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Un’altra prospettiva


Un intervento che richiama alla necessità di vedere immagini vere che sostituiscano "il mostro sbattuto in prima pagina" identificato con entità variabili a seconda della convenienza del momento. Richiama anche alla necessità di vedere gli sguardi – fieri e diretti – della donne violentate. Piuttosto che una rappresentazione vittimistica delle donne sarebbe necessaria una rappresentazione reale o un insieme di immagini che ci ritengano attive, in grado di reagire, soggetti vivi e per nulla piagnucolosi. Buona lettura.

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A proposito di vittimizzazione. A proposito di numeri, statistiche, e rappresentazione mediatica della violenza sulle donne.

Con l’approssimarsi del 25 novembre i mezzi di comunicazione si sono naturalmente preoccupati di rendere note le cifre dei
femminicidi e degli stupri. Nell’Italia intera o in una determinata regione, in Europa, nei paesi in via di sviluppo, nel mondo. Confronti e dati.

I numeri, che spesso appaiono freddi e privi di colore, servono, perchè se ci si ferma a riflettere e a fare qualche proporzione, quei numeri svelano la portata di un fenomeno, espressione concreta della cultura patriarcale e maschilista in ottima salute qui come altrove, che non accenna minimamente a regredire.

I dati, spesso analizzati e riportati in articoli sulla carta stampata e sul web, sono spesso accompagnati da immagini o
fotografie di donne piangenti, ripiegate su se stesse come a proteggersi, terrorizzate. Donne che stanno per subire una violenza, o che l’hanno appena subita.

Non è che questo approccio mi disturbi più di tanto, e ben venga la diffusione delle statistiche riguardanti il  femminicidio, anche se
questo sembra fare notizia solo in occasione come quella della giornata del 25 novembre, o dell’ 8 marzo, mentre i vari tasselli che lo compongono, ossia i singoli omicidi e stupri, se perpetrati da italiani, trovano ben poco spazio nell’informazione quotidiana.

Innanzitutto mi accorgo che le foto a complemento degli articoli su stalking, violenze e stupri, ritraggono spesso donne il cui viso non si vede. O perchè appunto, sono ripiegate su se stesse, in posizione quasi fetale, per proteggersi. O perchè c’è una mano od un braccio teso a difendersi, e che oscura il volto. O perchè tengono il viso rivolto in basso, con la testa tra le mani.

Preferirei invece che questi volti venissero mostrati. Attraverso l’espressione del viso, attraverso lo sguardo, credo che si potrebbe comunicare qualcosa di più. Innanzitutto si metterebbe in evidenza che si tratta di persone violate, prima che di corpi. Questa separazione del corpo dal volto la ritroviamo, seppure per scopi completamente diversi, anche in certe campagne pubblicitarie che mercificano la donna riducendola a corpo o a parti di esso.

Quando i volti vengono mostrati, al massimo presentano qualche livido. M sono imbattuta addirittura in una foto in cui il livido circonda un bell’occhio chiaro (si, dobbiamo essere attraenti anche quando
veniamo picchiate) su un volto apparentemente disteso e tranquillo. Sangue non se ne vede mai. Bene che vada abbiamo appunto il sangue coagulato sotto forma di ematoma. Eppure se ti rompono il naso di sangue ne perdi in quantità.


Vorrei guardare questo quadro da una diversa angolazione. Innanzitutto mi piacerebbe che talvolta si parlasse di dati e cifre che riguardano gli uomini e non le donne. Quanti uomini stuprano, uccidono, picchiano. Ad esempio quanti uomini si sono resi responsabili di molestie sessuali in una determinata fascia di età. In quali regioni italiane la percentuale di uomini femminicidi è più alta. Dati che li riguardano, sulla base dei quali si possa fare qualche analisi. Mi piacerebbe che il prossimo 25 novembre, le cifre con cui verranno aperti gli immancabili servizi sulla violenza maschile non riguardassero le donne, ma gli uomini.

Diteci quanti mariti e fidanzati stuprano e picchiano abitualmente. O quanti l’hanno fatto almeno una volta in vita loro. Ponete l’attenzione sui carnefici innanzitutto, e poi sulle vittime. Perchè altrimenti sembra quasi che le donne siano massacrate da un’entità non meglio identificata e onirica, rimanendo in attesa di
identificare tale entità nel babau di turno, ad esempio il cittadino straniero.

A corredo degli articoli, sarebbe opportuno vedere ogni tanto le donne per come si presentano veramente al pronto soccorso di un ospedale dopo essere state violentate. Non abbiamo bisogno di immagini edulcorate. E poi, fateci vedere la foto di un uomo con la faccia incazzata, che sta per colpire con il pugno chiuso. Oppure di un marito con un coltello in mano, o una bottiglia, o una pistola. Mostrateci la realtà che viviamo, e non una patinata, fotogenica e distorta riproduzione di essa.

Leggi anche:

Vittimizzazione dei soggetti e controllo sociale

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio.


One Response

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  1. Silvia says

    “Il potere della parola per raccontare la violenza” Deltnews intervista Dacia Maraini
    http://www.deltanews.it/…o/novembre09/271109.htm