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Il Mito della Bellezza – come le immagini di bellezza vengono usate contro le donne

http://katherinecenter.files.wordpress.com/2009/01/beauty-myth.jpgPrendiamo dallo spazio Fb Femminismo un contributo di una iscritta al gruppo. Daniela Dennent’s ha tradotto per il gruppo la recensione del libro di Naomi Wolf, pubblicato in italia nel 1991 (è fuori catalogo e disponibile solo presso biblioteche), "Il mito della bellezza". Condividiamo la traduzione e vi auguriamo una buona lettura!

>>>^^^<<<

Nello spazio discussioni Daniela Dennent’s ci offre questo
apprezzatissimo contributo (grazie!): "Il Mito della Bellezza (The
Beauty Myth) è il titolo di un saggio a mio parere molto interessante,
scritto da Naomi Wolf, fu pubblicato nel 1991 nei paesi anglosassoni ma
MAI tradotto in italiano (come in premessa questo appunto non è esatto ndb). Vagando nel web ho trovato una recensione
(sempre in inglese) molto ben fatta e l’ho tradotta perchè considero
l’argomento molto interessante e attuale, sebbene siano trascorsi quasi
20 anni. La metto a disposizione del gruppo 😀 E’ un po’ lunghetta ma
comunque.. enjoy"

Recensito da Laura Bryannan

Nota: Sebbene la Wolf abbia ammesso che molte delle statistiche che ha
menzionato per supportare le proprie tesi erano sovrastimate, la
premessa principale de "Il Mito della Bellezza" rimane valida.
Tuttavia, ho deciso di pubblicare la mia recensione del libro,
risalente al 1991.

L’articolo di questo mese è dedicato alle donne che credono che le
proprie cosce siano troppo grandi, i propri seni troppo piccoli, i loro
capelli troppo soliti, la propria pelle difettosa, il proprio corpo
ridicolo o che i propri vestiti siano fuori moda.

L’articolo di questo mese è pensato per le donne che credono che la
propria vita cambierà se perderanno 6 kg di peso, o se indosseranno le
lenti a contatto, quel nuovo profumo o la lozione anticellulite; se si
rifaranno il naso, un lifting, un’addominoplastica, ecc. L’articolo di
questo mese è per le donne che provano vergogna o infelicità quando
pensano al proprio corpo. In altre parole, l’articolo di questo mese è
dedicato al 99,9% delle donne che stanno leggendo!

Perchè così tante donne credono di non essere all’altezza quando si
parla del loro aspetto fisico? Il nuovo libro intitolato "Il Mito della
Bellezza – Come le immagini di bellezza vengono usate contro le donne
"
ci dà qualche risposta. Se sei una donna e ti riconosci nel paragrafo
precedente, o se sei un uomo che desidera capire di più delle dinamiche
tra media e autostima, allora corri alla libreria più vicina e leggi
questo libro.

L’autrice, Naomi Wolf, ci elargisce un saggio colmo di riflessioni e di
statistiche sull’esperienza femminile. E’ ricco di studi e statistiche
che supportano le sue dichiarazioni e rendono il suo messaggio
difficile da attaccare. La questione che l’autrice porta alla nostra
attenzione è indirizzata ad entrambi i sessi, poichè non solo le donne
subiscono la manipolazione dei media, manipolazione tesa a
minarne l’autostima. Questo libro, nella migliore delle ipotesi, aprirà
molti spunti di discussione e ricerca riguardo come la nostra cultura
coltiva uno stereotipo che vede la donna come oggetto sessuale e l’uomo
come oggetto (soggetto, ndr) di successo, a danno di noi tutti.


La tesi principale della Wolf enuncia che esiste una relazione tra la liberazione femminile e il concetto di bellezza femminile:

"Più le donne superano ostacoli legali e materiali, più severo, pesante
e crudele diventa il peso delle immagini di bellezza che ci pendono sul
capo. Nel passato decennio, le donne hanno creato una frattura nella
struttura del potere; allo stesso tempo, i disturbi dell’alimentazione
hanno aumentato la propria incidenza in maniera esponenziale e il
settore della chirurgia estetica è cresciuto rapidamente; la pornografia
è diventata la categoria mediatica più richiesta, ancora prima di
venire legittimata (??), e 33mila donne Americane rispondono ai
ricercatori che che preferirebbero perdere da 5 a 7 kg più che
raggiungere qualsiasi altro obiettivo. Più donne possiedono più denaro
e potere e opportunità e riconoscimenti legali di quanto sia mai
successo in precedenza; ma in termini di come ci sentiamo con noi
stesse fisicamente, potremmo realmente sentirci peggio rispetto alle
nostre nonne ancora non liberate dal femminismo.
"

La ricerca di Naomi Wolf mostra che esiste una risposta culturale
contro il femminismo, una controcultura che utilizza immagini di
bellezza femminile al fine di tenere le donne al proprio posto. Quante
persone si sono fatte persuadere dall’idea della brutta attivista
femminista che è femminista solo perchè è ritenuta troppo
indesiderabile per accaparrarsi un uomo? Questa concezione popolare è
stata utilizzata la prima volta per descrivere le suffragette in
protesta per il voto. La Wolf mostra che, nel corso degli anni, sono
state messe in campo diverse risorse culturale allo scopo di punire le
donne che cercavano di ottenere un maggiore controllo sulle proprie vite
e sul proprio sviluppo.

Il Mito della Bellezza è l’ultimo (e maggiormente pericoloso) di una
lunga serie di menzogne che riguardano le regole degli attributi e del
comportamento femminile. E’ il più pericoloso perchè ha avuto successo
nell’intaccare l’autostima delle donne dall’interno. Esso ha creato uno
standard di femminilità impossibile da raggiungere, e la reazione della
maggioranza delle donne è stata quella di sviluppare un comportamento
ossessivo per sentirsi all’altezza. L’energia che dovrebbe essere usata
per raggiungere obiettivi positivi è stata invece riversata allinterno,
dissipata in senso di colpa, vergogna ed infelicità verso il proprio
fisico.

La Wolf traccia l’evoluzione storica di queste menzogne:

"Un secolo fà le normali attività femminili, specialmente il tipo di
attività che avrebbero portato le donne al potere, erano classificate
come brutte e malate. Se una donna leggeva troppo, il suo utero sarebbe
andato incontro ad atrofia. Se continuava a leggere, il suo apparato
riproduttivo sarebbe collassato e, in accordo con le "informazioni"
mediche dell’epoca, "saremmo arrivati ad avere un inutile e ripugnante
ibrido".
La partecipazine alla vita moderna, l’educazione e l’impegno lavorativo
erano considerate attività che avrebbero portato le donne Vittoriane
alla malattia; i Vittoriani quindi protestarono di fronte
alla possibilità di una maggiore istruzione femminile, immaginando che
questa avrebbe danneggiato i loro organi riproduttivi. Ed era ritenuto
certo che "l’educazione delle donne le avrebbe rese sterili" e rese
sessualmente poco attraenti: "Quando una donna mostra interessi
scientifici, vuol dire che c’è qualcosa che non va nella sua
sessualità
".

L’atteggiamento verso le donne del tempo ha, ora, un’ovvia motivazione
alla base: le donne erano viste come uteri che camminano, e qualsiasi
cosa facessero per accrescere la propria utilità nel mondo era attaccata
come una minaccia a questa realtà. Quelle donne avrebbero potuto avere
qualcosa di più da offrire al mondo, qualcosa di più dei bambini che
partorivano, ma questo non era concepibile nè permesso.

L’avvento delle due guerre mondiali cambiò le regole. Diventò
importante per la società che le donne abbandonassero le proprie case
per lavorare, al fine di incrementare lo sforo bellico.

Le pubblicità della stampa seguirono la corrente:

"Una reclame dell’epoca dice: ‘ Ci piace sentirci femminili anche
quando svolgiamo lavori maschili..così acconciamo i nostri capelli con
nastri e fiori e cerchiamo di mantenere i nostri visi carini e freschi
come piace a voi’ ; e la reclame di un cosmetico ammise che, nonostante
la guerra non possa essere vinta da un lipstick, ‘questo simboleggiava
una delle ragioni per cui stavamo combattendo, il prezioso diritto
delle donne di essere femminili e amabili’. La propaganda nei
rotocalchi femminili di quei giorni enfatizzava il concetto che era
giusto lavorare in fabbrica, vivere in solitudine col proprio
salario, ma solo finchè la femminilità veniva conservata. E, ovviamente,
l’obiettivo di tutte le riviste femminili era quello di diventare
l’unica voce autorevole su come essere femminili. "Le riviste femminili
avevano bisogno di garantirsi che le loro lettrici non si sarebbero
liberate, appunto, del bisogno di leggere riviste femminili
"

Nel dopoguerra, la propaganda subì una drastica svolta. Le forze
mediatiche dovevano concentrarsi sul garantire un lavoro ai soldati di
ritorno dalla guerra, ed alimentare l’economia dei consumatori. Era
importante fare pressioni perchè le donne lavoratrici tornassero
casalinghe, e comprassero prodotti destinati alla cura della casa. Come?

"I documenti degli esperti in marketing descrivono come manipolare le
casalinghe per farle diventare insicure consumatrici di prodotti per
l’igiene domestica. ‘ Bisogna ottenere un senso di colpa, un
trasferimento di colpe; lucrare sullo sporco nascosto, sfruttare il
valore terapeutico della cottura in forno; rendere i lavori di casa
argomento di cultura ed abilità, piuttosto che un lavoro noioso e
ripetitivo. Identifica il tuo prodotto con un tornaconto spirituale;
gli oggetti con un valore psicologico aggiunto acquistano grande
attrattiva
"

Le ramificazoni di questa propaganda sociale rimbalzarono anche agli
show televisivi dell’epoca: “Ozzie and Harriet” “Leave it to Beaver”
“Make room for daddy” “Donna Reed Show” “Father knows best” etc. In
questi spettacoli vediamo l’immagine della casalinga felice, che non
sembra fare altro che trotterellare nella sua splendida casa nel suo
bel vestitino, perfettamente pulito e stirato, soddisfacendo i bisogni
dei suoi familiari; la vediamo raramente alle prese con i suoi amici,
oppure impegnata in qualche attività culturale; è perfettamente serena
nel suo tranquillo e pulito bungalow di periferia, pieno di confort
moderni.

Negli anni ’60, la seconda ondata del femminismo comincia a farsi
sentire. Emergono nuove strade, possibilità fuori casa, per le donne, e
le donne se ne vanno in giro.

Il movimento femminista di lì a poco riuscì a rovesciare la versione
di femminilità offerta dalle riviste. Avendo abbandonato il loro ruolo
di casalinghe consumatrici ed essendo entrate a far parte del mondo del
lavoro, la partecipazione stessa alle faccende del mondo esterno
probabilmente allontanò le donne dall’interesse per la realtà femminile
dipinta dalle riviste. Inoltre l’auorità delle riviste fu minata anche
dallo scompiglio iniziato nel mondo della moda nei tardi anni ’60, la
fine dell’haute couture e l’inizio di quello che gli storici della moda
hanno battezzato “Style for all

Nel 1969 Vogue fece la scoperta che si è evoluta nel Mito della Bellezza di oggi:

Vogue prese a focalizzare maggiormente sul corpo che sugli abiti, in
parte anche perché con l’anarchia degli stili potevano imporre ben
pochi dettami in fatto di moda. Con una mossa sbalorditiva, fu
sviluppata un’intera cultura di rimpiazzo, semplicemente iniziando a
chiamare “problema” un qualcosa che esisteva già da prima, centrato
sullo stato naturale delle donne, ed elevato a dilemma esistenziale
femminile. Il numero degli articoli dedicati alle diete dimagranti
crebbe del 70% negli anni che vanno dal ’68 al ’72. Il lucrativo
“transfert di colpa” ebbe la propria resurrezione giusto in tempo.

Noi oggi siamo bombardati dalle immagini di donne “perfette”. La Donna
Perfetta è solitamente di un biondo angelico, anche se vengono mostrate
anche brunette sensuali, rosse o donne esotiche. E’ alta e
slanciata, solitamente pesa il 20% in meno di quanto la sua statura
richieda. Raramente ha più di 25 anni, non ha difetti visibili sulla
pelle, e i suoi capelli e i suoi vestiti sono sempre immacolati. Una
donna perfetta appare bella proprio come le altre donne perfette; è
essenzialmente non umana, intercambiabile e disponibile. Infatti molto
spesso viene ripresa a pezzi come un manichino.

La nostra cultura giudica le donne, e le donne giudicano se stesse in
base a questo standard. Abbiamo dimenticato che la “pornografia della
Bellezza
” come la chiama Naomi Wolf dipinge modelle sottopeso
generalmente tra i 15 e i 20 anni. Non vediamo mai l’immagine di una
donna struccata o con un trucco non professionale, che non sia stata
pettinata da coiffer d’elite, o con abiti che non siano stati
professionalmente disegnati o scelti. Ogni difetto naturale, o le rughe
della sua pelle, vengono corrette elettronicamente sull’immagine.
Persino quando vediamo una foto di un’attrice più anziana e sappiamo che
dovrebbe avere delle rughe, queste non vengono mai mostrate. Queste sono
le immagini che ci mostrano, immagini che ritraggono donne normali. Si,
certo!

Lo standard del Mito della Bellezza per quanto riguarda il peso ideale
è particolarmente interessante. Se guardi un film girato prima del 1970
capirai cosa voglio dire. Donne e ragazze mostrate nelle pellicole
degli anni ’50 e ’60 (quelle più all’avanguardia) hanno davvero dei
fianchi e un sedere! Davvero sembrano donne reali! Giudicate in base ai
canoni odierni, guardando questi film potremmo giudicare quelle donne
un po’ grassocce. E’ impressionante notare come le bellissime donne
mostrate al cinema e in televsione ai giorni nostri non abbiano forme
femminili, cosce e fianchi, Siamo stati tutti portati a credere che
queste silhouette androgine rappresentino come una donna sana dovrebbe
apparire, ma la realtà è che una donna sana raramente, se mai, appare
in questo modo.

L’atteggiamento riportato dai media degli anni 80 e 90 “include un
aspirazionale, individualista tono del *puoi-farlo*, a sostenere che tu
puoi essere il/la migliore e niente e nessuno può distoglierti dai tuoi
obiettivi”. Questo atteggiamento contribuisce ad alimentare il senso di
colpa femminile nei confronti del proprio corpo, sostenendo che se il
tuo look non è perfetto devi biasimare solo te stesso: se non sei
smunto come una top model, dovrai fare sacrifici alimentari ed
esercizio fisico per diventare in quel modo; se hai le rughe, dovrai
toglierle con la chirurgia estetica o con i mezzi che la tecnologia
mette a disposizione; se il tuo seno è piccolo, aumentalo; se le tue
cosce sono tonde, fatti ficcare un ago sottopelle da un medico e fai
aspirare quell’inutile grasso. In altre parole, la cultura di oggi
mette incredibilmente sotto pressione la gente, e le donne in
particolare, perché appaiano sempre belle, qualsiasi cosa la parola
“bello” significhi. E sostiene che se il tuo look non è perfetto, ci
dev’essere qualcosa che non va con la tua forza di volontà, perché se
vuoi davvero qualcosa, puoi ottenerla.

Tuttavia, anche se ovviamente è un mercato alimentato dalla pubblicità,
Naomi Wolf sostiene che esistono forze politiche ed economiche atte a
mantenere lo status quo
.

Attirando l’attenzione sull’apparenza fisica delle leader femminili,
esse possono essere squalificate se troppo carine o troppo brutte;
L’effetto “rete” è prevenire l’identificazione delle donne con gli
argomenti che trattano; se la donna che si dedica alla cosa pubblica è
stigmatizzata perché troppo “bella” è una minaccia, una rivale, o
semplicemente poco seria; se d’altro canto viene derisa perché troppo
brutta, è rischioso sostenerla perché si corre il rischio di
identificare una persona con la persona per cui vota

N. Wolf ci accompagna con cura attraverso i vari regni della vita in
cui il Mito della Bellezza ha mietuto le proprie vittime. Ne discuterò
due: Sul posto di lavoro, una donna non ha la possibilità di ottenere
chiarezza in un ricorso legale- la sua bellezza o la mancanza di
questa può essere usata contro di lei. In un caso del 1986 una donna
perse una causa per molestie sessuali perché era vestita in maniera
“troppo bella”. In un altro caso, a una donna fu negato di firmare un
accordo commerciale molto importante “perché abbisognava di imparare a
camminare, parlare e vestire in maniera più femminile”. In un altro
caso, il giudice ordinò che la donna aveva giustamente perso il proprio
posto di lavoro perché era “inappropriato per un supervisore di donne
vestire come una donna”. Caso su caso, La Wolf illustra casi legali in
cui una donna viene giudicata per essere troppo bella, brutta, vecchia,
grassa, vestita troppo bene, vestita non abbastanza bene. In altre
parole, è legale per una donna essere noleggiata o fatta fuori sulla
base del suo aspetto fisico.

Il Mito della bellezza ha tuttavia ottenuto l’impatto più serio nell’ambito della salute femminile.
Circa il 90% di chi si ammala di anoressia o bulimia sono donne.

L’associazione americana anoressia e bulimia stabilisce che anoressia
e bulimia colpiscono un milione di donne americane ogni anno. Ogni anno
150 000 donne americane muoiono per complicazioni legate
all’anoressia”. E’ stato studiato che una studentessa su 5 è
anoressica. Il campo della chirurgia plastica sta avendo vita facile,
grazie a donne che desiderano il bisturi per ogni minimo dietto. Il
Mito della Bellezza predica che le donne normali, formose, in salute,
sono troppo grasse; che la carne morbida delle dnne sia in realtà
cellulite; che le donne con seni piccoli non sono sexy, che le donne
che non hanno un viso perfetto non sono attraenti. O che le donne sopra
i 30, che mostrano segni dell’età sul viso, sono brutte. Non c’è da
meravigliarsi se le donne non domandano o ignorano i pericoli della
chirurgia, nel loro desiderio di ottenere questo Sacro Graal della
Bellezza.

Il potere delle osservazioni della Wolf ci portano a sperare che un
giorno qualcuno faccia una simile ricerca sull’impatto che questa
politica dei media ha sugli uomini. La nostra cultura insegna alle donne
che non possono essere felici se non sono belle, ma d’altro canto
insegna agli uomini che non possono essere felici se non diventano
ricchi e potenti. Gli uomini hanno ottenuto qualcosa di facile, poiché
non c’è un look generico dell’uomo ricco e potente che i media possano
ritrarre; uomini ricchi e potenti si trovano in tutte le vesti, forme,
taglie, età. L’unico modo per ritrarre l’uomo ricco e potente è mettere
un uomo in un contesto che appare ricco, e potente, sperando che la
connessione funzioni. Comunque, adesso che la generazione baby-boom sta
arrivando all’età media, credo che vedremo anche gli uomini sempre più
indotti ad ottenere un certo aspetto. Già si vedono le prime pubblicità
di tinte per capelli maschili o di prodotti per contrastare la
calvizie.

Questo libro è importante per tutti noi poiché necessitiamo di una
maggiore coscienza riguardo questo tipo di influenza mediatica, e di
quanto questa sia onnipresente e dannosa. E’ molto insidiosa
soprattutto perché spesso viene accettata senza riflettere,
passivamente. L’energia che potrebbe essere utilizzata per raggiungere
obiettivi personali e culturali viene dissipata in sentimenti di
auto-odio. Quante persone quotidianamente smorzano i propri entusiasmi
verso un nuovo progetto perché pensano “che sto facendo? Penseranno che
sono troppo vecchia, troppo grassa, brutta”. Troppo spesso ci
allontaniamo dalle nostre necessità interiori per venerare false
divinità : il viso perfetto, il corpo perfetto. Uomini e donne hanno
bisogno di svegliarsi e prendere coscienza del fatto che ci sono forze
nella nostra cultura il cui unico scopo è quello di sollecitare bisogni
nelle masse alimentando le loro insicurezze; farti sentire male con te
stessa infatti ti spingerà facilmente a comprare un nuovo guardaroba, a
tingerti i capelli o iscriverti in palestra. Chi vincerà, ragazzi? Noi
o loro??

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali.


11 Responses

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  1. d-K says

    Visto che non è OT:
    http://www.youtube.com/watch?v=hZEHb_fySHY

    MY RUIN, “Made To Measure”

    I was born like this with hips like this
    Lips like this and wrists like this
    legs like this and arms like this
    a fist like this to hit you with, now
    you’re like school on Sunday
    You ain’t got no class
    You keep running your mouth but…
    You can kiss my ass!

    Not made to measure baby
    One size does not fit all
    I will not be the one
    You make to take the fall
    [repeat]

    I got the curves to fear, the words to feel
    When I scream I’ve heard them say
    I’ve got the voice to heal
    You don’t need to be sorry
    you don’t need to be saved
    You just need to be proud of the body that God gave

    Not made to measure baby
    One size does not fit all
    I will not be the one
    You make to take the fall
    [repeat]

    listen to me say…yeah

    I’m so fat I’m fucked up
    I’m so skinny I’m sick
    I’m tired of the magazines
    Talking that bullshit!
    I’m not fat, you’re fucked up
    I’m not skinny, you’re sick
    I’m just tired of the critics who keep talking that bullshit

    Yeah!

    I was born like this with eyes like this
    Teeth like this and thighs like this
    A face like this, a waist like this
    and when I die…I’ll die like this…now
    You’re like school on Sunday
    You ain’t got no class
    You keep running your mouth but
    I just might kick some ass!

    Not made to measure baby
    One size does not fit all
    I will not be the one
    You make to take the fall
    [repeat]

    Let me hear you say YEAH!
    You’re so fat you’re fucked up
    You’re so skinny you’re sick
    You’re so tired of the magazines
    Talking that bullshit!
    You’re not fat or fucked up
    You’re not skinny or sick
    You’re just tired of the critics who keep talking that bullshit

    NOW WHAT?-NOW WHAT?-NOW WHAT? What you gonna say next time you SEE US?
    NOW WHAT?-NOW WHAT?-NOW WHAT? What you gonna say next time you SEE ME?

  2. chiara says

    Anch’io tempo fa ho cercato di acquistare questo libro in libreria, invano.
    E’ presente in tutte le biblioteche o solo in alcune?
    In attesa di un’eventuale ristampa sarebbe bello che circolasse una versione .pdf in rete…. 🙂

  3. fikasicula says

    in realtà di emma goldman c’è una recente pubblicazione. femminismo e anarchia edito bfs edizioni. puoi richiederlo alla casa editrice o prenotarlo in librearia 🙂

  4. Sara says

    anche io qualche anno fa cercavo questo libro, l’ho prenotato ma non è mai arrivato perchè fuori produzione – ci ho perso pure l’acconto… -.-
    Ci sono molti libri di letteratura femminista che vorrei leggere, scrissi un post sul gruppo Femminismo di fb proprio a proposito.
    Si dovrebbe fare una richiesta per far ripubblicare questi libri.
    Un’altra pensatrice che mi sembra interessante è Emma Goldman, ma i suoi saggi sono degli anni ’20 e se già non si pubblicano più libri degli anni ’90, figuriamoci quelli…

  5. d-K says

    > Il potere delle osservazioni della Wolf ci
    > portano a sperare che un giorno qualcuno
    > faccia una simile ricerca sull’impatto che
    > questa politica dei media ha sugli uomini

    In realtà qualche (poche) ricerca simile è già stata fatta, al momento mi sento di consigliare “Men’s Help” di Federico Boni e “Mascolinità all’italiana” di Elena dell’Agnese ed Elisabetta Ruspini (a cura di).

    P.S.: Daniela, ne approfitto per farti i miei complimenti, è davvero un bel pezzo.

  6. fikasicula says

    😀
    l’onore è tutto assolutamente completamente nostro.
    quando hai voglia di farci altri meravigliosi regali come questo il blog è tuo!

    un bacione da tutte noi!

  7. Daniela Dennent's says

    grazie anche a voi per avermi pubblicata 😀
    Me davvero molto onorata (scuss quando mi emoziono comincio a scrivere come una tredicenne idiota o_o)

  8. fikasicula says

    daniela ma scherzi? :)*
    ma grazie a te mille volte. questa recensione è eccezionale. dice un sacco di cose sintetizzate in un solo articolo. non potevi farci regalo migliore.
    grazie!

  9. Daniela Dennent's says

    ehm si pardon, ero davvero ultraconvinta che in italiano non ci fosse °_°
    Dovremmo chiedere una ristampa però, eccheccavolo u.u°

    ah e grazie per aver corretto gli orrori di battitura

  10. fikasicula says

    ahhh, ecco. grazie mille di questa info. ma perchè non lo ripubblicano?
    mah

  11. Vasti says

    Il libro è stato tradotto in italiano:
    Il mito della bellezza / Naomi Wolf. – Milano : A. Mondadori, 1991. – 368 p. ; 23 cm. ((Trad. di Marisa Castino Bado.)
    Si trova nelle biblioteche, non è più in catalogo.