Da qualche giorno gira in rete la notizia di questa ragazza diciannovenne che ha realizzato un lampione antistupro. Che l’idea di illuminare e sorvegliare con energia solare una zona dove non arriva neppure la corrente elettrica sia venuta ad una ragazza di roma certo rende chiara la condizione di assoluta insicurezza nella quale le donne romane evidentemente sono state loro malgrado trascinate. Rende chiaro anche quale conseguenza possa avere un martellamento costante che fa sentire le donne totalmente indifese fuori casa, nei luoghi bui, e sicure in zone illuminate o dentro casa. Fa capire che chi ha per mesi descritto l’immagine delle donne vittime che per restare al sicuro devono delegare ad altri e rinunciare alla propria privacy è riuscito nell’obiettivo. O meglio, diciamo che questa celebrazione della ragazza che inventa uno strumento di security dice tutto sui modelli femminili che quanto meno a roma si vogliono esaltare.
Che c’è di male, direte voi. C’è che questa ragazza ha speso tempo ed energia per realizzare uno strumento per farsi sorvegliare, per allontanare l’idea del babau che si nasconde nel buio e per solleticare l’ego degli eserciti che dovrebbero piombare sui luoghi a rischio nel giro di un millesimo di secondo. Nulla di più falso, innanzitutto perchè roma, come ci ha mostrato una bella puntata di Presa Diretta [guarda], non ha uomini sufficienti per sorvegliare un bel niente e quei pochi che ha li tiene impegnati a scortare i rondaroli che si improvvisano rambo per le strade per pura propaganda. Poi c’è la questione della sorveglianza, come se rinunciare alla privacy e far diventare le città tanti piccoli e grandi set alla truman show possa portarci a qualcosa di diverso dal 1984 di george orwell. Infine c’è un dato assolutamente imprescindibile: la maggior parte delle violenze, in numero impressionante, avviene ad opera di familiari e in casa.
L’unica cosa positiva che mi viene in mente pensando a questo lampione antistupro è il fatto che presto o tardi diventerà una lampadina antistupro con telecamerina incorporata, tutto incapsulato in apposito berretto venduto dai cinesi. Se sono riusciti a montarci in testa i mini ventilatori riusciranno certamente a produrre anche una cosa del genere e a quel punto sarà divertente vedere girare tutte queste donne munite di berretto a forma di abat-jour con micro impianto di sorveglianza che rimanda le immagini ad una centrale che avrà cura di gestirle in un format targato endemol (purchè non lo presenti simona ventura, please).
Volendo insistere sul piano dei burqa tecnologici possiamo inventarci di tutto. A me viene in mente l’abito a forma di corazza. Tanti piccoli aculei pronti ad essere sparati verso i soggetti non sicuri. Ma in realtà la direzione che abbiamo preso è di totale rinuncia alla condizione primaria che serve a ciascuno di noi per vivere da esseri umani. Poco a poco ci stiamo trasformando in automi, indifferenti rispetto a quello che avviene a due passi da noi, completamente assuefatti a regole che sfiorano il paradosso. Rendetevi conto che a furia di applicare la shock doctrine sono riusciti a farci ritenere accettabile di farci prendere le impronte anche della misura dell’ano. E già mi vedo, in un futuro vicinissimo, di passaggio da un aeroporto, porgere il dito indice, poi l’occhio per l’impronta biometrica, e il cranio, la misura delle narici, le dita dei piedi e infine anche il culo perchè figuriamoci se non c’è un modo per individuare la differenza tra una persona e l’altra attraverso apposita misurazione delle scorregge.
Mi piacerebbe parlarci con questa ragazza per raccontarle che questa settimana si è saputo di una ragazza disabile torturata e violentata da un uomo che conosceva, di un uomo che ha violentato e picchiato la moglie, di un altro che ha fatto la stessa cosa, di un tizio che nonostante una denuncia continua a perseguitare la sua ex e la stupra, ancora uno che voleva inchiodare (letteralmente) sua moglie in casa, c’è quello che per un pelo non ammazzava moglie e figlia, quell’altro che non può uccidere la moglie e si vendica sulla donna che l’aveva protetta, quell’altro ancora che ha ucciso la moglie a colpi di mannaia, un tizio estremamente creativo che ammazza la zia lanciandola dalla finestra, e la lista potrebbe continuare all’infinito. Tutto ciò per dire che la tortura, lo stupro, l’eliminazione fisica delle donne è una faccenda sistematica che non a caso si chiama femminicidio. Tutto ciò per dire che un lampione antistupro non ci serve.
Certo, è essenziale che le ragazze sappiano che qualunque cosa realizzano va bene perchè comunque significa che reagiscono e che trasformano la paura in creatività. Quello che stona nella faccenda è il fatto che la creatività subisce una direzione obbligata dalla linea didattico-pedagogica, diciamo così, impressa nel modo di trattare questi problemi, con particolare riferimento alla campagna emergenza stupri (idem per la campagna "emergenza omofobia") orchestrata per legittimare l’approvazione del pacchetto sicurezza.
Quella invenzione dunque si sarebbe potuta tranquillamente chiamare "lampione anti-immigrato", oppure "se il negro lo vedi non ti fa male". In quel caso va rilevata l’urgenza della sua pubblicizzazione, come se già di per se’ l’annuncio della scoperta di una "giovane italiana" funga da deterrente, da strumento persuasore. Curiosa dunque di sapere di che colore sarà la lampada. Bianco pallido in stile cadavere immagino sarà perfetto per dare un tocco di fosforescenza ai neri e un’aria vampiresca ai rom e ai rumeni.
Come spiegare a questa ragazza che le giovani d’oggi hanno rinunciato alla propria sicurezza perchè fanno sesso senza usare contraccettivi. Che l’italia è l’ultimo paese d’europa per uso dei preservativi e che questo si traduce in contagio, in malattie, in delega della propria salute a ragazzi altrettanto incoscienti, entrambi disinformati dalle campagne terroristiche dei movimenti per la vita, dagli obiettori di coscienza, dalle zone ecclesiastiche, che gentilezza dopo gentilezza ci diranno che se non facciamo sesso per tutta la vita con lo stesso uomo un fulmine ci colpirà seduta stante.
Come spiegare a questa ragazza che la sua sicurezza è incrinata, ridotta a nulla, perchè questo Stato non le garantisce il diritto allo studio a meno che lei non abbia tanti soldi. Che non avrà diritto al lavoro e che se anche qualcuno sarà colpito dalla sua intelligenza e dalle sue invenzioni comunque il destino che è riservato a tante come lei è quello di diventare ricercatrici sottopagate e precarie che presto dovranno emigrare per sopravvivere.
Come spiegarle che in Italia c’è un premier che ha detto ad una precaria di risolvere la sua precarietà sposando un uomo ricco. Come spiegarle che la sua mancanza di autonomia economica la getterà ai margini, la metterà in condizione di dover prendere il bus in zone periferiche della città, uscire tardi dal lavoro per dirigersi alla metro, tornare a casa dove l’uomo dal quale dipenderà la ricatterà ogni minuto per quella dipendenza.
Come spiegarle l’italia di oggi, quella che incorona reginette, donne dello sport, donne della giovine italia, donne soldato, donne che sposano le politiche securitarie del governo e delle quali vengono esaltate virtù patriottiche, fedeltà alla nazione, orgoglio di donare ad essa le proprie creazioni (per la gloria) siano esse marchingegni propagandistici o figli della lupa.
Come spiegarle che il suo lampione non "metterà fine alla violenza urbana" perchè nei veri luoghi di violenza, i lager, i luoghi di sfruttamento sul lavoro in cui muoiono tante persone, non ci sono telecamere e non sono consentiti lampioni. Come spiegarle che quelle telecamere servono a reprimere il dissenso, a controllare proprio lei.
Ah, per inciso, gli aculei del mio abito puntaspilli, saranno feroci quanto quelli di un porcospino. Utili contro chiunque vorrà farmi del male. Contro chiunque, soprattutto contro quelli che temo di più: eserciti impazziti, maschi violenti e squadristi fascisti. Scommettiamo che nessuno avrà voglia di esaltare la mia brillante scoperta?
L’abito da bandita, per le donne che non vogliono chiedere mai.
Per finire un delizioso video. Buona visione!
http://www.youtube.com/watch?v=yBHaClqO9CU
—>>>foto da riotclitshave – in basso le donne del chiapas
la violenza contro le donne è una questione di degrado culturale, come giustamente sottolineate voi, non dobbiamo stancarci di ripeterlo…
bellissimo post. complimenti per la chiarezza!