzione dei locali occupati dal laboratorio Zeta.
Un clima di condivisione e di impegno sociale a favore dei giovani e dei rfugiati che adesso è stato interrotto dallo sgombero violento posto in essere dalla polizia con ripetute cariche e violente provocazioni. E non è ancora finita, anche se nel corso della notte i tre occupanti della struttura saliti sul tetto insieme ad un consigliere comunale sono stati costretti a scendere a causa del freddo. I migranti sudanesi sono ancora accampati davanti all’ingresso della struttura presidiata dalla polizia, senza nessuna intenzione di disperdersi in città, una città che non è stata capace finora di offrire loro un altro luogo di accoglienza, un’accoglienza che sarebbe dovuta per legge, ma che in Sicilia rimane un miraggio.
La proposta di un loro trasferimento in un centro di accoglienza ubicato in un paesino della provincia di Palermo, ventilata oggi alla fine della giornata, non potrà che essere respinta perché molti di loro sopravvivono lavorando in città. Continua ad oltranza intanto il presidio antirazzista davanti alla struttura sgomberata dalla polizia e per oggi 20 gennaio alle ore 16 è stata indetta un’ assemblea sempre nello stesso luogo nel quale decine di cittadini palermitani stanno mantenendo una presenza pacifica, passando la notte all’addiaccio. Su tutti grava come una cappa di tristezza la notizia che nelle stesse ore dell’operazione di sgombero del laboratorio Zeta , in un’altra parte della città, un giovane immigrato ghanese che andava in bicicletta è stato investito ed ucciso da un automobilista che non si è neppure fermato per soccorrerlo.
Venerdì prossimo al laboratorio Zeta si sarebbe dovuto proiettare il film, finanziato anche dal’ASGI, Terra(e)strema. di Angela Giardina, Ilaria Sposito ed Enrico Montalbano, uno dei feriti di oggi, e si sarebbe dovuto presentare il libro "Gli africani salveranno Rosarno. E probabilmente anche l’Italia" di Antonello Mangano. Una iniziativa importante che adesso si svolgerà in un altro luogo, magari all’aperto, ma sempre vicino al laboratorio Zeta che ne è stato il cuore propulsivo. Una iniziativa che costituirà comunque una ulteriore occasione di informazione sugli stretti legami esistenti in Sicilia come in Calabria tra lo sfruttamento del lavoro dei migranti, mediato dalla criminalità organizzata, e l’azione meramente repressiva degli agenti statali che applicano il pacchetto sicurezza per fare fronte alle tante emergenze sociali che stanno esplodendo a Palermo come nel resto d’Italia.
Quanto successo oggi a Palermo è la prosecuzione delle operazioni di dispersione “assistita”che abbiamo già visto a Rosarno, con una partecipazione attiva delle forze di polizia che in questa ultima occasione non hanno dovuto certo proteggere i migranti né hanno individuato per loro un alloggio, ma hanno soltanto distrutto un lavoro sociale che durava da anni, del quale altre istituzioni, pur nei limiti degli scarsi mezzi disponibili, avevano riconosciuto il valore e la efficacia.
Molti dei rifugiati che avevano trovato accoglienza al Laboratorio ZETA di Palermo sono stati messi sulla strada dalla polizia ma sono bloccati a Palermo perchè la Questura non ha rinnovato i permessi di soggiorno per motivi umanitari o non ha consegnato i documenti di viaggio a persone che da anni sono state riconosciute meritevoli della protezione internazionale. Un ritardo anche di due anni che si è accumulato per la richiesta pretestuosa di passaporti in corso di validità a persone che non potevano chiaramente rivolgersi alle ambasciate dei paesi di provenienza perchè rifugiati.
Dove potranno andare i rifugiati allontanati dal Laboratorio Zeta se l’ufficio immigrazione della Questura di Palermo continua a negare loro il rinnovo o il rilascio dei documenti di soggiorno e di viaggio? Molti di loro hanno già perduto il lavoro che avevano perché dopo l’approvazione del pacchetto sicurezza i datori di lavoro non offrono più impiego a coloro che hanno in mano solo una ricevuta e sono in attesa del permesso di soggiorno.
Chiediamo che la Prefettura e lo stesso ministero dell’interno intervengano per sanare questa situazione che produce un grave danno esistenziale e che potrebbe integrare gli estremi del rifiuto di un atto d’ufficio.
Chiediamo ancora una volta che il Laboratorio Zeta di Palermo venga restituito alla sua destinazione sociale e continui ad essere riconosciuto come luogo di accoglienza dei migranti, e chiediamo ancora che tutte le istituzioni, compresa la Prefettura, facciano il loro dovere nei confronti dei rifugiati, riconoscendo nei fatti il diritto/dovere di accoglienza, sancito anche dalle direttive comunitarie che l’Italia non applica, tanto da negare un alloggio a quanti hanno avuto riconosciuto uno status di protezione internazionale.
Le associazioni antirazziste di Palermo riconfermano il loro impegno e svolgeranno tutte le iniziative legali per difendere quanti sono stati feriti dalla polizia, coloro che sono stati arrestati, ed i migranti che sono rimasti senza un alloggio. Nessuno si illuda che le operazioni di confinamento e di deportazione “assistita” già viste a Rosarno si possano estendere impunemente ad altre parti del territorio nazionale.
Fulvio Vassallo Paleologo
Università di Palermo