Il punto di vista di Giulia Ananìa
Quello che mi fà paura è quello che non succede.
La gente è tornata a riempire le città, i telegiornali a parlare di qualche film in uscita e dell’influenza dei porci, i palchi ad essere calpestati da artisti stanchi e afoni – sovvenzionati dalle istituzioni si abboffano prima del letargo invernale.
Il brusio del Pigneto, di San Lollo, Garbatella, delle università e di Trastevere, se poi presti attenzione è solo un suono privo di parole.
L’arte scivola dalle mani, Roma è la città di sempre con i discorsi indignati negli spazi chiusi, le rivolte a bassa voce, le liti di partiti e tra le associazioni e centri sociali, tra chi è più o meno compagno, tra chi di politica non ne vuole sentir parlare e chi la fà solo verbalmente e si incarta sulle parole.
L’azione ha sempre cambiato la storia, non il pensiero.
Anche quando le cose ci scoppiano tra le mani non sentiamo più il rumore.
Tutto ci sta crepando intorno, ci danno pane per mangiare (chi più chi meno) e ci tolgono lo sguardo.
Cosa può succedere ancora?
Quali altre provocazioni?
Io non ce la faccio più.
Dei preti, di Berlusconi, di quelli del pd di cui manco mi ricordo il nome, delle donne che sono disposte a tutto e delle femministe che mangiano sushi e stanno zitte, del neonazismo ultrà quanto delle arrese, di gay che sanno unirsi solo per divertirsi e sono i primi testimonial di questa cultura volgare e mediasettiana.
Se chiami un posto gayvillage e ancora usi la parola gay è chiaro che non fai niente per allontanarti dal concetto di normale e diverso. Quella parola forse la usi per fare soldi per richiamare gente, roba da pr.
I vertici delle associazioni litigano tra di loro e si arricchiscono.
I pischelli che ci lavorano e ci buttano dentro l’anima non se ne accorgono dei loro giochi?
A quelli cosa li spaventa di più? Che a Roma c’è d’aver paura se cammini mano nella mano con il tuo amore o che la gente per paura non vada più a consumare nelle loro festicciole prive di contenuti?
Per favore non lasciamo cadere quest’ attacco, usiamo la loro violenza e la loro volgarità per rialzarci, per unirci di nuovo, per provare rabbia e ricordarci come si piange.
Basta namo famo, basta Roma nord, sud est, ovest, le feste, gli special guest dj, gli aperitivi, performace, le stronzate..
Uniamoci ogni sera, parliamo, commentiamo, cerchiamo una via d’uscita, offendiamoli, urliamogli in faccia ai preti, ai politici, alle associazioni.
Facciamoci venire idee per farci sentire.
Ogni giorno e ogni notte.
Se no abbiamo perso.
Giulia
Stasera tutti al coming out, via San Giovanni in laterano (roma), dalle 22.
Vediamo se je la famo.
///
Leggi anche
Omofobia, se mi legittimi la militarizzazione delle strade…
—>>>illustrazione serpi in seno