http://www.youtube.com/watch?v=MiaKfHntcRo
Valerie – Diario di una ninfomane – è un film "scandalo" che parla di una donna a cui piace fare sesso. In italia, luogo in cui vengono mostrate le immagini più sessiste di utilizzo del corpo delle donne, non è stata permessa giusto l’affissione del manifesto di questo film perchè una volta tanto non c’era una donna disponibile per un lui. Il manifesto infatti mostra una posa seducente di una lei che procura piacere a se stessa. Dalle nostre parti è già intollerabile questo, figuriamoci poi se può essere data larga diffusione ad una storia che vale la pena essere vista.
La storia parla di donne. Gli uomini sono descritti come quelli che usano e che non vogliono essere usati.
Apre la scena la madre della protagonista che spinge la figlia alla vita e le spiega che una donna senza possibilità ha due prospettive "fare la moglie o la puttana, che poi è la stessa cosa".
Valerie è una donna viva che cerca il suo piacere, che viene patologizzata perchè le piace fare sesso e si convince persino di essere "ninfomane". E’ la madre a chiarirle che la ninfomania è una parola inventata dagli uomini che volevano "domare" le donne.
Valerie passa dall’adolescenza all’età adulta in costante contatto con il suo corpo. Finchè non muore sua madre ed è allora che ha bisogno di un punto di riferimento solido cui aggrapparsi. Si innamora dell’unico uomo che non riesce a procurarle un orgasmo, fa l’amore come un coniglio a spintarelle veloci che durano al massimo due minuti ed è di umore assai instabile. Lei si appassiona all’amore e si lascia intrappolare in una storia fatta di possesso e violenza in cui liberarsi le costerà quasi la vita.
E’ sola, le serve un lavoro e decide di cercarlo in un bordello. Qui, dopo una prima fase in cui capisce che "noi donne abbiamo troppi pregiudizi", vive un’altra dimensione del sesso che in qualche modo le piace, poi però sperimenta anche l’altra faccia del possesso maschile. Delusioni, violenza e nessun piacere. Lascia tutto e ricomincia, per approfittare della vita finchè c’è, per non perdere nessuna occasione, per restare sveglia in mezzo ad un mondo di cadaveri. Perchè lei è una nereide, una driade, una ninfa. Ed è il modo in cui arriva a questa conclusione che è seducente, sensuale, poetico ed esprime la libertà di ogni donna di essere quello che si vuole essere, senza sensi di colpa e senza costrizioni di nessun genere.
Un film semplice, diretto, chiaro, che arriva dritto al punto e mette a confronto tutti i modelli sociali che la società predispone per le donne. Ecco perchè in italia non è piaciuto ed ecco perchè la sua locandina è stata censurata.
Piccola precisazione: era la nonna, non la madre.
Per il resto, condivido quanto detto nel post, ma se vogliamo fare un’analisi approfondita del film… allora penso che Leila non abbia tutti i torti. Gli stereotipi si sprecano e alla fin fine non ci troviamo affatto di fronte ad una donna felice, realizzata e in pace con se stessa che sceglie di vivere liberamente la propria sessualità… ci troviamo come al solito di fronte ad una donna sola, che ha paura del buio (simbolo di una parte infantile e fragile mai andata via), legata “morbosamente” alla figura della nonna (ricorda molto Melissa P. tra l’altro), che guarda caso sente la necessità di legarsi ad un uomo quando questa viene a mancare… perché incapace di vivere senza essere “presa per mano”.
Valerie è una donna debole. E sì, sarà anche soggetto e non oggetto sessuale, come i maschi la vorrebbero, ma è e rimane una donna sola, fragile e completamente persa dall’inizio alla fine del film.
Allora mi domando: tutti gli uomini che scelgono di vivere da “Casanova” hanno vissuto un’infanzia terribile e lo fanno per chissà quale altra psicologica ragione che non sia la mera voglia di scopare (perdonate la franchezza)? Direi di no. E allora perché siamo le prime a rappresentarci o come puttane o come persone problematiche? Perché questo è ciò che fa il film in sostanza. Ci troviamo di fronte ad una donna senza lavoro e senza uno straccio di “posizione sociale”, che nel momento in cui va a cercarlo tra l’altro fiuta la possibilità di ottenerlo trombandosi il capo (O.o), o comunque fiuta la possibilità di trombarsi il probabile datore di lavoro – semplicemente per piacere – ma in una cena che dovrebbe essere professionale (e non so a voi… ma a me ha offeso non poco); una donna che diventa prostituta perché incapace di risollevarsi dai guai in altra maniera; una donna che si innamora… ma mica di un uomo come si deve… no… di uno che dura due minuti e per giunta morboso, ossessivo e violento -.-‘ e vai con il sessismo al contrario.
Insomma, per concludere:
“e mette a confronto tutti i modelli sociali che la società predispone per le donne”
scusate ma io questo confronto non l’ho visto. Ho visto invece un concentrato di stereotipi che fanno da contorno alla vita di una donna che altro non è se non un cliché ambulante.
Probabilmente in Italia non è piaciuto per le ragioni da voi espresse… ma mi sento di concedere il beneficio del dubbio a chi lo considera semplicemente un brutto film… cinematograficamente – e non solo – parlando.
Siamo lontanissimi dal capolavoro, molte cose sono forzate altre lasciate scivolare senza approfondire, è indubbio, dal punto di vista cinematografico lascia poco soddisfatti, ma sta di fatto che è una storia vera, nel film ci sono alcune variazioni rispetto al libro, ma se per Valérie Tasso una via per l’emancipazione e la conquista di se, dolorosa, sbagliata, antiquata, quello che è, è stata la prostituzione, non si può cancellare, se certi condizionamenti spingono una persona a comportarsi in un determinato modo, non raccontarlo è censura, negare la realtà.
A me è piaciuto per questo, è una persona in cerca di se stessa – individua nel corpo l’imprescindibile espediente di comprensione, verso se stessa e verso gli altri.
… penso che la censura sia stato solo un escamotage pubblicitario.
a me non è piaciuto perché:
ho trovato il film “bacchettone”, privo di fantasia e libertà sessuale. A mio avviso purtroppo anche questa volta, sembra che alle donne per essere libere di esplorare, sperimentare e vivere i piaceri del sesso, ciò sia permesso solo all’interno del cliché della prostituzione (come unico luogo del vizio). Ritengo inoltre offensiva la scelta di far incombere sull’amore il castigo della negazione dell’orgasmo. Come dire (povere donne) tutto non si può avere!!! E invece io, non è che voglio, ma posso pretendere di avere tutto! …
Io non mi sono mai prostituita ma potrei elencare alcune delle esperienze del film, riscontrando lo stesso piacere e la voglia di conoscermi e riconoscermi anche attraverso il sesso. Individuando nel corpo il imprescindibile espediente di comprensione, verso se stesse e verso gli altri.
Leila
Condivido appieno la tua recensione, questo film non può piacere perchè la ninfomane in questione non è schiava di un uomo, ma è dentro se stessa e vive se stessa.
Anche a me è piaciuto.