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Lettera sulla pubblicità sessista dell’Alma Mater

http://www.sorelleditalia.net/uploads/image/20090710fant_4-167x250.jpgCare tutte, un gruppo di donne ha scritto questa bellissima lettera che sarà distribuita stasera (tutt* a piazza del popolo alle 20.00) a ravenna ed entrerà nel consiglio comunale [sotto il comunicato stampa con i dettagli]. Invitiamo tutt* ad aderire scrivendo a retedonnebologna@women.it

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Al prorettore delegato alla Romagna Guido Gambetta

Al vicepresidente della fondazione Flaminia Giannantonio Mingozzi

Ai responsabili di Serinar e Unirimini

E. p.c.

Al rettore Pier Ugo Calzolari

Al Sindaco di Ravenna

Al Sindaco di Cesena

Al Sindaco di Forlì

Al Sindaco di Rimini

Alla Assessora alle Pari Opportunità del Comune di Ravenna

Alla Assessora alle Pari Opportunità della Provincia di Ravenna

Alla Assessora alle Pari Opportunità del Comune di Cesena

Alla Assessora alle Pari Opportunità della Provincia di Cesena

Alla Assessora alle Pari Opportunità del Comune di Forlì

Alla Assessora alle Pari Opportunità della Provincia di Forlì

Alla Assessora alle Pari Opportunità del Comune di Rimini

Alla Assessora alle Pari Opportunità della Provincia di Rimini

Gentilissime e Gentilissimi,

con la presente siamo a chiedere l’immediato ritiro della pubblicità raffigurante quattro giovani e piacenti ragazze, in tutina aderente bianca, con la dicitura “Le Fantastiche 4. Il meglio per i tuoi studi universitari”.

La pubblicità rappresenta una gravissima forma di discriminazione di genere effettuata da una Istituzione pubblica, ed in quanto tale inaccettabile, poiché lesiva della dignità di studentesse e studenti, nonché dell’immagine stessa dell’Alma Mater Studiorum.

E’ inverosimile ed estremamente grave il fatto che ben quattro sedi della Università più antica d’Europa, e tra le più prestigiose, scelgano, al fine di promuovere la propria immagine ed attirare nuove matricole, l’immagine di quattro “wonderwoman” con sguardi vacui, capelli al vento e corpo esibito in sexy tutine.

Questa pubblicità non raffigura certo la studentessa modello di uno dei poli universitari, posto che negli stessi non si tengono né corsi di Laurea in Astronautica, né in Cinematografia.


Nulla identifica le ragazze in manager, economiste, giuriste, biologhe: quello che si offre sono dei bei corpi, come se i poli universitari distaccati rappresentassero una sorta di “estensione” del divertimentificio romagnolo in cui la giovane matricola fuori-sede possa trovare fantastica
“merce”.

Altro che “offerta scientifica”! E’ proposto un modello femminile estremamente eroticizzato, non pertinente con lo sviluppo di nessuna professionalità, se non quella di attitudine alla seduzione ed alla soddisfazione di un immaginario sessuale maschile, anch’esso stereotipato (due bionde, due brune, seno incastonato nei wonderbra, tutina stile manga).

Il manifesto comunica esplicitamente il messaggio che, iscrivendosi ai poli distaccati, si possano trovare le più avvenenti bellezze (Fantastiche 4), e che ciò rappresenti “il meglio” per gli studi universitari…di chi? Di giovani maschi “utilizzatori finali”?

Altresì, l’immagine veicola la concezione stereotipata che la bellezza in primo luogo, e non solo e non anche le qualità intellettuali, rappresentino l’eccellenza, e fantastiche bellezze, prive di qualità intellettuali, siano il meglio che, rispetto ad altre università, questi poli abbiano ad offrire.

L’“eroismo” femminile emergente da questa pubblicità sta nell’avvenenza, non nella professionalità.

E dunque, non si può censurare come mero moralismo la critica al manifesto pubblicitario, posto che è evidente che per promuovere l’immatricolazione ai poli universitari romagnoli ci si è serviti nella comunicazione di stereotipi sessisti ben radicati nell’immaginario collettivo.

La “modernità” non può e non deve passare attraverso un uso strumentale del corpo femminile e dell’immaginario ad esso connesso.

Il fatto che una Istituzione quale l’Università abbia scelto di promuovere un’immagine stereotipata della donna -studentessa- e dell’Università stessa, distrugge le potenzialità di autodeterminazione e di ingresso per merito nella vita sociale di tutte le nuove generazioni, che anzi vengono in tal
modo pubblicamente istigate a vivere “passivamente” lo spazio pubblico, aderendo ai “ruoli” dettati da una società maschilista, di donne in carriera perfette, giovani belle e desiderabili, ma i cui talenti professionali vengono tenuti nascosti. Donne visibili, ma senza potere.

Un femminicidio simbolico, che influenza l’immaginario di ogni singola donna e uomo, incitando tutti ad uniformarsi ad un modello che considera la seduzione l’unico mezzo di accettazione sociale, per il quale vale sacrificare la propria dignità, la propria competenza, la propria autodeterminazione.

E’ inaccettabile che l’Università, luogo di sapere, si faccia portavoce di questa ideologia discriminatoria.

E’ inaccettabile che le Istituzioni locali consentano il permanere di tali manifesti affissi.

E’ inaccettabile e sintomo di un maschilismo pervasivo il fatto che la cultura del rispetto, non solo in ragione della etnia di appartenenza ma anche sulla base del genere e dell’orientamento sessuale, non sia propria di tutti i rappresentati delle Istituzioni, ma debba essere sempre invocata
esclusivamente dagli organi di pari opportunità.

Tanto più  che, avendo lo Stato italiano ratificato la CEDAW (Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna), le Amministrazioni locali hanno assunto il compito di “perseguire con ogni mezzo appropriato e senza indugio, una politica tendente ad
eliminare la discriminazione nei confronti della donna”, impegnandosi a questo scopo ad “astenersi da qualsiasi atto o pratica discriminatoria nei confronti della donna ed agire in maniera da indurre autorità ed enti pubblici a conformarsi a tale obbligo” (art. 2, lettera d), CEDAW).

E tanto più  considerato che il Comitato per l’applicazione della CEDAW, nella raccomandazione n. 25/2005, già segnalava la “preoccupazione sulla persistenza e pervasività dell’atteggiamento patriarcale e sul profondo radicamento di stereotipi inerenti i ruoli e le responsabilità delle donne e
degli uomini nella famiglia e nella società. Questi stereotipi minano alla base la condizione sociale delle donne, costituiscono un impedimento significativo alla attuazione della Convenzione, e sono all’origine della posizione di svantaggio occupata dalle donne in vari settori, compreso il
mercato del lavoro e la vita politica e pubblica. Il Comitato è profondamente preoccupato anche dalla rappresentazione che viene data delle donne da parte dei mass media e della pubblicità, per il fatto che viene ritratta come oggetto sessuale e in ruoli stereotipati.” E raccomandava che
i mass media e le agenzie pubblicitarie fissero “indotte ed incoraggiate a proiettare un’immagine delle donne come partner alla pari in tutte gli ambiti della vita e indotte ad andare verso la stessa direzione, al fine di modificare la percezione delle donne come oggetti sessuali, e come
responsabili in via principale della crescita dei figli”.

Peraltro, i Comuni di Ravenna e Cesena Forlì, hanno anche aderito alla “Carta Europea per l’uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini nella vita locale”, con cui sono impegnati a “combattere il persistere e il riprodursi delle disparità di genere per promuovere una società veramente equa”, e nello specifico a “eliminare gli stereotipi e gli ostacoli sui quali si basano le disparità di status e di condizione delle donne, e che conducono alla valutazione impari dei ruoli delle donne e degli uomini in campo politico, economico, sociale e culturale” (punto 4), impegnandosi a (parte III, Art. 6, comma 1) “neutralizzare e a prevenire, per quanto possibile, pregiudizi, azioni, utilizzo di espressioni verbali e di immagini basate sull’idea della
superiorità o dell’inferiorità dell’uno o dell’altro sesso, e/o il perpetuarsi di ruoli femminili e maschili stereotipati” ed accertandosi che “la comunicazione, sia interna all’ente che verso il pubblico, sia conforme all’impegno assunto, promovendo immagini sessuate positive o esempi ugualmente positivi” (parte III, Art. 6, comma 2).

In ragione di quanto sopra considerato, siamo a chiedere:

– l’immediata rimozione da ogni luogo pubblico dei manifesti pubblicitari sopra citati

– una immediata lettera di scuse a tutte le studentesse e studenti da parte dei responsabili della campagna pubblicitaria

– l’immediata rielezione dell’indispensabile Comitato Pari Opportunità universitario

– per le affermazioni rilasciate le immediate dimissioni da ogni incarico pubblico di Giannantonio Mingozzi, vicesindaco di Ravenna

Bologna – Ravenna – Cesena – Forlì – Rimini, 13 luglio 2009

Associazione Giuristi Democratici, sezioni di Bologna e di Ravenna

Collettivo Universitario Femminista “Figlie Femmine” 

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COMUNICATO STAMPA

Altro che promozione, i Manifesti dell’Università di Bologna sono un’operazione di marketing sessista

Le sezioni di Bologna e Ravenna dei “Giuristi Democratici” ed il collettivo universitario femminista “Figlie Femmine” hanno inviato una lettera di protesta rivolta agli organi universitari ed alle amministrazioni comunali in riferimento al manifesto pubblicitario di promozione dei poli distaccati (Cesena, Rimini, Forlì, Ravenna) dell’Alma Mater, raffigurante le “Fantastiche 4”.

Nella lettera si legge che: “non si può censurare come mero moralismo la critica al manifesto pubblicitario, posto che è evidente che per promuovere l’immatricolazione ai poli universitari romagnoli ci si è serviti nella comunicazione di stereotipi sessisti ben radicati nell’immaginario collettivo. (…)E’ proposto un modello femminile estremamente eroticizzato, non pertinente con lo sviluppo di nessuna professionalità, se non quella di attitudine alla seduzione ed alla soddisfazione di un immaginario sessuale maschile, anch’esso stereotipato (due bionde, due brune, seno incastonato nei wonderbra, tutina stile manga).”

Per tali motivi, nella lettera viene richiesta: l’immediata rimozione da ogni luogo pubblico dei manifesti pubblicitari sopra citati; una immediata lettera di scuse a tutte le studentesse e studenti da parte dei responsabili della campagna pubblicitaria; l’immediata rielezione dell’indispensabile Comitato Pari Opportunità universitario; per le affermazioni rilasciate, le immediate dimissioni da ogni incarico pubblico di Giannantonio Mingozzi, vicesindaco di Ravenna.

L’appello, aperto ad adesioni, è firmato da: Giuristi Democratici – Bologna e Ravenna, Collettivo Femminista Universitario Figlie Femmine, Rete delle Donne di Bologna, Altra Città – lista di donne, Bologna.

Questa sera, durante lo svolgimento del consiglio comunale di Ravenna, ci sarà un sit in di fronte al Municipio, a cui parteciperanno studentesse, ricercatrici e promotrici della protesta vestite da eroine dei fumetti e “Power Revenge”.

Bologna, 13 luglio 2009

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali.


One Response

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  1. adriana says

    Bene, non facciamoci scappare nessuna occasione per denuncuare il sessismo linguistico-concettuale-simbolico di donne e uomini, è un po’ frustrante, ma tant’è