Skip to content


Il dovere di vivere

di Feminoska

Quando, da ragazzina, mi immergevo anima e corpo nel personaggio di Amleto – così caparbio, così visionario e forse ingenuamente puro, così anche in alcuni tratti misogino (seppure in parte giustificato dal mio io giovanile, che lo vedeva schiacciato da un peso troppo oltre le sue possibilità) – quali brividi mi percorrevano la schiena al sentire l’attore di turno proclamare la frase: “Che sublime capolavoro è l’uomo! Quanto nobile nella sua ragione! Quanto infinito nelle sue risorse! Quanto espressivo nelle sue movenze, mirabile: un angelo negli atti, un dio nell’intelletto! La bellezza dell’universo mondo!”

Con la capacità di sognare che è propria di quell’età, e che purtroppo costa molto tenere allenata negli anni a venire sotto gli strali della realtà, vivevo sulla mia pelle di ragazzina quella sensazione di infinita potenza possibile, sentivo l’animo vibrare al suono di parole quali nobiltà d’animo, incredibili risorse, paragoni non solo con angeli ma addirittura con un Dio che a quell’epoca era ancora – per poco, lo ammetto – idea di sublime perfezione, bontà, giustizia. Ma, come spesso ho sentito dire, e come spesso ho vissuto proprio su quella stessa pelle percorsa un tempo da brividi di pura emozione, tanto più in alto si vola, tanto più male fa il cadere.

Leggo stamattina della sentenza del TAR del Lazio che ha deciso di bocciare la famigerata ordinanza Sacconi, la quale vorrebbe, nelle sue bieche intenzioni, sancire l’impossibilità di interrompere nutrizione e idratazione delle persone in stato vegetativo persistente, senza se e senza ma.I “se” e i “ma” a cui mi riferisco, non sono disquisizioni filosofiche o teologiche sull’inizio o la fine della vita, portate avanti da intellettuali o presunti tali dell’una o dell’altra fazione; quei “se” e quei “ma”, sono quelli di ogni persona dotata di una volontà propria, di una propria consapevolezza e di una propria personale percezione di cosa sia la vita e fino a quando la stessa sia considerabile dignitosa.

E’ inutile che, in pieno stile giusnaturalista, si faccia appello a princìpi eterni e immutabili, inscritti di volta in volta nei soggetti più disparati (a volte l’appartenenza ad una determinata confessione religiosa, a volte il richiamo ad una non ben precisata e nebulosa tradizione condivisa “dai più”).Intanto, vorrei sentir chiamare le cose con il loro nome: perché non mi è chiaro chi siano queste persone, ma in ogni caso non credo che decisioni riguardanti la mia propria persona come quella in questione possano in qualche modo ledere questi “più”.

Si parla di “diritto alla vita”, in questo caso come in altri ben chiari alle femministe, sputando sulla parola diritto e sulla parola vita, due sputi al prezzo di uno e senza nessuna dignità.Che diritto alla vita è, quello che permette di mantenere “non morto”, ma sicuramente nemmeno vivo, un essere umano, anche contro la propria volontà, impiegando risorse economiche e umane, e allo stesso tempo di lasciar morire persone che alla vita si aggrappano così strenuamente da metterla in pericolo in viaggi disumani inseguendo la sottile speranza di un futuro?

Coloro i quali si trovano in uno stato vegetativo permanente sono diventati il feticcio di un gruppo di immondi necrofili, che torturano quel che resta di una vita nel suo spegnersi inesorabile per attuare i loro infami giochi di potere.Questi necrofili, codardi e beceri e ancor più ignoranti, si riempiono la bocca di parole come “tradizione”, quasi fossero garanzia di sicuro valore.Forse che nei secoli non vi sono state – e non vi sono tuttora – tradizioni orribili?La mattanza di esseri umani nel Colosseo, non era forse, all’epoca, tradizione?Le mutilazioni genitali femminili, non sono tradizione?

La tradizione in fondo non è che la trasmissione nel tempo, all’interno di un gruppo umano, della memoria di eventi storici o di usanze legate spesso solamente a credenze religiose e superstizioni.L’autorità della tradizione andrebbe sempre messa in discussione, perché la tradizione in sé è un gigante dai piedi d’argilla, che si fonda su un mix di consuetudini e mitologia, un patchwork di motivazioni spesso senza vero e proprio fondamento.

Perciò, alla giusta sentenza del Tar, ecco di nuovo sento quelle parole immonde: “diritto alla vita”, “tradizione”.

Chiamo le cose col proprio nome: L’Italia è un’oligarchia, fondata sugli interessi particolaristici di alcuni a scapito dei cittadini.Cittadini che reclamano, qui ed ora ed in questo momento, il diritto di esprimere la loro idea di vita, e di metterla in pratica non su altri individui – questa sì vera prepotenza, che solo l’arroganza priva d’umiltà può immaginare – ma su se stessi, nella ricerca della propria piena realizzazione come esseri umani.

Amleto, quanto si sono ristretti i nostri umani confini…

Che mostruosità immonda è diventato l’uomo! Quanto ignobili i suoi pensieri! Quanto oscene le sue motivazioni! Quanto volgare nelle sue movenze: un demonio negli atti, inesistente il suo intelletto! L’orrore e la vergogna dell’universo mondo!

Oggi, Amleto, non potresti più, con un sorso di veleno, terminare una vita che reputi indegna, né Ofelia potrebbe gettarsi da una torre e sentire il proprio dolore fuggire via… oggi sareste compagni di una stanza pulita e asettica, attaccati a mille tubi e tubicini, coi corpi martoriati, le menti assorte in un inutile stupore, ad attendere un logorio inesorabile, onta e orrore di un animo prepotentemente VIVO.

I viscidi esecutori di questa tortura contemporanea sarebbero sollevati dal vedervi così, finalmente privati di una volontà propria: un vero peccato che non si possa far in tal modo tacere qualsiasi parola di dissenso, ma magari a nostra insaputa qualche pensiero in merito è già stato fatto.

Sicuramente la voce delle persone nelle piazze non si sente più, e quand’anche cerca di farsi sentire viene coperta da suoni di luna park e stelle filanti e ricchi premi e cotillons.Su di tutte una sola voce si ode gridare: è quella del giostraio e dei suoi aiutanti che si affanna coi suoi “venghino, siori e siore, venghino! Si vince sempre, tutto è bello, tutto va bene! Venghino siori e siore, sono al 70% del consenso, venghino, sono il migliore giostraio del mondo, ma che dico del mondo, dell’universo, venghino a dimenticarsi degli affanni, dei problemi, non sono reali, la giostra è reale, guardate la giostra, salite salite…”

Amleto, ho la nausea.

Come dicevi tu? 

“Che schifo! Che schifo! Questo è un orto coperto di gramigna che va in seme; vi sanno verzicare erbe rozze e selvatiche, nient’altro. A tanto dunque si doveva giungere!”

Avevi ragione, Amleto: c’è del marcio, e non solo in Danimarca.

E come a te disse lo spettro di tuo padre, io dico a me stessa e non solo a me:“Se tu conservi in te natura d’uomo, non devi tollerarlo.”

—>>>L’immagine rappresenta una scena di un corto – Alicia – di Jaume Balaguerò. Fastidiosissimo da vedere. Sconsigliato a chi non tollera i fluidi. 

Posted in Anticlero/Antifa, Corpi, Omicidi sociali, Pensatoio.