Sabato 19 settembre, un gruppo di compagni e compagne ha interrotto la quieta compravendita al centro commerciale Parco Leonardo. Sono stati distribuiti volantini, appesi striscioni e comunicato tra lo stupore e l’interesse di tante persone in genere abituate a lavorare per spendere e comprare.
L’azione dimostrativa è stata realizzata per portare alla luce ciò che accade a due passi dal centro commerciale, nel lager di stato di Ponte Galeria (C.I.E. Centro di Identificazione ed Espulsione), ed invitare ad informarsi e riflettere sulle brutalità che il sistema democratico impone quotidianamente.
I CIE (ex CPT) sono stati introdotti nel 1998 dal centro sinistra con la legge Turco-Napolitano, poi di volta in volta peggiorati dai governi di centro destra con la legge Bossi-Fini. L’attuale pacchetto sicurezza, avallato dallo stesso Napolitano dopo 11 anni, inasprisce ulteriormente le misure contro i migranti introducendo il reato di clandestinità, portando il termine di detenzione dentro i CIE da 2 a 6 mesi, complicando le procedure per ottenere il permesso di soggiorno ed impedendo qualsiasi operazione amministrativa se privi di documenti. Queste sono solo alcune delle misure introdotte con il nuovo pacchetto sicurezza ma ciò che accade dentro questi lager è molto più brutale, tanto che sono ormai in molti i migranti che dopo essere scappati dalla miseria o dalla tortura nei loro paesi chiedono di essere rimpatriati piuttosto che rimanere dentro i CIE.
Nei CIE non c’è solo cibo scadente o avariato, carenza di acqua, pessime condizioni igieniche, assenza di cure mediche.
I migranti sono continuamente umiliati e pestati dalla polizia armata di scudi e manganelli: sono tantissimi ormai i casi di autolesionismo, l’unico modo per non essere toccati dalla polizia e forse riuscire a farsi sentire.
Minacce e torture sono compiute anche dal personale degli enti gestori, quali la Croce Rossa, con la complicità o la copertura della polizia. Tanti sono i casi di violenze con sfondo sessuale del personale della Croce Rossa nei confronti delle donne recluse. Palpeggiamenti, masturbazioni davanti le celle, vane promesse di libertà in cambio di rapporti di sesso sono casi che stanno venendo fuori.
Nei CIE si muore, come recentemente successo proprio nel CIE di Ponte Galeria dove Salah Souidani è morto in circostanze mai chiarite nell’indifferenza degli operatori della Croce Rossa e Nabruka Mimuni si è impiccata nel giorno in cui doveva essere rimpatriata.
Ma tante altre sono le morti di cui non si sa niente, invisibili perchè le persone che muoiono durante il viaggio verso l’italia o dopo i respingimenti nei centri di detenzione in libia non hanno documenti.
La brutalità che si compie nei CIE riguarda tutti noi.
A nostro parere la lotta contro i CIE non è una sorta di caritatevole umanità o una semplice espressione di solidarietà nei confronti di chi è più debole: è un percorso contro questo modello di società, basato su sfruttamento, controllo, repressione; è cercare di scardinare i meccanismi del capitalismo che inesorabilmente crea inclusi ed esclusi e le conseguenti migrazioni; è criticare il concetto di patria, di confine e tutte le forme nazionalistiche che artificiosamente e ad unico vantaggio del dominio alimentano odio e razzismo; è rompere il clima di paura ed insicurezza che il dominio crea attraverso i mezzi di informazione per mantenere un costante stato di emergenza; è dare sostegno a chi si ribella a forme di dominio; è sostenere forme di auto-organizzazione; è lottare contro lo stato e le forze di polizia che assicurano con la violenza istituzionale il benessere dei padroni…
Lottare contro i CIE è lottare per una società differente, priva di tutti quei meccanismi autoritari e gerarchici che, ad ogni livello, creano un debole ed un forte, uno sfruttato ed uno sfruttatore.
L’azione di oggi al centro commerciale è stata realizzata in relazione alla ripresa il prossimo 21 settembre del processo per i 14 rivoltosi del CIE di via Corelli a Milano. Cinque donne, tutte nigeriane, e nove uomini di varia nazionalità sono stati arrestati per resistenza, incendio doloso e per altri capi d’imputazione dopo essersi ribellati alla proroga di altri due mesi di detenzione nel CIE a seguito dell’applicazione del nuovo “pacchetto sicurezza” entrato in vigore i primi di agosto.
Per esprimere la nostra solidarietà attiva agli arrestati del CIE di via Corelli a Milano e a tutti i rivoltosi contro un sistema di sfruttamento e repressione lanciamo una settimana di mobilitazione contro i CIE dal 20 al 27 settembre.
Pensiamo che il modo migliore per comunicare alla società cosa è e a chi serve realmente un CIE sia di muoversi in maniera diffusa individualmente o a gruppi ognuno con i propri mezzi e le proprie modalità, ma con l’unico obiettivo di chiudere questi lager.
INVITIAMO PERTANTO TUTTI I COMPAGNI E TUTTE LE COMPAGNE A MOBILITARSI!
A fine campagna un presidio/pic-nic comunicativo, cercherà di rompere il silenzio imposto dalle mura con corrispondenze dirette con chi subisce quotidianamente dentro i CIE la violenza del capitalismo.
L’appuntamento finale è previsto dalle 15 fino al tramonto per domenica 27 settembre a Villa De Santis, in via Casilina (Tor pignattara)
A scelta di chiunque abbia voglia di muoversi, per riempire la città di uno slogan che possa attirare attenzione, abbiamo pensato di lasciare una “firma” che rimandi le varie azioni alla campagna di mobilitazione e che accompagni anche le successive iniziative contro i CIE.
Manifesti, adesivi, scritte e così via potrebbero riportare la “firma”:
NELLA TUA CITTA’ C’E’ UN LAGER, CHIUDIAMO IL CIE DI PONTE GALERIA!!
Scusate non è in tema ma sono sconvolta.
Oggi porto i figli di mia sorella alla festa di paese, quella con le giostre e lo zucchero filato. Sono le quattro e loro hanno proprio voglia di fare un giro sull’auto-scontro, armata di pazienza li imbarco nella macchinina ed è stato divertente fino ad un certo punto. Torno a casa e metto su google il ritornello della canzone che mi ha bloccato lo stomaco. Viene fuori dj matrix ed il titolo è un po’ troia, mentre mi rifiutavo di credere alle mie orecchie ho guardato i bambini e le bambine, quelli appena un po’ più grandi dei miei, la cantavano, conoscevano le parole a memoria, sorridevano.