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Silenzio o censura?

http://goatmilk.files.wordpress.com/2009/05/woman_censored1.jpgBarbara Spinelli commenta e condivide una lettera di Lea Melandri in risposta ad un articolo di Nadia Urbinati pubblicato su repubblica.

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Riporto queste osservazioni di Lea, che condivido in pieno.
E’ pieno di giornaliste che bacchettano le femministe, salvo poi
svalorizzare la cultura prodotta dalle stesse ed escluderla dalla
informazione di massa, o riportarla "sterilizzata".
Tecniche di occultamento e neutralizzazione dell’analisi di genere,
classico strumento patriarcale che -citando Bordieu- consente il
perdurare del dominio maschile nei secoli dei secoli. Amen

SILENZIO O CENSURA?

Il quotidiano La Repubblica ha deciso, ad oggi, di non pubblicare questa lettera di Lea Melandri in risposta ad un articolo di Nadia Urbinati, apparso  il giorno prima. L’articolo di Urbinati è disponibile nella sezione Rassegna stampa.

Gentile Corrado Augias,
invio un commento all’articolo di Nadia Urbinati -L’Italia, il potere e il silenzio delle donne (Repubblica 30.6.09) – con preghiera di pubblicazione sulla sua rubrica.

Grazie dell’attenzione e cordiali saluti.
Lea Melandri

Parlando degli sconvolgimenti di valori e di costumi che interessano oggi l’Italia, Nadia Urbinati (La Repubblica 30.6.09) conclude: “è urgente che si levino voci di critica, di sconcerto, di denuncia; voci di donne. Questo silenzio ammorba l’aria”. A quali donne si riferisce? A tutte, genericamente? Non direi.

Il richiamo alla “coraggiosa” Mary Wollstonecraft, alle sue battaglie contro l’ignoranza e l’esclusione delle donne dalla vita della città, suona infatti come la premessa p Salva er una lezione di femminismo, e, soprattutto, una lezione impartita al femminismo, per i temi essenziali alla civile convivenza che ha posto e che pare avere abbandonato: lo svelamento della violenza domestica, la critica alla falsa naturalità dei ruoli sessuali del maschile e femminile, la politicità della sfera personale.

Non è raro, di questi tempi, che rimproveri, o sollecitazioni alla combattività perduta venga fatta dalle pagine dei quotidiani di maggiore tiratura e da donne stimabilissime, ma apparentemente ignare del fatto che la cultura femminista -che c’è ed è l’unica ad avere avuto continuità rispetto ai movimenti degli anni ’70- a questi stessi giornali non ha accesso. Così come è del tutto assente dal panorama intellettuale e politico del nostro paese.

Di chi è allora il silenzio? Del femminismo o di chi, pur nello sconvolgimento della scena politica, che oggi interroga il rapporto tra i sessi in modo esplicito, tiene fermo lo sguardo o la curiosità sulle degradanti immagini di cocotte, intrattenitrici, amanti-bambine, e non si fa scrupolo di ignorare impegno, intelligenza, produzione di pensiero femminile?

Posted in Fem/Activism, Omicidi sociali.


One Response

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  1. nadia urbinati says

    Il silenzio delle donne é il silenzio delle donne: non del “femminismo” (che come essenza non ho mai conosciuto) e non di determinate donne. Avevo in mente molto piú semplicemente questo fatto banale: nessun documento é stato scritto e pubblicato a tempo di record come succede molto giustamente ogni qualvolta ci sono fatti di violenza che vanno denunciati (come la criminale uccisione di donne e uomini a Teheran) o striscioni e manifestazioni davanti ai luoghi romani del potere. Invece in questo caso nulla. E mi dispiace che il mio articolo sia stato interpretato come una bacchettata ex catedra. Eppure voleva essere solo la mia personale opinione su questo quasi timore di essere esplicite. Forse il timore di essere accusate di bacchettonismo (e infatti, questa é stata la critica che mi é giunta), forse per ragioni piú recondite che appartengono a un modo di pensare che non conosco; ma per me é stato sorprendente comprendere di non essere stata capita proprio da chi pensavo mi capisse naturalmente, senza bisogno di tante perifrasi. Me ne dispiace. Da parte mia non smetteró mai di dire quel che penso, sempre e come sempre. La mia appartenenza (mia madre) é prima di tutto la mia testa. E’ questo il femminismo che ho imparato a frequentare.