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Nei Cie alle donne accade molto peggio che essere stuprate

Ancora un contributo [un altro potete trovarlo qui] a proposito di quanto è accaduto a Milano [1] [2] [3] [4] con particolare riferimento all’analisi dello slogan "Nei Cie la polizia stupra". Buona lettura!

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Care compagne,
vorrei intervenire più in dettaglio sui cie […].
 
Come in tutte le istituzioni totali nei Cie si abusa del corpo della donne. Ma non condivido questo slogan [Nei Cie la polizia stupra!] perchè davvero, paradossalmente, riduce a poco quella che è la violenza non nei cie, ma dei cie.
 
E’ come dire che nei campi di concentramento si stuprava ed in questo stava il loro male.
Si, è vero, ma forse quella sessuale era una sola e certo la non peggiore violenza che le donne trovavano all’interno di quei luoghi.
 
Io ho avuto modo di entrarci nei cie, e ogni volta per me è sempre peggio che entrare in carcere. Ne esco sempre con un nodo allo stomaco, con un senso tra l’impotenza e l’irrisolto.
 
La vera violenza nei cie è la non necessaria privazione di ciò che ti rende te stessa, l’annullamento del tuo corpo, della tua identità, dei tuoi bisogni primari.
 
Ricordo benissimo di due donne che ho conosciuto e visto dentro e fuori dal cie e ho stentato a riconoscerle nell’aspetto fisico: dentro avevano la pelle squamata fuori sembravano dei fiori coloratissimi, lucenti, e poi il sorriso. Sono cose che ti restano dentro per sempre.
 
La prima volta che ho visto una di loro dentro aveva la pelle completamente squamata e soffriva tantissimo: nei cie, non puoi portare le tue creme da viso, le tue pomate di medicazione, ti levano tutto. La misericordia (onlus) ti darà qualcosa che vagamente gli somiglia.

Vi assicuro che ogni volta stavo male per lei, ha parlato col dottore, ma la crema che usava lei non si trova in italia e non gliel’hanno fatta portare dentro. Pensate a trovarvi chiuse dentro una stanza, con tutto il vissuto di angoscia, di incertezza per il futuro, di terrore per quello che vi aspetta se trovano il volo e vi rimpatriano, toccarvi la faccia e sentire la pelle secca, un fastidio continuo, un fastidio essere guardata e spiegare, e non trovare rimedio. 

E i peli?  E poi gli assorbenti. Io ad esempio odio la lines, mi fa allergia, insopportabile anche per un ora quella roba sintetica a contatto con la pelle. Io uso nuvenia o la mooncup.
 
E invece,  ti ritrovi rinchiusa, con la pelle squamata, e i "pannoloni" di una volta: gli assorbenti della misericordia ovviamente. Detenzione amministrativa, la chiamano. Ma neanche in carcere…
 
Ricordo ancora la madre che viveva lontano in europa. Arrivata con la valigia grande per vedere la figlia, ma il permesso non viene autorizzato in tempo. Deve ripartire, tornare a lavorare altrimenti la licenziano. La vedo mi dice per favore portale questa, un pò di panni, le sue cose. Insieme abbiamo aperto la valigia: questo si, questo no perchè è una crema, il set da manicure no perchè sono cose appuntite… questo no questo no…

Più aumentavano le cose scartate più la mamma guardava a occhi sgranati e con le labbra contratte e arrivava alla conclusione che allora è proprio come in prigione, povera figlia mia che non ha fatto niente… con tutto quello che ha sofferto…
 
Non solo ti senti chiusa in uno spazio che non ti appartiene, insieme ad altre donne che si chiudono nelle enclavi di appartenenza – sudamericana sola in mezzo alle cinesi; cinese sola in mezzo alle nigeriane; nigeriana sola in mezzo alle moldave e via dicendo – ma ti senti lontana anche da quello che sei perchè ti viene impedito di stare bene con te stessa, con il tuo corpo e questo ti condiziona inevitabilmente nel rapporto con gli altri.

E’ un esercizio di potere ulteriore che ti annulla in quanto persona, ti mette in sofferenza psichica e fisica, ti senti davvero "gestita", controllata, impedita nei bisogni primari. Anzi, colonizzata nei bisogni primari… dalla misericordia!
 
Ti senti sola in mezzo alla violenza verbale, alle frasi urlate, al disagio delle altre, al nervosismo degli altri, alla prepotenza e alla arroganza gratuita di chi ti tiene lì e in ogni tua richiesta legge una pretesa, per le serie: ringrazia che se qui perchè se avessimo gli aerei ti avremmo già rispedita al tuo paese.
 
Sei sola. E fuori non sanno quanto sei in sofferenza. Non sanno che alla battuta sessista puoi trovare la forza di ribellarti, ma è l’impotenza davanti a tutto il resto che ti annichilisce come persona. L’unica speranza è l’operatrice, l’avvocata o la mediatrice, se ti capita quella gentile che si interessa a te. Ma non ti fidi neanche di loro, non troppo al primo impatto, perchè la sensazione di violenza più forte sta in questo, nel sentirti non solo limitata nelle tue libertà (di circolazione, di comunicazione) ma di sentirti davvero dominata anche nel rapporto con te stessa, col tuo corpo.
 
E’ questo che stupra tutte dentro i cie e l’unico modo per aiutarle è farle uscire ed abortire questo sistema di merda.

Posted in Anticlero/Antifa, Corpi, Omicidi sociali, Precarietà, Scritti critici, Storie violente.