Il personale è politico, dicevano le nostre compagne tanti anni fa. Una violenza viene affrontata spesso in modo umano e privato. Trasferire la opposizione alla violenza in fatto pubblico la rende una dimensione politica che può essere agita in maniera preventiva, in termini culturali.
La violenza di genere, il sessismo, vanno intesi come una precarietà trasversale tra tutte le precarietà. Perciò è fondamentale la costruzione di un percorso che vada oltre i confini territoriali e che parta dall’assunzione politica responsabile e quotidiana dell’antisessismo e delle pratiche di lotta contro la violenza di genere.
Quello che è accaduto alla Mayday, ai danni di una ragazza alla quale va sempre la nostra più grande solidarietà, con riferimento ulteriore ad alcuni terribili commenti che sono venuti dopo, hanno reso ancora più evidente alcune precise necessità nel movimento.
Un fatto del genere non poteva non essere "condiviso" – spontaneamente – con e dalla rete di donne femministe e lesbiche che esiste in italia, per fare seguire alla vicinanza umana quella politica, per avviare processi di contaminazione e reazioni politiche ovunque, per innescare reazioni controculturali che sono preventive e necessarie se vogliamo opporci alle modalità securitarie e repressive.
Se una di noi avesse subito una aggressione fascista sarebbe stato necessario mettere in circolo la notizia tra le reti antifasciste, delle quali peraltro facciamo parte, per uno scambio di consapevolezze e di pratiche. Perchè nessun@ basta a se stess@.
Considerando tutto ciò una rete delle reti ci sembrerebbe una buona mossa politica. Il sessismo come la precarietà sono trasversali a tutto. Se manca questa rete tutto diventa terribilmente autoreferenziale e ciascun@ di noi si priva di importanti pezzi di conoscenza dei quali abbiamo assoluta necessità.
Noi proponiamo una rete nazionale antisessista. La proponiamo agli uomini e alle donne della Mayday perchè se ne discuta nella tavola rotonda di confronto che sarà attivata nelle prossime settimane su questo tema e la proponiamo a tutte le reti esistenti, a tutte le realtà compagn@ presenti in italia.
Perchè l’antisessismo, la lotta contro la violenza di genere possano essere posti come
discriminante per ogni iniziativa e ogni momento di lotta politica
esattamente come l’antirazzismo e l’antifascismo.
Ecco il comunicato degli uomini e delle donne che partecipano alla costruzione della Mayday. Lo condividiamo e ci sembra un ottimo punto di partenza. Da qui partiamo per ragionare sul metodo. Mettere in campo un nuovo e indispensabile modo di opporsi al sessismo e alla violenza di genere che può avvenire – perchè accade ovunque a prescindere dai contesti – anche negli spazi, nei luoghi, nelle iniziative che frequentiamo.
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Comunicato n° 1
Testosterone partout, justice nulle part
Al termine della MayDay di Milano, il primo maggio scorso, è avvenuto un fatto gravissimo: l’abuso di un uomo su una donna. Come uomini e donne che partecipano al processo di costruzione della MayDay, ci sentiamo direttamente coinvolt* in quello che è successo e siamo rimasti colpiti
nel cuore dal fatto che sia accaduto in uno dei nostri spazi. Anzi, in quello che per noi è uno degli ultimi spazi residui di libertà ed espressività della città di Milano.
A mente un po’ più fredda rispetto alle prime ore dopo il fatto, ci sentiamo di scrivere ancora qualche riflessione, che dirigiamo a chi ha partecipato alla MayDay, a chi l’ha seguita da lontano o da vicino, a chi ci ha criticato e attaccato e a chi ci ha aiutato a capire cosa fosse successo. Soprattutto le dirigiamo alla ragazza che ha subito sulla sua pelle la violenza, a cui va il nostro abbraccio sincero.
Vogliamo che questo episodio serva per riflettere sulla violenza, su quella di tutti. Sulla violenza di genere, prima di tutto, ma anche su quella di chi si vuol fare giustizia da sè, come è successo venerdì scorso in piazza Castello. Ce lo diciamo da anni: le violenze avvengono in casa, avvengono sul lavoro, avvengono ovunque. Perché i nostri luoghi dovrebbero esserne immuni? Lo dicevamo, certo, ma ora la crescita della MayDay ci ha messo di fronte a una giornata che rappresenta uno spaccato troppo ampio della società per poter essere immune da alcunché. Anche tra le persone che partecipano alla MayDay c’è chi è stato contagiato dal lessico del maschilismo imperante, dal declino culturale e politico del nostro paese.
Non l’abbiamo visto solo nella violenza sessuale che è accaduta, ma anche nella reazione violenta dei presenti (per tacer della polizia che ha manganellato colpendo a caso, nel mucchio, e senza un motivo). Lo abbiamo letto negli articoli di giornale, nelle dichiarazioni di De Corato e Penati che hanno usato l’accaduto in modo strumentale, per far campagna elettorale. L’abbiamo visto nei commenti nauseabondi di chi ha accusato la vittima di essersela andata a cercare. Infine, l’abbiamo letto nel nostro primo comunicato, scritto con fretta e stanchezza, in cui abbiamo infilato un paio di espressioni e un paio di mancanze che hanno causato giuste critiche.
La questione di genere è da sempre interna ai nostri percorsi politici. La stessa MayDay, grazie alla sua componente pink e alla partecipazione delle donne e di gruppi e collettivi che lavorano sul nesso tra genere e precarietà, ha sempre assunto il genere come tematica centrale. Anche
per questo abbiamo riflettuto a lungo su come affrontare questo problema e abbiamo deciso di avviare un percorso di costruzione di una tavola rotonda di confronto, da svolgersi nelle prossime settimane. Vogliamo riprendere le questioni di genere e renderle in modo ancora più forte
una componente importante della Long MayDay, facendo in modo che ci accompagnino fino al prossimo primo maggio.
Chiediamo a tutte le realtà e le persone che hanno partecipato ai percorsi legati alla MayDay negli ultimi nove anni di aiutarci ad aprire un confronto per assumere insieme la responsabilità collettiva di questo percorso. Vogliamo che anche in futuro la MayDay continui a essere uno spazio aperto, di partecipazione, allergico alle sirene securitarie e alle spinte a rinchiudersi nel territorio sicuro, ma claustrofobico, delle proprie identità.
Milano, 6 maggio 2009
info@euromayday.org
Intelligence Precaria
Chainworkers
City of Gods
Punto San Precario
Serpica Naro
Autorganizzati della Scala
Diversamente Strutturati
Operai Sociali
Rete Colsenter
Re.Re.Pre. – Rete dei Redattori Precari
Uninversi.org
Ambulatorio Medico Popolare [Milano]
Cascina Autogestita Torchiera senzacqua [Milano]
Corsari Milano
FOA Boccaccio [Monza]
SOS Fornace [Rho]
Paci’ Paciana [Bergamo]
Pacio – spazio libero [Piacenza]
CSA Magazzino47 [Brescia]
Sexyshock [Bologna]
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e di Sgrunt:
ciao..hai sentito che la Lega vuole fare carrozze x soli extracomunitari a Milano e per sole donne che a moda loro le stuprano e le aggrediscono?
Mi chiederei a quando le case separate x sole donne per proteggersi da stupri e botte di italiani familiari violenti!!!
A parte gli scherzi, mi sto proprio indignando x le proposte raziste della lega. Loro non solo, vogliono anche praticamente separare i milanesi dai non milanesi.