Sperimentare la paura di chi teme che qualcuno gli porti via qualcosa è veramente utile. E’ utile a capire quello che succede in italia: tenere tutti in stato di emergenza per invocare unità nazionale e per dichiarare la diserzione di chi dissente. L’unica differenza è che chi sta al governo utilizza le paure della gente per poter agire indisturbato facendo accettare politiche economiche terribili, speculazioni alle quali altrimenti chiunque si opporrebbe etc etc. ma non vi dico nulla di nuovo. Basta leggersi il libro di naomi klein, shock economy, per capire come funziona. Mi interessava capire però come agisce la paura sul singolo. Una persona di età considerevole che ha fatto sacrifici per costruirsi una casa, anche due e che vive nella costante paura che qualcuno possa rubargli qualcosa.
Lo stato d’animo ovviamente coinvolge anche tutte le persone presenti per cui l’ansia diventa l’unico anello di congiunzione, lo stress emotivo la conseguenza e l’aggressività la conclusione.
Un uomo ansioso fondamentalmente ha paura. La sua paura condiziona tutti ed è accompagnata da una diffidenza nei confronti di tutto il genere umano. Quel famoso "chi fa da se fa per tre" diventa "faccio da me perchè gli altri non sanno fare niente". Attenta a non farti scivolare il piatto, a non fare cadere il bicchiere, a non buttare la cenere sul pavimento, a non farti scivolare la bottiglia, a non inciampare quando cammini, a non urtare contro qualcosa, a non schiacciare l’acceleratore in salita, sono tutte avvertenze condite di una buona dose di deresposabilizzazione. Se dico a te di stare attento a fare questo o quello, quando sbaglierai sarà sempre colpa tua.
Un uomo ansioso che ha paura non condivide le responsabilità ma lascia agli altri la colpa di ogni errore. Non condividere le responsabilità significa anche lasciare decidere l’altro. Dimmi cosa fare, cosa vuoi che faccia, facciamo come vuoi tu, faccio tutto questo per te, è il modo di scaricare la responsabilità delle scelte sull’altr@. Scaricare le responsabilità è una conseguenza della paura, dell’ansia, dell’incapacità di sopportare fattori di stress. Fondamentalmente tre quarti del genere umano vive in condizione adolescenziale. Fondamentalmente di questi tre quarti una buona maggioranza è di sesso maschile.
La storia.
Una settimana di convivenza con una coppia di persone che vivono in una villetta. Normalmente lui e lei vivono da reclusi in una autoprigionia irrazionale. Al mio arrivo spalancano porte e finestre, ceniamo in giardino, ci concediamo il lusso di lunghe chiacchierate sotto il portico e di giorno prendiamo il sole e leggiamo sempre all’esterno della casa. Il secondo giorno comincia la strategia della paura. Il capo famiglia, ovvero l’uomo, mi racconta di furti nel vicinato. Di giorno e di notte e tutti dentro case di persone che lasciavano le finestre aperte. Non me lo chiede ma mi sembra chiaro che dovrò chiudere la finestra. La moglie prova ad opporsi. Lui le dice di lasciarmi fare o che eventualmente si assumerà lei la responsabilità di una eventuale effrazione.
Il terzo giorno lui continua a trascinarmi nella sua paranoia. Racconta di persone che hanno subito furti pur avendo la finestra chiusa. Mentre ceniamo chiude una ringhiera in ferro che aveva aperto per l’occasione e la sigilla con lucchetto. Non si tratta più di una scelta. E’ un obbligo. Mi dice che lo fa perchè si rende conto che non posso dormire con la finestra chiusa. Così IO potrò stare tranquilla. Mi lascia le chiavi del lucchetto facendomi intendere che usarlo sarebbe una gravissima trasgressione. Dormo con la finestra aperta e le sbarre a farmi sentire in carcere.
Io e sua moglie restiamo a chiacchierare in giardino dopo cena e lui ha un gran sonno. Insiste perchè andiamo a dormire anche noi. La moglie gli dice di andare e che noi saremmo rientrate presto. Lui va nella sua stanza, chiama la moglie, quando lei esce mi chiede il favore di rientrare perchè lui non si fida e NOI potremmo dimenticare INAVVERTITAMENTE la porta aperta. Tutti in casa, lui chiude a tripla mandata, mi dice che "sai, magari la stanchezza, potreste dimenticare e qui, hai capito no? è rischioso". Ho capito, si, più di quanto immagini. Ho capito che un uomo ansioso, che ha paura, che non si assume responsabilità e delega i rischi agli altri, sminuisce costantemente chi gli sta attorno e lo riduce a soggetto infantile, di più, a persona non in grado di intendere e volere da assistere, tutelare, rinchiudere "per il suo bene".
Fate attenzione perchè parlo di un uomo ma questi sono gli esatti meccanismi messi in atto da chi usa strategie della paura, parla di sicurezza e poi ci dichiara idioti se vogliamo più libertà e alla fine ci dice di ringraziare le ronde uniche tutrici della nostra salvezza. Si chiama fascismo sia in pubblico che in privato.
Continuiamo la storia.
Il giorno dopo io e la mia amica decidiamo di andare fuori, al mare, lontano, da sole. Lui le raccomanda di tutto e di più, la macchina che non va, le ruote così, il freno cosà, quella strada non va bene, fate quell’altra, all’arrivo parcheggiate lì, rientrate prima che faccia buio, vi preparo la cena, così siete più motivate a rientrare.
Ansioso, pieno di paure, deresponsabilizzato, autoritario, vuole avere tutto sotto il SUO controllo, impone che si percorrano le strade in cui lui si sente al sicuro. Tutte le altre non vanno bene.
Suggerisco alla mia amica di fregarcene e di cambiare tragitto, itinerario e orario. Lei riesce a cambiare tragitto, al telefono mente a suo marito sull’itinerario "tanto lui non lo saprà mai", ma non riesce a trasgredire sull’orario. Alla fine mi dice che è meglio così, poi lui le fa paranoie, tanto in fondo la giornata è finita, e io capisco che lei c’è dentro fino al collo. Che per non farlo arrabbiare farebbe di tutto e che è entrata nel meccanismo della rassicurazione, prevenzione di reazioni aggressive sentendosi molto in colpa se lui la rimprovera.
Nuovo giorno e nuovi propositi. Lei avverte la pressione della mia presenza e si sente in dovere di dimostrare la sua autonomia dopo che per una intera giornata mi ha detto che in fondo si tratta di una SUA scelta e che lo fa solo per non farlo soffrire. Per il resto sarebbe tutto ok, lei non subirebbe nessuna conseguenza e la loro vita scorre felice.
Sicchè apre di nuovo porte e finestre, mette in azione il barbecue, ci regala battute accompagnate da risate nervose nella fatica di stemperare l’ambiente, lui tiene il muso lunghissimo con sguardi densi di significato, lei continua a trotterellare e propone persino una gita insieme. Finito il pasto ci rilassiamo un po’ e poi ci mettiamo in macchina. Guida lui, lei detta il percorso, lui dice di no, ha il volante in mano, lei lo ricatta e dice che se non si va per di là allora non va da nessuna parte, lui ferma la macchina e chiede a me un parere, io dico che non ho idea di cosa dicano perchè non conosco le strade di cui parlano, anche lei tenta di coinvolgermi cercando una alleata e spostando il suo conflitto all’esterno, io rispondo picche, loro litigano, io esco dalla macchina e faccio una passeggiata, li sento urlare, mi chiamano, lei sta alla guida e lui vuole tornare a casa, lei vuole che IO e lei andiamo per il percorso che LEI ha deciso, io dico che non importa e che preferisco restare in casa: solidale si ma capro espiatorio no. La versione secondo cui lei vuole fare quel percorso per ME non è affatto vera e in questo gioco di scarica barile e di deresponsabilizzazione generale io non ci sto. Non entro nel meccanismo delle complicità e mi rifiuto di farmi coinvolgere.
La moglie di un uomo anzioso, pauroso, deresponsabilizzato, autoritario diventa suo malgrado vittima di questo meccanismo e ne introietta le forme e i ritmi.
La settimana è finita e non ho visto un ladro, uno stupratore, nessuno a parte un uomo completamente barricato nella sua vita assieme a sua moglie. Se lei si svegliasse di colpo e decidesse di lasciarlo immagino che lui potrebbe fare qualunque cosa per impedirglielo. Un uomo che non sa vivere una qualunque situazione di stress è pericoloso per se’ e per gli altri.
Mi chiedo se questa non sia la presunta causa di alcuni femminicidi. Se i cosiddetti maschi "depressi" che ammazzano le mogli, l’ultimo ieri in veneto, non cedano all’ansia e alla incapacità di vivere semplicemente un cambiamento di rotta della propria vita. Se questi uomini infantili non reagiscano ad un cambiamento delle convenzioni sociali: le donne non sono più "rassicuranti" per gli uomini paurosi ma necessitano di eguali rassicurazioni, di sostegno – reciproco – per andare avanti senza annullarsi pur di sostenere l’ego di un marito non cresciuto, senza dimenticare se stesse. Le donne non sono più "materne", balie che assistono maschi fragili che non hanno nessuna voglia di crescere. Maschi che sostengono il proprio ego grazie al ricorso a dogmi machisti e che sono sollecitati da una cultura che li vuole virili, imbottiti di viagra anche se non sono in grado di sostenere neanche il peso della più piccola responsabilità.
Mi chiedo se questo governo non stia legittimando una società problematica. Non stia legittimando situazioni come quella accaduta nel barese. Un uomo che ne uccide un altro perchè teme che possa rubargli qualcosa. E’ un governo che istiga che aggressioni al diverso, allo straniero. Un governo che esaspera le paranoie invece di smussarle, che sollecita machismi invece di liberare la fragilità maschile. Un governo pericoloso che non mi fa sentire per niente sicura perchè libera assassini e regala licenze di uccidere.
La prossima settimana la trascorro in una comunità di nudisti che vivono in spazi aperti. Il minimo.
Mi sembra agghiacciante. Forse perchè sembra la descrizione del mio ex marito :-(.
complimenti per l’ottima analisi psicosociologica. la mia esperienza personale mi insegna che funziona proprio così. quasi sempre metterti un uomo in casa significa, nel migliore dei casi fargli da madre, nel peggiore fargli da pungiball. daltronde siamo un paese di uomini mammoni e infantili. diciamo che se le donne non si emancipano difficilmente educheranno i propri figli in maniera sana. la vedo dura.
Ah ah! Divertentissimo post, hai praticamente fatto il ritratto di mio padre