Appello agli uomini (30 gennaio 2009)
prendiamo la parola e l’impegno come uomini
E’ sempre più lunga la scia di delitti commessi da uomini contro ex mogli o fidanzate, contro compagne in procinto di lasciarli, violenze di gruppo, stupri consumati durante una festa o aggressioni. Violenze nate nel degrado delle nostre periferie, ma anche stupri e ricatti sessuali ad opera di italiani contro donne straniere e di stranieri contro donne italiane: comunque e sempre uomini. Le reazioni delle istituzioni ci sembrano inadeguate o addirittura negative. Per questo, ad oltre due anni dalla sua prima pubblicazione torniamo a proporre il nostro Appello agli uomini. Nel settembre 2006 era stato pubblicato e sottoscritto da quasi mille uomini di tutta Italia. Oggi lo rilanciamo come appello dell’Associazione Nazionale MaschilePlurale, nata nel maggio del 2007 e vi chiediamo di aderire.
“Assistiamo a un ritorno quotidiano della violenza esercitata da uomini sulle donne, con dati allarmanti anche nei paesi “evoluti” dell’Occidente democratico. Violenze che vanno dalle forme più barbare dell’omicidio e dello stupro, delle percosse, alla costrizione e alla negazione della libertà negli ambiti familiari, sino alle manifestazioni di disprezzo del corpo femminile. Una ricerca del Consiglio d’Europa afferma che l’aggressività maschile è la prima causa di morte violenta e di invalidità permanente per le donne fra i 16 e i 44 anni in tutto il mondo e tale violenza si consuma soprattutto tra le pareti domestiche.
Siamo di fronte a una recrudescenza quantitativa di queste violenze oppure a un aumento delle denunce da parte delle donne? Resta il fatto che esiste ormai un’opinione pubblica e un senso comune, che non tollera più queste manifestazioni estreme della sessualità e della prevaricazione maschile.
Chi lavora nella scuola e nei servizi sociali denuncia una situazione spesso molto critica nei comportamenti degli adolescenti maschi, più inclini delle loro coetanee a comportamenti violenti, individuali e di gruppo.
Forse il tramonto delle vecchie relazioni tra i sessi basate su una indiscussa supremazia maschile provoca una crisi e uno spaesamento negli uomini che richiedono una nuova capacità di riflessione, di autocoscienza, una ricerca approfondita sulle dinamiche della nostra sessualità e sulla natura delle relazioni con le donne e con gli altri uomini.
La rivoluzione femminile che abbiamo conosciuto dalla seconda metà del secolo scorso ha cambiato il mondo. Sono mutate prima di tutto le nostre vite, le relazioni familiari, l’amicizia e l’amore tra uomini e donne, il rapporto con figlie e figli. Sono cambiate consuetudini e modi di sentire. Anche le norme scritte della nostra convivenza registrano, sia pure a fatica, questo cambiamento.
L’affermarsi della libertà femminile non è una realtà delle sole società occidentali. Il moto di emancipazione e liberazione delle donne si è esteso, con molte forme, modalità e sensibilità diverse, in tutto il mondo. La condizione della donna torna in modo frequente nelle polemiche sullo “scontro di civiltà” che sarebbe in atto nel mondo. Noi pensiamo che la logica della guerra e dello “scontro di civiltà” può essere superata solo con un “cambio di civiltà” fondato in tutto il mondo su una nuova qualità del rapporto tra gli uomini e le donne.
Oggi attraversiamo una fase contraddittoria, in cui sembra manifestarsi una larga e violenta “reazione” contraria al mutamento prodotto dalla rivoluzione femminile. La violenza fisica contro le donne può essere interpretata in termini di continuità, osservando il permanere di un’antica attitudine maschile che forse per la prima volta viene sottoposta a una critica sociale così alta, ma anche in termini di novità, come una “risposta” nel quotidiano alle mutate relazioni tra i sessi.
Un altro sintomo inquietante è il proliferare di mentalità e comportamenti ispirati da fondamentalismi di varia natura religiosa, etnica e politica, che si accompagnano sistematicamente a una visione autoritaria e maschilista del ruolo della donna. Queste stesse tendenze sono però attualmente sottoposte a una critica sempre più vasta, soprattutto – ma non esclusivamente – da parte femminile.
In un contesto di insicurezza (in parte reale, in parte enfatizzata dai media e da settori della politica), di continua emergenza e paura per azioni terroristiche e per le contraddizioni provocate dalla nuova dimensione dei flussi di immigrazione, nel dibattito pubblico la matrice della violenza patriarcale e sessuale è stata spesso riferita a culture e religioni diverse dalla nostra. Molte voci però hanno insistito giustamente sul fatto che anche la nostra società occidentale non è stata e non è a tutt’oggi immune da questo tipo di violenza. E’ anzi possibile che il rilievo mediatico attribuito alla violenza sessuale che viene dallo “straniero” risponda a un meccanismo inconscio di rimozione e di falsa coscienza rispetto all’esistenza di questo stesso tipo di violenza, anche se in diversi contesti culturali, nei comportamenti di noi maschi occidentali.
Si è parlato dell’esigenza di un maggiore ruolo delle istituzioni pubbliche, sino alla costituzione come parti civili degli Enti Locali e dello Stato nei processi per violenze contro le donne. Si è persino messo sotto accusa un ipotetico “silenzio del femminismo” di fronte alla moltiplicazione dei casi di violenza.
Noi pensiamo che sia giunto il momento, prima di tutto, di una chiara presa di parola pubblica e di assunzione di responsabilità da parte maschile. In questi anni non sono mancati singoli uomini e gruppi maschili che hanno cercato di riflettere sulla crisi dell’ordine patriarcale. Ma oggi è necessario un salto di qualità, una presa di coscienza collettiva. La violenza è l’emergenza più drammatica.
Una forte presenza pubblica maschile contro la violenza degli uomini potrebbe assumere valore simbolico rilevante. Anche diffondendo e firmando questo Appello, convocando nelle città manifestazioni, incontri, assemblee, per provocare un confronto reale.
Siamo sempre più convinti che un filo unico leghi fenomeni anche molto distanti tra loro ma riconducibili alla sempre più insopportabile resistenza con cui la parte maschile della società reagisce alla volontà che le donne hanno di decidere della propria vita, di significare e di agire la loro nuova libertà: il corpo femminile è negato con la violenza. E invece viene anche disprezzato e considerato un mero oggetto di scambio (come ha dimostrato il recente scandalo sulle prestazioni sessuali chieste da uomini di potere in cambio di apparizioni in programmi tv ecc.). Viene rimosso da ambiti decisivi per il potere: nella politica, nell’accademia, nell’informazione, nell’impresa, nelle organizzazioni sindacali. Lo sguardo maschile non vede ancora adeguatamente la grande trasformazione delle nostre società prodotta negli ultimi decenni dal massiccio ingresso delle donne nel mercato del lavoro.
Proponiamo e speriamo che finalmente inizi e si diffonda in tutta Italia una riflessione pubblica tra gli uomini, nelle famiglie, nelle scuole e nelle università, nei luoghi della politica e dell’informazione, nel mondo del lavoro, una riflessione comune capace di determinare una svolta evidente nei comportamenti quotidiani e nella vita di ciascuno di noi.”
(Stiamo organizzando
un incontro nazionale pubblico in Piemonte, a Pinerolo, il 21 e 22 marzo)
Blog:http://blogmaschilepluraleitalia.blogspot.com
Contatti:info@maschileplurale.it
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siamo separati…questo è il problema…
Il grande, colossale inganno (nutrito e fomentato dal sistema) che tutto sia separato, fratturato, non più parte dell’Uno, porta inevitabilmente alla violenza, verso le donne, verso i bambini, verso gli esseri umani in genere. Qualsiasi netta separazione, quella tra uomo e dio, forti e deboli, bello e brutto, immagini Sed emozioni, forma e sostanza, etc., porta ad entrare e vivere immersi nella dualità, che non si intende più come forma di individualità, peraltro sacrosanta, ma come segno di una disarmonia che ci rende soli e impauriti. e la paura genera il “non amore” e l’aggressività. La paura è il contario dell’amore e basta ascoltare un notiziario per capire quanto ci vogliano far vivere nel non amore, immersi e controllati dalla paura. e la violenza sgorga copiosa, in svariate forme, più o meno palesi e se vogliamo uscirne, possiamo solo tentare di ritrovare l’Unione, uscire dal senso di separazione, ritrovarci nella cooperazione tra esseri che possano chiamarsi “umani”…
Premetto che sono da diversi anni un Operatore delle P.O. nelle PMI, con tanto di attestato del Ministero del Lavoro, per cui la mia visione deriva da un percorso che parte dallo studio della materia.Indubbiamente le violenze in esame, uomo sulle donne, si sviluppano maggiormente in seno alle famiglie, come l’altro fenomeno di cui ora ci si occupa di meno, la pedofilia. Altrettanto è constatato che queste violenze sono le meno denunciate per diversi motivi legati al vissuto, alla prole. Quindi quanto ormai viene evidenziato giornalmente dai media è solo una parte di un grosso bubone che l’umanità si porta dietro atavicamente. Spero che l’attenzione attuale non sia strumentale a progetti politici. Certo è che anche l’ultimo decreto che consentirebbe il provvedimento di allontanamento del molestante dalla “preda”, peraltro poco codificato, sembra l’ennesimo fuoco di paglia o topolino partorito dalla montagna. Purtroppo finchè saranno uomini a legiferare su argomenti che implicano la vita familiare e il corpo della donna, non ci si potrà attendere norme adeguate. Norme che non consentono a Giudici, uomini o donne che siano, di infliggere pene certe, ma doversi arrampicare a interpretazioni più legate alle difese ed accuse di avvocati avveduti o meno, non aiutano la società e le donne e non insegnano ai giovani i limiti del vivere sociale ed il rispetto dell’essere umano indistintamente. I giovani emulano facilemnet la forza e se la pena o il correttivo non funziona incentiva il branco ad usare lo strumento più congeniale all’essere meno umano, l’animale.
Allora l’interpretazione di questo incremento di violenza può essere attribuito alla sempre maggiore perdita di potere maschile nei confronti della sottomeessa donna per storia e dogma. E quale strumento è più efficace della violenza quando si misura la propria incapacità al dialogo ed alla convinzione con la parola ed il ragionamento ?
La violenza è l’indice della perdita di potere maschilista. Ma ciò non è una giustificazione. Allora servono norme certe e pene o metodi efficaci di redensioni certe. Ben vengano allora gli appelli degli uomini perchè scardinano una convinzione insita nell’uomo, maschio, di essere il tenutario del potere di vita sulle donne. Solo gli uomini avveduti possono scardinare sistemi creati dagli uomini, ma le donne devono condividere queste iniziative senza riluttanza.